Il 9 agosto di 13 anni fa ci lasciava il grande poeta: Mahmoud Darwish. Lo ricordiamo con questo articolo scritto da Luisa Morgantini per “il manifesto”, il 21 marzo 2021, nell’80esimo dalla nascita(qui). Inoltre vi proponiamo un suo profilo e tre poesie, pubblicate dal sito “Frontiere” (qui).
Mahmoud Darwish, poeta del mondo
di Luisa Morgantini
«In un mondo senza cielo, la terra si tramuta in abisso… Grida per sentirti e grida di sapere di essere ancora vivo e vivo, che la vita su questa terra è possibile, inventa una speranza per le parole, inventa un punto cardinale o un miraggio che prolunghi la speranza e canta, che il bello è libertà…»
Sono versi di Mahmud Darwish dedicati a Edward Said, in una delle sue ultime raccolte di poesie, pubblicate in Italia nel 2007 (Epochè), l’anno prima della sua morte a 67 anni. Contrappunto s’intitola la poesia. Inizia con il loro primo incontro e termina con l’ultimo, a New York. «Quando sono andato a trovarlo nella nuova Sodoma, nel duemiladue, stava combattendo la guerra di Sodoma contro i Babilonesi e il cancro. Era l’ultimo eroe epico, difendeva il diritto di Troia alla sua parte di racconto». E gli disse: «Vivremo anche se la vita ci abbandonasse a noi stessi. Siamo i signori delle parole».
Mahmud Darwish è il poeta della «terra più amata», palestinese, arabo e cittadino del mondo, come la sua poesia, radicata nella sua identità, ma capace di trascendere ed espandersi in ogni sentire: l’esilio, l’oblio,
la memoria,l’assenza, la patria, la “terra come la lingua”, la vita e la morte, il corpo, i colori, i fiumi, gli ulivi, le case, i cavalli, le montagne, gli odori, il profumo dei gelsomini, il caffè di sua madre, la nostalgia del passato e del futuro, lo stato d’assedio, la speranza, l’impossibile, i sogni dei gigli bianchi, e tanto altro.
Una poesia, la sua, in mutazione continua, vissuta nel contesto storico della tragedia del suo popolo, che entra a far parte della memoria del mondo più attraverso i versi dei suoi poeti che degli storici. Una poesia che si fa universale, come in “Undici Pianeti”, titolo tratto da una sura del Corano dove Giuseppe dice a suo padre Giacobbe di aver avuto da Dio la facoltà, attraverso i sogni, di interpretare il passato e prevedere il futuro. Qui il poeta attraversa il 1492, con la conquista dell’America e la definitiva cacciata di arabi ed ebrei dall’Andalusia. Il «Penultimo discorso del “pellerossa” all’uomo bianco» è un canto contro i crimini commessi contro tutti i popoli privati della loro terra, sfruttati, esiliati, dai nativi americani agli arabi ed ebrei dell’Andalusia ai palestinesi.
POETA STRANIERO IN TERRA PROPRIA – Mahmoud Darwish, scrittore palestinese considerato tra i maggiori poeti del mondo arabo, ha raccontato l’orrore della guerra, dell’oppressione, dell’esilio (al-Birwa, suo villaggio natale, è stato distrutto dalle truppe israeliane durante la Nakba e ora non esiste più, né fisicamente né sulle cartine geografiche). Fuggito in Libano con la famiglia, per scampare alle persecuzioni sioniste, tornò in patria (divenuta terra dello Stato d’Israele) da clandestino, non potendo fare altrimenti. La sua condizione di “alieno” e di “ospite illegale” nel suo stesso paese rappresenterà uno dei capisaldi della sua produzione artistica.
ARRESTI ED ESILIO – Arrestato svariate volte per la sua condizione di illegalità e per aver recitato poesie in pubblico, Mahmoud – che esercitò anche la professione di giornalista – vagò a lungo, non avendo il permesso di vivere nella propria patria: Unione Sovietica, Egitto, Libano, Giordania, Cipro, Francia furono le principali nazioni dove il poeta, esule dalla sua terra, visse e lavorò.
Eletto membro del parlamento dell’Autorità Nazionale Palestinese, poté visitare i suoi parenti solo nel 1996, anno in cui – dopo 26 anni di esilio – ottenne un permesso da Israele. Il poeta si spense a Houston (Texas) il 9 agosto 2008 in seguito a complicazioni post-operatorie. Mahmoud aveva infatti subito diversi interventi al cuore, l’ultimo dei quali gli fu fatale.
LE POESIE – Solo una minima parte della sua produzione è stata, fino ad ora, tradotta in italiano (segnaliamo, ad esempio, Una trilogia palestinese, tradotta da R.Ciucani per Feltrinelli). Vi offriamo un breve assaggio di alcune delle sue poesie.
Mentre prepari la tua colazione, pensa agli altri,
non dimenticare il cibo delle colombe.
Mentre fai le tue guerre, pensa agli altri,
non dimenticare coloro che chiedono la pace.
Mentre paghi la bolletta dell’acqua, pensa agli altri,
coloro che mungono le nuvole.
Mentre stai per tornare a casa, casa tua, pensa agli altri,
non dimenticare i popoli delle tende.
Mentre dormi contando i pianeti , pensa agli altri,
coloro che non trovano un posto dove dormire.
Mentre liberi te stesso con le metafore, pensa agli altri,
coloro che hanno perso il diritto di esprimersi.
Mentre pensi agli altri, quelli lontani, pensa a te stesso,
e dì: magari fossi una candela in mezzo al buio.
CARTA D’IDENTITA’
Ricordate!
Sono un arabo
E la mia carta d’identità è la numero cinquantamila
Ho otto bambini
E il nono arriverà dopo l’estate.
V’irriterete?
Ricordate!
Sono un arabo,
impiegato con gli operai nella cava
Ho otto bambini
Dalle rocce
Ricavo il pane,
I vestiti e I libri.
Non chiedo la carità alle vostre porte
Né mi umilio ai gradini della vostra camera
Perciò, sarete irritati?
Ricordate!
Sono un arabo,
Ho un nome senza titoli
E resto paziente nella terra
La cui gente è irritata.
Le mie radici
furono usurpate prima della nascita del tempo
prima dell’apertura delle ere
prima dei pini, e degli alberi d’olivo
E prima che crescesse l’erba.
Mio padre… viene dalla stirpe dell’aratro,
Non da un ceto privilegiato
e mio nonno, era un contadino
né ben cresciuto, né ben nato!
Mi ha insegnato l’orgoglio del sole
Prima di insegnarmi a leggere,
e la mia casa è come la guardiola di un sorvegliante
fatta di vimini e paglia:
siete soddisfatti del mio stato?
Ho un nome senza titolo!
Ricordate!
Sono un arabo.
E voi avete rubato gli orti dei miei antenati
E la terra che coltivavo
Insieme ai miei figli,
Senza lasciarci nulla
se non queste rocce,
E lo Stato prenderà anche queste,
Come si mormora.
Perciò!
Segnatelo in cima alla vostra prima pagina:
Non odio la gente
Né ho mai abusato di alcuno
ma se divento affamato
La carne dell’usurpatore diverrà il mio cibo.
Prestate attenzione!
Prestate attenzione!
Alla mia collera
Ed alla mia fame!
PROFUGO
Hanno incatenato la sua bocca
e legato le sue mani alla pietra dei morti.
Hanno detto: “Assassino!”,
gli hanno tolto il cibo, le vesti, le bandiere
e lo hanno gettato nella cella dei morti.
Hanno detto: “Ladro!”,
lo hanno rifiutato in tutti i porti,
hanno portato via il suo piccolo amore,
poi hanno detto: “Profugo!”.
Tu che hai piedi e mani insanguinati,
la notte è effimera,
né gli anelli delle catene sono indistruttibili,
perché i chicchi della mia spiga che va seccando
riempiranno la valle di grano.
UNA LEZIONE DI KAMASUTRA
Con la coppa incastonata d’azzurro
aspettala
vicino alla fontana della sera e ai fiori di caprifoglio,
aspettala
con la pazienza del cavallo sellato,
aspettala
con il buon gusto del principe raffinato e bello
aspettala
con sette cuscini pieni di nuvole leggere,
aspettala
con il foco dell’incenso femminile dappertutto
aspettala
con il profumo maschile di sandalo sui dorsi dei cavalli,
aspettala.
E non spazientirti. Se arriva in ritardo
aspettala,
se arriva in anticipo
aspettala
e non spaventare gli uccelli sulle sue trecce,
e aspettala
chè si sieda rilassata come un giardino in fiore,
e aspettala
chè respiri un’aria estranea al suo cuore,
e aspettala
fino a che non sollevi il suo vestito scoprendo le gambe
nuvola dopo nuvola,
e aspettala
e portala su un balcone per vedere una luna annegata nel latte,
e aspettala
e offrile l’acqua prima del vino e non
guardare il paio di pernici che le dormono sul petto,
e aspettala
e accarezza lentamente la sua mano
quando poggia la coppa sul marmo
come se sollevassi la rugiada per lei,
e aspettala
e parlale come il flauto
alla coda spaventata del violino,
come due testimoni di ciò che il domani vi prepara,
e aspettala
e leviga la sua notte anello dopo anello,
e aspettala
fino a che la notte non ti dica:
Al mondo siete rimasti soltanto voi due.
Allora portala dolcemente alla tua morte desiderata
e aspettala….!