Manifestazione nazionale a Roma il 4 giugno ’22
con concentramento in Piazza la Repubblica alle ore 16:00
Appello per una mobilitazione nazionale il 4 giugno 2022 a Roma contro la guerra e l’invasione turca del Kurdistan
Il 17 aprile lo Stato turco ha lanciato una nuova campagna militare volta ad occupare le aree di Şikefta Birîndara, Kurêjaro (Kurazhar) e Çiyayê Reş nella regione dello Zap nel Kurdistan meridionale. In questa campagna transfrontaliera illegale le forze armate turche hanno utilizzato artiglieria pesante, aerei da guerra, droni ed elicotteri e il trasporto aereo di forze di terra in elicottero nella regione come parte di un’offensiva di terra parallela. Anche nel Rojava e nella Siria settentrionale e orientale si sono intensificati gli attacchi aerei turchi contro i curdi.
Parallelamente all’invasione turca nel Kurdistan del Sud (Nord Iraq) e gli attacchi continui della Turchia al Rojava, l’esercito iracheno ha aumentato massicciamente la sua presenza militare nell’area di insediamento degli yazidi e sta attaccando gli yazidi sopravvissuti nel 2014 al genocidio dello Stato Islamico per smantellare la loro amministrazione autonoma e le proprie strutture di autodifesa. Un sistema organizzativo per dare alla gente la possibilità di non dover lasciare la propria patria e di essere in grado di difendersi. Lo stesso esercito iracheno che ha abbandonato gli yazidi al massacro, oggi tenta di imporre un nuovo ordine sugli yazidi senza una soluzione discussa con l’amministrazione locale di Sinjar. Tutto ciò avviene con la complicità del partito di Barzani il KDP ed il governo centrale iracheno di Mustafa al-Kadhimi
Il portavoce del Partito per la giustizia e lo sviluppo (AKP) Ömer Çelik ha citato l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, che definisce il “diritto all’autodifesa” il che significherebbe che l’integrità nazionale e territoriale della Turchia è minacciata. Viene oscurato all’opinione pubblica mondiale che non ci siano notizie riguardanti attacchi reali o provocazioni militari contro la Turchia.
Attraverso la guerra invece la Turchia sta cercando di imporre il suo predominio politico e militare fino a Mosul e Kirkuk, e punta a raggiungere i confini del Patto Nazionale (“Misak-ı Milli” ratificato nell’ultimo parlamento ottomano), il sogno di un secolo.
Il presidente fascista turco Erdogan ha dato l’ordine per questo attacco poiché presume che l’attenzione della comunità internazionale sia completamente concentrata sulla guerra in Ucraina. Vuole quindi trarre vantaggio dalla situazione attuale e portare a termine l’ennesimo attacco contro il popolo curdo. Questa guerra di occupazione mostra ancora una volta che Erdogan sta cercando di manipolare la comunità internazionale affermando che sta lavorando per raggiungere la pace e la stabilità in Ucraina.
Le operazioni in corso non sono solo una guerra al PKK, ma anche un chiaro attacco ai civili nelle regioni del Kurdistan in Turchia, Iraq e Siria. L’obiettivo principale e la convinzione ideologica di Erdogan è destabilizzare la regione, occupare il Kurdistan e compiere un genocidio contro il popolo curdo. Pertanto è importante riconoscere che il nuovo attacco al Kurdistan meridionale mira a occupare il Kurdistan meridionale nel suo insieme, comprese le regioni ricche di petrolio di Mosul e Kirkuk, costituendo così una chiara violazione di tutte le norme legali, morali e internazionali.
È ancora una volta accettato silenziosamente che la Turchia, uno stato membro della NATO, stia attaccando i curdi e violando i loro diritti umani. Mentre l’invasione russa dell’Ucraina è stata giustamente e rapidamente condannata e sanzionata, l’aggressione della Turchia contro i curdi è stata invece tollerata per decenni dai Paesi occidentali. Non si discute di sanzioni contro l’alleato della Nato, nè i curdi possono sperare in vie di fuga sicure e su di una protezione di base quando fuggono dalle città assediate o dai bombardamenti turchi.
Sostenuta da consegne regolari di armi e di nuova tecnologia da diversi paesi europei e della Nato, la Turchia sta facendo in Kurdistan ciò che la Russia fa in Ucraina: combattere continuamente un’intera popolazione e attraverso diversi confini nazionali. Queste due situazioni vengono invece definite “l’invasione russa dell’Ucraina” e la “presenza turca in Siria”. Le stesse pratiche di aggressione costituiscono una guerra in un caso e un’operazione militare in un altro. Gli ucraini sono considerati vittime della guerra, ma nei casi di attacchi ai curdi si parla solo di terroristi e di postazioni del PKK e non delle popolazioni civili.
Con le recenti celebrazioni del Newroz del 21 marzo oltre 10 milioni di curdi nel Kurdistan settentrionale e in Turchia hanno inviato un chiaro messaggio a Erdogan che non si sarebbero piegati alla sua brutalità o alla sua politica di annientamento. Milioni di curdi hanno riproposto alla Turchia un percorso verso la pace e riaffermato che la libertà del leader del popolo curdo Abdullah Öcalan è un elemento centrale per la soluzione della questione curda, per la pace e la democrazia per tutti i popoli del Medio Oriente. Nonostante tutto questo dopo le celebrazioni del Newroz, le torture e gli omicidi di prigionieri politici curdi sono aumentati, così come gli attacchi alle sedi del Partito democratico dei Popoli (HDP) e gli arresti di attivisti politici, sindacali e di esponenti della società civile.
La rottura dell’isolamento e la libertà del leader del popolo curdo Abdullah Ocalan, l’ispiratore del modello del Confederalismo democratico, sono una condizione più che mai necessaria per la pace e la soluzione del conflitto. Nonostante egli sia deprivato dei suoi più basilari diritti e libertà fondamentali, ha ribadito più volte di essere in grado di trovare una soluzione politica alla questione curda e al conflitto per un futuro di pace per tutti i popoli del Medio Oriente.
Dobbiamo rompere il silenzio sull’invasione turca del Kurdistan meridionale e agire!
• Chiediamo a tutti i governi e alle organizzazioni internazionali, comprese le Nazioni Unite, la NATO, l’UE, il Consiglio d’Europa e la Lega araba, di intraprendere un’azione urgente contro questa violazione del diritto internazionale, di condannare inequivocabilmente questo crimine di aggressione e di chiedere che la Turchia ritiri le sue truppe dal Kurdistan meridionale
• Chiediamo ai partiti politici, alle organizzazioni per i diritti umani, alle organizzazioni per la pace, ai sindacalisti e agli attivisti di opporsi a questa aggressione della Turchia.
Manifestazione nazionale a Roma il 4 giugno 2022 con concentramento in Piazza la Repubblica alle ore 16:00
Per adesioni:
Ufficio d’informazione del Kurdistan
Comitato ‘’il tempo è arrivato; Libertà per Ocalan’’
Rete Kurdistan Italia
Comunità curda in Italia
[comitato Ocalan] la campagna 1000 avvocati per presidente Abdullah Ocalan
Care amiche e cari amici,
vi chiedo di far circolare fra i vostri amici avvocati l’adesione a un gesto di solidarietà per Ocalan e per il popolo curdo massacrato dalla repressione di Erdogan. Un gesto che non costa nulla, ma che al tempo stesso è importante per questo popolo, perché dimostra che non ci siamo dimenticati di esso.
Erdogan ha sempre fatto quello che gli pareva senza mai subire una sanzione, anche se bombardava in Iraq o spostava il confine della Turchia con la Siria. Da giorni mezzi militari turchi si allineano pericolosamente sul Rojava, e si parla di invasione di questa zona curdo-siriana della Siria. La Turchia alza continuamento su tutto le sue pretese non solo territoriali. Per di più essa pone il veto contro l’entrata di Finlandia e Svezia nella NATO, in modo da tentare di prendersi esponenti curdi in quei paesi.
Vi chiedo di raccogliere più firme possibili di avvocati, come ci viene chiesto dalle associazioni dei curdi in Italia.
Silvana Barbieri
Ecco la lettera che gli attivisti curdi in Italia dell’Ufficio Informazione del Kudistan in Italia (UIKI) hanno indirizzato ad avvocati e avvocate
Care/i avvocate/i,
vi chiedo pure di tenere presente la campagna in corso orientata alla possibilità per il presidente Ocalan di porre termine all’isolamento carcerario. Questa campagna è iniziata sia in Turchia e che in Europa, da parte di 1000 avvocati.
Chiedo a voi avvocati di partecipare a questa campagna, compilando la lettera che segue, mandandoci la vostra adesione via email e coinvolgendo gli studi legali e gli avvocati che conoscete.
Un abbraccio,
Yilmaz
AL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
DELLA REPUBBLICA DI TURCHIA
Egregio Ministro,
è con grande preoccupazione che osserviamo la situazione dei detenuti della prigione dell’isola di İmralı Abdullah Öcalan, Ömer Hayri Konar, Veysi Aktaş e Hamili Yıldırım, di cui non si hanno notizie da oltre un anno.
Non vi è alcuna spiegazione legale che giustifichi il fatto che – ad eccezione delle cinque visite di avvocati avvenute tra il 2 maggio e il 7 agosto 2019 – ad Abdullah Öcalan non sia stato permesso di vedere i suoi avvocati dal 27 luglio 2011. Tale pratica è inconciliabile con i principi democratici.
Gli altri tre detenuti dell’isola non hanno avuto contatti con un avvocato nemmeno in una sola occasione dal 2015, quando sono stati portati nel carcere di İmralı. Questo dimostra chiaramente che il problema ha a che fare con la prigione di İmralı in particolare e con l’atteggiamento politico-giuridico del governo centrale nei confronti del carcere.
Siamo anche testimoni dell’ansia della sua famiglia e dei nostri colleghi, causata dal fatto che non si hanno più notizie di Öcalan da un’ultima breve telefonata avvenuta il 25 marzo 2021. Come avvocati che seguono la Turchia, siamo ben consapevoli dell’impatto politico e sociale di questa situazione.
Nel suo rapporto sulla visita del 2019 al carcere di İmralı, pubblicato il 5 agosto 2020, il CPT ha considerato il divieto totale di contatti di Öcalan e degli altri tre detenuti con il mondo esterno come un tipo di detenzione in isolamento. Il CPT ha dichiarato che tale stato di cose è inaccettabile e viola gli strumenti e gli standard internazionali sui diritti umani.
Le continue interferenze con il diritto alla difesa e lo stato di isolamento imposto a Öcalan e agli altri detenuti hanno suscitato prese di posizione da parte di organizzazioni di diritto internazionale come ELDH, AED e Lawyer for Lawyers e reazioni critiche da parte di un’ampia rete di avvocati in diverse occasioni, a dimostrazione di quanto la questione sia importante e ampiamente seguita.
Siamo solidali con i nostri colleghi turchi e sosteniamo i loro continui sforzi e la loro lotta contro l’isolamento e la violazione del diritto alla difesa.
Nell’ambito di questo impegno, mi propongo come avvocato di Abdullah Öcalan e degli altri detenuti e chiedo il permesso di visitarlo per contribuire all’eliminazione del divieto del diritto alla difesa.
Spero che mi venga concesso il permesso necessario.
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