Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo
(testata giornalistica. Direttore responsabile: Federico Pedrocchi)
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13 maggio 2023
Rassegna anno IV/n. 132 (1019)
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I titoli:
Palestina Occupata: Quinto giorno di guerra a Gaza. 33 palestinesi e un israeliano le vittime. Chiusi tutti valichi con blocco degli aiuti umanitari.
Sudan: Si continua a combattere malgrado la dichiarazione di Gedda.
Libia: La CPI ha emesso 4 ordini di cattura contro personaggi responsabili di crimini di guerra e contro l’umanità.
Pakistan: L’ex premier accusa governo ed esercito di averlo “rapito”, per impedire il suo ritorno al potere nelle prossime elezioni.
Turchia: alla vigilia del voto, si scalda la campagna elettorale. Erdogan minaccia un passaggio dei poteri non pacifico.
Egitto: Rallenta il processo di “dialogo nazionale”. Rinviata alla prossima settimana la seduta plenaria.
Le notizie:
Palestina Occupata
All’alba di oggi, sabato, sono ripresi i bombardamenti israeliani sulla striscia di Gaza. Sono state distrutte due case nel capoluogo, ma non ci sono ancora informazioni sulle vittime. Ieri è stato ucciso il sesto esponente di Jihad islamica, portando il numero totale delle vittime nei quattro giorni di guerra a 33 palestinesi e un israeliano. Le formazioni della resistenza hanno lanciato decine di razzi sulle colonie adiacenti la linea di demarcazione.
Israele ha chiuso tutti i valichi da e per Gaza, bloccando l’ingresso degli aiuti umanitari alla popolazione civile. L’unica centrale elettrica della striscia rischia di fermarsi, per mancanza di carburante.
La mediazione egiziana per un cessate il fuoco è andata avanti a zigzag, tra le indecisioni del governo Netanyahu. Pubblicamente le dichiarazioni di Tel Aviv esprimono la mancanza di interesse alle trattative, ma in segreto trattano. La richiesta principale dei palestinesi è quella della fine degli assassinii dei capi militari della resistenza. Tel Aviv chiede la fine definitiva del lancio di razzi senza presentare cedimenti. Una supremazia militare poderosa che non garantisce la sicurezza. Un inviato di Netanyahu è arrivato nella notte al Cairo per discutere dell’ultima proposta egiziana: un cessate il fuoco in cambio di un impego israeliano a non colpire le zone residenziali.
Sudan
Dure battaglie sono scoppiate ieri a Khartoum con bombardamenti aerei nella zona del palazzo presidenziale. La dichiarazione di Gedda firmata dalle due parti belligeranti non prevedeva una tregua, ma soltanto procedure per l’abbassamento delle violenze in modo di permettere l’arrivo degli aiuti umanitari, soprattutto in materia sanitaria.
Il rappresentante dell’ONU ha espresso la sua speranza che le trattative riprendano al più presto possibile per raggiungere una tregua. Il numero dei rifugiati che hanno lasciato il paese e hanno attraversato i confini verso i paesi vicini ha superato i 200 mila persone, un quarto dei quali in Egitto. Gli sfollati interni sono – secondo le stime dell’ONU – 700 mila, prevalentemente dalla capitale e dalla provincia di Darfur.
Libia
La Corte Penale Internazionale ha emesso quattro mandati di cattura nei confronti di quattro persone per violazione dei diritti umani. I loro nomi al momento sono tenuti segreti. Il procuratore generale Karim Khan ha sottolineato, nel suo rapporto al Consiglio di Sicurezza, che i mandati sono coperti dal segreto allo scopo di proteggere le operazioni investigative che potrebbero portare alla cattura dei ricercati. Il rapporto della procura internazionale descrive i reati, “che sono ancora in corso”, come reati compiuti “sia contro cittadini libici sia stranieri”. Le indagini – ha affermato – “proseguono sui principali sospetti responsabili di crimini contro i migranti, tra cui la tratta di esseri umani, il contrabbando di esseri umani, la riduzione in schiavitù, la tortura e l’estorsione”.
Pakistan
Appena liberato e tornato a casa, l’ex premier Oumran Khan ha accusato il governo e l’esercito di averlo rapito e non arrestato. “Soltanto quando mi hanno portato davanti ai giudici hanno tirato fuori il mandato di arresto. Questo è un sopruso di potere. Vogliono impedirmi di tornare al governo”. L’ex premier era stato arrestato martedì da una forza paramilitare all’uscita dal tribunale, ma la Corte suprema ha sentenziato che il suo arresto era illegale ed ha ordinato il suo rilascio. Dopo il suo arresto si sono svolte in tutto il paese manifestazioni dei suoi sostenitori con conseguenti violenze e l’arresto di almeno 2000 persone.
Khan è accusato in decine di procedimenti di reati di corruzione, malversazione di denaro pubblico e diffamazione. Lui denuncia che sono procedimenti persecutori, per fermare la sua marcia verso la vittoria nelle elezioni, che il suo partito Insaf chiede che siano anticipate rispetto alla data naturale, il prossimo ottobre.
Turchia
Il presidente turco Erdogan è uscito fuori di testa a causa dei pronostici elettorali che lo danno al secondo posto, anche se non perdente dal primo turno. La sua campagna elettorale verbalmente violenta contro il principale sfidante, Kemal Kilicdaruglo, è passata alla minaccia di un eventuale passaggio dei poteri non pacifico. Il suo sfidante, noto con l’appellativo di “Ghandi turco”, non è caduto nella trappola delle provocazioni, ha invitato alla calma e ha mantenuto salda la linea di comunicazione sui problemi reali del paese che sono l’inflazione al 85% (lo scorso anno), la corruzione e la promessa del ritorno al sistema parlamentare. In queste elezioni parteciperanno 5 milioni di giovani che hanno conosciuto soltanto il dominio di Erdogan, da 20 anni al potere, e potrebbero fare la scelta giusta per defenestrare l’aspirante neo sultano.
Egitto
Il processo di “dialogo nazionale” promosso dal presidente Al-Sissi lo scorso anno, tarda a realizzarsi e la conferenza plenaria viene rinviata di settimana in settimana. Doveva tenersi in questi giorni, ma ieri il coordinatore dei lavori, Dhia Rashwan, presidente del sindacato dei giornalisti, ha annunciato il rinvio sostenendo che “ci sono forze che remano contro”, senza specificare quali. Una delle richieste urgenti dei partiti dell’opposizione “legale” era il rilascio dei detenuti politici, ma i provvedimenti finora emessi sono stati una goccia nel mare della repressione. È stato rilasciato un numero esiguo di arrestati, ma rimangono in carcere importanti oppositori che sono sotto arresto preventivo per reati inesistenti, come l’espressione di critiche alla linea politica del governo, pubblicate sui social.
Notizie dal mondo Sono passati 14 mesi e 18 giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina.
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