a cura di Francesca Martino
In questa rubrica riprendiamo in sintesi, ma fedelmente, opinioni, commenti ed editoriali apparsi sulla stampa araba, che valutiamo siano di un certo interesse per il lettore italiano.
La pubblicazione non significa affatto la condivisione delle idee espresse.
Quali possibilità per il movimento tunisino ‘’Cittadini contro il golpe’’?
Redazione “Al-Araby“*
data pubblicazione: 30/12/2021
Resoconto della trasmissione televisiva dell’emittente Al-Araby, con sede centrale a Londra e finanziata dal Qatar.
All’alba del nuovo anno, in Tunisia regna ancora un clima di grande incertezza, da quando, ormai più di cinque mesi fa, il presidente Kais Saied ha preso il potere e adottato una dopo l’altra misure ‘’da golpe’’. Dopo aver sospeso i lavori del Parlamento fino alle prossime elezioni, previste alla fine del 2022, ha annunciato di propria iniziativa delle consultazioni popolari online sulle riforme costituzionali ed elettorali che saranno poi sottoposte a referendum il prossimo luglio. L’opposizione non è riuscita finora a dissuaderlo dalla sua tabella di marcia e fa appello alla piazza che però appare essa stessa divisa. Non resta che appellarsi dunque all’anticostituzionalità del suo programma.
È in questo contesto che è nato il movimento ‘’Cittadini contro il golpe’. Oltre a intraprendere uno sciopero della fame e altri atti di disobbedienza civile, il movimento ha chiesto il boicottaggio delle consultazioni elettroniche e la mobilitazione popolare il prossimo 14 gennaio. Il suo leader, il professore di diritto costituzionale Jawhar bin Mubarak, ha detto che la reazione della piazza è arrivata dopo un breve periodo di paralisi, dovuta allo ‘’choc’’ del colpo di Stato orchestrato dal presidente Kais Saied la notte del 25 luglio, sottolineando che ‘’il movimento [grazie anche alle dimostrazioni organizzate dal mese di settembre] ha guadagnato significativamente terreno, riuscendo a spezzare la narrazione del [presidente] golpista […] e mostrando che la piazza tunisina è diversificata’’. Egli ritiene che ‘’gli equilibri della piazza tendano verso la resistenza al golpe’’ e che ‘’la scena politica stia gradualmente raggiungendo l’unanimità nel considerare l’atto di Saied un colpo di Stato contro la legittimità popolare’’.
Dal canto suo, il direttore del Dipartimento di diritto pubblico alla Facoltà di giurisprudenza e scienze politiche di Tunisi, Saghir al-Zakrawi, considera i fatti accaduti lo scorso 25 luglio ‘’un evento storico, un terremoto [che] doveva succedere’’ e che personalmente appoggia. ‘’Tuttavia – aggiunge – c’è disaccordo sulla gestione della fase successiva al 25 luglio’’, alludendo alle misure adottate da Saied, in particolare alle consultazioni elettroniche, che – sottolinea – ‘’non possono sostituire, agli occhi dei tunisini, il tradizionale dialogo [tra organizzazioni nazionali, partiti e membri della società civile], l’unico in grado di fare uscire il paese dalla crisi’’.
A tal proposito, un ruolo importante potrebbe giocarlo nei prossimi mesi l’Unione generale tunisina del lavoro, la principale organizzazione sindacale del paese, che dopo aver inizialmente appoggiato le misure del presidente si mostra riluttante, facendo pendere la bilancia a favore dei suoi oppositori.
Secondo il professore di storia politica contemporanea, Abdelatif Hannashi, ‘’è difficile che il presidente riveda le decisioni e i meccanismi adottati’’ perché ‘’la caparbietà’’ e ‘’il pensiero unilaterale’’ sono tratti distintivi del suo carattere nonché i motivi che ‘’lo hanno spinto a non coinvolgere nel processo decisionale le élite politiche e sociali attive nel paese’’. Hannashi sottolinea inoltre l’importanza della pressione esercitata dal movimento ‘’Cittadini contro il golpe’’, un’iniziativa che considera ‘’vitale’’ ma che ‘’manca di membri significativi della società’’. Nonostante l’intento di formare un fronte politico per ampliare il suo raggio d’azione, annunciato nella conferenza stampa del 30 dicembre, ‘’ora come ora – prosegue Hannashi ‒ ‘’non c’è armonia all’interno del gruppo visto e considerato lo stato di confusione in cui versano i partiti’’.