A cura di Silvana Barbieri
Le recensioni che cominciamo da oggi a proporvi sono contenute in una newsletter dell’associazioe Fonti di Pace a cura di Silvana Barbieri, attenta divulgatrice di azioni di solidarietà e di libri sulle lotte di liberazione, in particolar modo sulla questione curda.
Questa è la prima puntata.
La redazione
Carissime/i,
non vogliamo iniziare il nuovo anno scrivendo dei diritti umani violati, degli avvocati incarcerati, degli infiniti soprusi di Erdogan, di quelli degli ayatollah e di tutti gli altri barbari che governano questo mondo.
Mi sono commossa seguendo l’investitura di Lula, ci insegna a non desistere mai, proprio come fanno i nostri amici kurdi ogni giorno dentro e fuori le carceri.
Oggi FONTI DI PACE vi propone la bellissima raccolta di poesie di un grande poeta kurdo, Sherko Bekas, e vuole anche rendere omaggio a Laura Schrader, curatrice e traduttrice delle poesie.
Laura l’ho conosciuta tanti anni fa, pubblicava sul Quotidiano dei Lavoratori gli inserti sulle lotte del popolo curdo, su Ocalan, su Leyla Zana. A quei tempi si sapeva poco o nulla dei curdi, ma quegli inserti avevano catturato la mia attenzione. Dagli inserti sono passata ai suoi libri, che ho letto in un soffio, perché Laura scrive molto bene, ti rende partecipe.
Ci siamo conosciute, ci siamo frequentate, tante volte da Torino è venuta a Milano per convegni, incontri (ne ricordo una a casa mia con almeno trenta amiche della mia palestra presenti) per spiegarci la storia, la lotta e la resistenza del popolo curdo.
Se FONTI DI PACE esiste è anche merito di Laura Schrader.
Grazie Laura per questo bellissimo libro.
Sherko Bekas, Scintille di mille canzoni
Scintille di mille canzoni (edizioni ISMEO, 122 pagine, 18 euro) è la raccolta, curata da Laura Schrader che è anche la traduttrice dei testi, di cinquanta poesie di Sherko Bekas “il poeta del secolo per l’intero popolo kurdo”. L’edizione è del 2017 ma ci è sembrato importante riproporlo non solo perché la grande poesia è eterna ma perché il popolo kurdo è ancora sotto attacco in Iran, in Turchia, in Siria e anche in Iraq dove il partito che fa capo alla famiglia Barzani non vede di buon occhio il Confederalismo democratico che si sta sperimentando, dal basso, in Rojava e in Sengal. Quel laboratorio di democrazia, parità di genere, multietnico, ecologico e di autodifesa che a noi sembra essere l’unica via di uscita da quel groviglio di etnie, religioni, prepotente e ingerenze straniere che da sempre turbano la vita in quella parte di oriente. Sherko Bekas è nato il 2 aprile 1940 a Sulimani, la capitale culturale del Kurdistan nell’Iraq del Sud. Orfano a dieci anni riesce comunque a diplomarsi e già da adolescente pubblica le sue prime poesie, canta le sue montagne, la neve, il vestito nero di sua madre, la sofferenza della sue gente e le canta in curdo, una lingua che non ha diritto di esistere, una lingua proibita. Una lingua parlata in segreto dal popolo ma che conserva una profonda tradizione orale. Non è il primo a farlo, prima di lui il grande poeta Abdula Goran, come un Alighieri curdo aveva dismesso la lingua della cultura alta, l’arabo e il persiano, per innovare, con le parole della sua gente, una poesia che rischiava di diventare stereotipata. Sherko che è stato suo allievo fa un altro passo in avanti iniziando a scrivere poemi. Il linguaggio con cui li scrive “combina il linguaggio metaforico della poesia e quello logico del racconto”. Siamo nel 1971 e Bekas si fa portavoce di una nuova generazione che vuole creare una nuova lingua che parla di politica e di sociale, che parla di rivoluzione.
Venite nel cerchio degli amanti affamati
sotto la capanna senz’ombra di affannati
gridate le vostre poesie,
fatte come fulmini,
squarciate dai tuoni,
fate piovere la pioggia di una rivoluzione
Sherko non è un cantore da tavolino, Sherko è un partigiano e va con i peshmerga sulle montagne, dove si combatte, e la sua poetica diventa esperienza viva. L’artista vive e coltiva la sua poeticità nel campo stesso della storia ma anche nelle tradizioni, nel folklore, nelle leggende del popolo del Kurdistan. Morirà nel 2013 e nella sua vita non gli sarà risparmiato né l’esilio né gli onori. Nel 1991 ritornato nel Kurdistan iracheno sarà nominato ministro della cultura, si dimetterà dopo poco più di un anno quando il governatore della regione chiuderà, senza neanche avvisarlo, il giornale del PKK Patria. I compromessi non erano per lui.
Se abbiamo letto le sue poesie e siamo riuscite ad amarle bisogna ringraziare e rendere omaggio alla traduttrice. Laura Schrader ha saputo, ci pare, trovare nelle parole italiane un ritmo e una cadenza che ci riportano sulle montagne del poeta, a quel bollore pacato ma possente di un sangue innamorato della patria.
Per aiutare il popolo curdo che ogni giorno paga un prezzo altissimo per affermare la sua esistenza, usato come merce di scambio tra Putin, Erdogan, Biden sottoscrivete per la CLINICA MOBILE che in Rojava sta sopperendo alla mancanza di ospedali distrutti dai bombardamenti di Erdogan
IBAN: IT45 N010 3001 6560 0000 2624 683 BIC: PASCITMMXXX Monte dei paschi di Siena ag. 37
Per saperne di più sull’associazione Fonti di Pace, visita il sito:https://www.fontidipace.it/
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