Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo

(testata giornalistica. Direttore responsabile: Federico Pedrocchi)

25 aprile 2022.  Buona festa della liberazione a tutte e tutti.

Rassegna anno III/n. 114

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Due mesi di guerra russa contro l’Ucraina. In fiamme un deposito russo di carburanti al confine. Mosca sostiene di aver abbattuto due droni di Kiev. Duri combattimenti nella regione sud-orientale. Nessuno spiraglio per gli assediati nelle acciaierie di Azovstal. Blinken e Austin in visita a Kiev promettono altri aiuti militari statunitensi.
Grande partecipazione da tutta Italia ieri alla Marcia della Pace Perugia-Assisi: “Fermatevi, la guerra è una follia!”.

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I titoli

Siria: Una strage di civili curdi compiuta dall’esercito di occupazione turco nella provincia di Aleppo.

Libano: Sei morti e 48 salvati nel naufragio di una barca carica di migranti.

Sudan-Etiopia: Centinaia di caschi blu tigrini operanti in Sudan chiedono asilo politico alla fine della loro missione.

Egitto: Liberati 40 detenuti politici e attivisti.

Yemen: Liberati 14 detenuti stranieri nelle mani dei ribelli Houthi.

Libia: Continua il blocco delle esportazioni petrolifere.

Le notizie

Siria

Un’altra strage di Erdogan contro i curdi. Le truppe turche hanno sferrato un attacco contro i villaggi curdi nella provincia di Aleppo, nel nord della Siria. Secondo fonti di Ankara “sarebbero stati uccisi e feriti almeno 50 combattenti”. L’attacco sarebbe la risposta al ferimento di un soldato turco nella cittadina di Mari’e, durante un bombardamento con l’artiglieria, avvenuto venerdì, partito dalle zono sotto il controllo del governo siriano. L’osservatorio siriano accusa le truppe di occupazione turche di aver compiuto un attacco contro i civili, provocando una carneficina. Nella zona infatti non è presente artiglieria delle forze democratiche siriane a guida curda.  

Libano

La marina libanese ha salvato 48 dei migranti della barca affondata al largo delle coste di Tripoli del Nord. Sono stati recuperati i corpi di 5 adulti e di una bambina. Il governo di Beirut ha dichiarato un giorno di lutto nazionale per questa ennesima strage del mare. I migranti in prevalenza libanesi avevano tentato di raggiungere Cipro su una barca di legno lunga 12 metri e larga tre e non avevano con sé nessun equipaggiamento di sicurezza. Il capitano dell’imbarcazione è stato arrestato, secondo un comunicato dell’esercito ed è accusato di contrabbando di esseri umani, emigrazione clandestina e per la morte delle vittime. L’imbarcazione sarebbe stata intercettata dalla marina che ha invitato il capitano a tornare al porto di Tripoli. Invece di obbedire – secondo la versione ufficiale – il capitano della barca ha tentato la fuga andando a sbattere contro una corvetta della Guardia costiera, spezzandosi immediatamente. La vicenda tenuta segreta per due giorni, è stata scoperta dopo lo spiaggiamento del corpo di una bambina. I familiari dei migranti hanno aspettato due giorni in ansia, prima di avere notizie sulla sorte dei loro parenti. Si sono avuti momenti di tensione all’obitorio dell’ospedale di Tripoli, quando i parenti di una vittima hanno assaltato la struttura, per ritirare con la forza il corpo del defunto e svolgere i funerali.

Sudan-Etiopia

Un gruppo di soldati caschi blu dell’ONU etiopici di stanza in Sudan hanno chiesto asilo politico “perché di origine tigrina e temono di essere imprigionati o peggio uccisi dalle forze governative, in caso di ritorno in patria”. Il corpo di Peacekeeping si trova in Abie, zona contesa tra Sudan e Sud Sudan ed era costituito in prevalenza di soldati etiopici. Dopo le contese tra Khartoum e Addis Abeba, sui confini a Gafsha e per la diga “Rinascita”, l’ONU ha deciso di sostituire i soldati etiopici con altri di nazioni diverse. 528 di questi si sono rifiutati di tornare in patria ed hanno chiesto asilo politico in Sudan. Hanno raccontato che altri loro compagni, tornati ad Addis Abeba, sono stati imprigionati. Lo scontro armato in Etiopia dura da 2020 ed ha avuto fasi alterne. Dopo l’occupazione di tutta la provincia del Tigray, i governativi sono stati costretta alla ritirata e il Fronte Popolare tigrino è arrivato fino a 200 km dalla capitale. Infine è avvenuto il ristabilimento di una situazione di equilibrio militare, ma senza giungere ad una composizione politica del conflitto. È in corso una tregua umanitaria per permettere la distribuzione di aiuti alla popolazione colpita duramente dagli eventi bellici.

Egitto

Un gruppo di detenuti politici in attesa di giudizio è stato liberato, in una delle azioni più numerose di rilascio di attivisti. 41 giovani, noti per la loro partecipazione ai moti del 2011, hanno usufruito di una revisione delle loro cause e pur rimanendo le accuse in corso, sono stati liberati. Secondo alcuni parlamentari, sono attesi, nei prossimi giorni, altri provvedimenti. Alcuni giorni fa il presidente Al-Sissi, parlando in un incontro riservato con alcuni giornalisti-megafoni del regime, ha annunciato una misteriosa fase politica, che ha definito “fase due per una nuova repubblica, che apra ad un dialogo nazionale”. Una campagna mediatica senza precedenti ha invaso tutte le prime pagine dei quotidiani, i telegiornali e i programmi di intrattenimento. Alcuni osservatori egiziani residenti all’estero imputano le nuove aperture alle difficoltà economiche, che la popolazione sta vivendo ed a clima esplosivo nella società per l’aumento della povertà, anche tra chi ha un lavoro. “L’opposizione sociale è estesa e ha raggiunto gi strati popolari e non è più soltanto un’azione di intellettuali o gruppi politici”, ha scritto sui social Yussuf Jalal, scrittore egiziano residente a Londra.  

Yemen

Con la mediazione del governo dell’Oman, sono stati liberati 14 detenuti stranieri nelle mani dei ribelli Houthi. I detenuti di nazionalità europee, asiatiche e africane, con accuse di spionaggio, non avevano subito mai processi. Sono stati trasportati su un volo militare da Sanaa a Muscat, per essere poi trasferiti ai loro paesi di origine. L’Oman ha giocato un ruolo positivo nella mediazione per il raggiungimento della tregua in corso in Yemen. Desta preoccupazione, invece, il rinvio dei voli civili dall’aeroporto di Sanaa, che dovevano svolgersi già la scorsa settimana verso Amman e il Cairo. Le versioni delle due parti non convergono: il governo accusa i ribelli di ostacolare la normalizzazione della vita nella capitale, che controllano dal 2014; mentre gli Houthi avanzano difficoltà tecniche.

Libia

Il premier incaricato Basha-Agha ha chiesto, in un incontro a Sirte, ai comitati di occupazione degli impianti petroliferi, di permettere la produzione e esportazione del greggio. Un invito respinto, “perché – secondo gli occupanti – gli introiti petroliferi vanno tutti a favore dei gruppi militari che controllano la capitale Tripoli e le regioni dove hanno sede gli impianti ricevono soltanto inquinamento ed emarginazione”. Il blocco delle esportazioni in realtà ha una motivazione politica: il rifiuto del governo Dbeiba a rassegnare le dimissioni e passare i poteri al nuovo governo votato dal Parlamento e diretto dallo stesso Basha-Agha. Le entrate petrolifere rappresentano il 95% del bilancio dello Stato. Il governo ha elargito sovvenzioni a pioggia per le milizie che lo proteggono e sta impedendo il ritorno alla normalità e la realizzazione delle elezioni. L’ONU sta svolgendo un’opera di mediazione, togliendo il riconoscimento a tutt’e due i governi e chiedendo il mantenimento in vigore della tregua.

Approfondimento

    Rompiamo il silenzio sulla recente invasione turca del Kurdistan meridionale

Echi dalla stampa araba n. 14

Da Al-Arabi Al-Jadeed (Il Nuovo Arabo)

Sette anni di guerra in Yemen:

una svolta decisiva per le sorti della pace.

Di Zakaria al-Kamaly

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1 commento

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