Il caldo, venerdì 25 giugno, ha causato due vittime tra i lavoratori: una in provincia di Lecce, Antonio Valente, 35 anni di Miggiano, colpito da malore mentre lavorava sotto il sole, oltre i 40 gradi. Il secondo caso, invece, è avvenuto in provincia di Brindisi dove il 27enne del Mali, Camarda Fantamadi, è stato stroncato, mentre tornava a casa in bici, dopo una giornata di lavoro agricolo sotto il sole cocente. Condizioni di schiavitù.
Una poesia di Giovanni Torres La Torre:
Fratello schiavo
Riposa.
Non mangeranno più la tua carne
Groppi di sete e fame
E negrieri e tiranni
Contrabbandieri delle speranze
Incendiari di tane di stracci.
Fratello schiavo
Riposa.
Maledico a nome tuo
Le Istituzioni di ogni democrazia
Che lasciano morire
Per un tozzo di pane
E una stizza d’acqua.
Fratello schiavo
Riposa.
A nome tuo maledico l’ indolenza
L’ipocrisia di lacrime
E fiori di carta
E i lupi mannari
Di ogni chiesa.
Fratello schiavo riposa.
Riposa tra le radici che ti somigliano
E rigagnoli che cercano il mare
E fioriture di oleandri
E parole della nostra anima
E canti della tua terra
Che ti ha perso per sempre.
Fratello schiavo, riposa
E non perdonare nessuno.
Fratello schiavo
Questo invece è il testo dell’appello a firma del CIR Migrare (Prof. Francesco Lo Piccolo) e del Rettore dell’Università di Palermo (Prof. Fabrizio Micari) inviato al Presidente della Repubblica e pubblicato sul Portale di UniPa :
Signor Presidente della Repubblica,
la morte di Camara Fantamadi, sfinito dopo una giornata di lavoro nei campi, indigna. È un fantasma del passato che ritorna, il fantasma dello schiavo, dell’uomo che si spacca la schiena sotto il sole per pochi spiccioli, senza diritti e senza assistenza di alcun tipo. La morte di Camara Fantamadi non è un episodio, ma è esemplificativa di un fenomeno di sfruttamento di enormi dimensioni che accade sotto i nostri occhi e nell’inerzia delle autorità politiche, amministrative e giudiziarie di uno dei Paesi più industrializzati del mondo.
Riteniamo che lo Stato italiano sia tenuto a restituire a sue spese la salma di quest’uomo, morto così sul suo territorio, ai suoi familiari e di porgere le sue scuse per non averlo voluto proteggere a sufficienza, al pari di qualsiasi altro lavoratore, bianco o nero egli sia. Riteniamo che un simile gesto sia dovuto, oltre che per ragioni di umana pietà, per rispettare i valori posti al più alto grado del nostro ordinamento giuridico. Il diritto di chiunque, cittadino o straniero, a non essere sottoposto a schiavitù, servitù e lavoro forzato è riconosciuto dalla nostra Costituzione e dai trattati internazionali sui diritti umani di cui l’Italia è parte.
Confidiamo nel Suo immediato intervento