Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo
(testata giornalistica. Direttore responsabile: Federico Pedrocchi)
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20 giugno 2023
Rassegna anno IV/n. 170 (1057)
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I Titoli:
Palestina Occupata: La guerra di Netanyahu contro Jenin. Missili dagli elicotteri su una casa uccide 5 persone. Settanta ii feriti. Colpite ambulanze e giornalisti.
Migranti: Altre prove che smentiscono la versione della Guardia costiera greca. Oggi il processo ai 9 egiziani accusati di essere gli scafisti. Arresti in Pakistan tra i reclutatori di aspiranti migranti.
Sudan: Un giorno di relativa calma a Khartoum. Fallita l’evacuazione di 30 soldati feriti a causa delle sparatorie contro il convoglio della Croce rossa.
Qatar-Emirati: Ripresa delle relazioni diplomatiche dopo 7 anni di scontro politico tra Doha e Abu Dhabi.
Kuwait: Nominato il nuovo governo, il quinto in un anno.
Le notizie:
Palestina Occupata
Una guerra contro un popolo. Quella a Jenin ieri è stata un’aggressione premeditata. Un rastrellamento contro la resistenza che si oppone all’occupazione militare e all’espansionismo delle colonie ebraiche. Cinque palestinesi assassinati e altri 70 feriti in seguito al lancio di un missile da elicotteri israeliani. L’operazione non era andata come avevano architettato i generali di Tel Aviv. Uno dei mezzi corazzati è stato distrutto da una bomba rudimentale piazzata a margine della strada. Il veicolo ha intrappolato i soldati ed i loro mezzi nel campo di Jenin e per coprire la loro ritirata l’esercito ha fatto intervenire gli elicotteri con i loro missili. L’esercito israeliano parla di 6 soldati feriti in modo leggero.
Un costo altissimo sta pagando il popolo palestinese per la liberazione della sua terra dall’occupazione militare israeliana. Il ministero della salute di Ramallah ha parlato di sparatorie contro le ambulanze e tra i feriti c’è del personale sanitario, un medico e due infermieri. Sono stati presi di mira anche i giornalisti, ma senza vittime sostiene un giornalista palestinese che lavora per una testata internazionale.
Le divisioni in campo palestinese, la resa dei governi arabi e il disinteresse delle cancellerie internazionali hanno reso più acuta e cronica l’arrgoanza dei governi israeliani. Ma la resistenza contro l’occupazione militare non sarà soffocata. L’esempio algerino è un monito agli israeliani. Dopo 132 anni i francesi, militari e coloni, hanno dovuto fare le valige e andarsene dalle terre che avevano occupato.
Migranti
La verità viene sempre a galla e le bugie hanno le gambe corte. Il governo greco e la sua guardia costiera sono stati inchiodati ulteriormente alle loro responsabilità da un’inchiesta della tv di Stato britannica: un’analisi delle immagini satellitari hanno fatto emergere che il peschereccio era rimasto nella sua stessa posizione per ben 7 ore prima di affondare. La versione di Atene è stata sempre quella di una barca in movimento. Bugiardi.
Le autorità greche, si evince dalle registrazioni delle conversazioni con le navi commerciali in zona. hanno espresso la determinazione di vietare qualsiasi salvataggio, malgrado gli avvisi di almeno due comandanti di navi mercantili, che avevano ricevuto l’ordine di allontanarsi. Altre testimonianze dei superstiti, che hanno parlato con i familiari, confermano il tentativo di agganciare la nave. Sicuramente per trascinarla lontano dalla zona SAR greca. Questa è “la difesa dei confini sud dell’Europa”, come ha detto la presidente del consiglio italiana.
Il processo ai 9 egiziani accusati di essere gli scafisti del peschereccio è stato rinviato ad oggi su richiesta degli avvocati, per aver il tempo di leggere le carte. Il difensore di uno degli accusati ha sostenuto che il suo assistito è soltanto un passeggero che ha pagato per partire verso l’Italia. La procura libica non è ancora venuta a conoscenza dell’identità del trafficante di esseri umani che ha causato tutti questi lutti. È strano che i responsabili del porto di Tobruk non sappiano chi sia l’organizzatore di quel viaggio della morte. Ripetiamo: 750 persone e un peschereccio di 30 metri non passano inosservati. Ieri sono stati arrestati 239 migranti che erano accatastati in una fattoria agricola sotto la sorveglianza di 4 uomini armati. La manovalanza sarà processata per traffico di esseri umani, ma i capi delle organizzazioni criminali e i funzionari corrotti si salvano. La povera gente che cerca un lavoro e una vita dignitosa finiscono nei centri di detenzione per migranti e poi, nel migliore dei casi, espulsi.
Ad Islamabad, il governo ha annunciato che sono 300 i cittadini pakistani morti nella strage del Mediterraneo. Sono stati arrestati 8 reclutatori che collaboravano con l’organizzazione criminale ramificata a livello transnazionale. Si è arrivati ai loro nomi grazie alle testimonianze dei familiari delle vittime.
In Siria, in Egitto e in Palestina, la stampa racconta l’angoscia delle famiglie in attesa di avere notizie dei parenti scomparsi e non si sa se si trovano tra i sopravvissuti, tra i cadaveri recuperati oppure negli abissi del mare.
In Grecia, le associazioni in difesa dei diritti dei migranti mettono in guardia dagli sciacalli, che si presentano ai parenti per chiedere soldi in cambio di informazioni sui loro parenti o promettono di ottenere indennizzi dal governo greco.
Sudan
“Non sparate sulla Croce rossa” è un detto che non vale in Sudan. Un convoglio di ambulanze, che trasportava 30 soldati dell’esercito feriti, è stato oggetto di una sparatoria, che ha bloccato l’attività umanitaria. Diversi giorni di trattative sono stati vanificati dall’irresponsabilità di qualcuno. Le parti belligeranti si accusano a vicenda di aver sparato per primo.
La capitale sudanese sta vivendo alcuni giorni di relativa calma dopo l’annuncio di tregua in occasione della Conferenza dei donatori a Ginevra, voluta dall’Arabia Saudita. Secondo i nostri contatti nella capitale sudanese, la situazione di relativa calma dura di ieri; si sentono soltanto delle sparatorie ogni tanto. Non ci sono caccia in cielo e non sono stati sentiti bombardamenti. Ma la gente non si fida e esce soltanto per far rifornimento e torna subito a casa. Le strade sono vuote. Alcune famiglie hanno tentato di lasciare la città per trovare rifugio lontano dalla guerra, soprattutto verso il confine egiziano.
Qatar-Emirati
I due paesi hanno riaperto le rispettive ambasciate dopo 6 anni di rottura delle relazioni diplomatiche, in seguito allo scontro politico, nel 2017, tra Qatar e altri 4 paesi (Arabia Saudita, Egitto, Emirati e Bahrein). Un embargo durato quattro anni e poi concluso con il cambio di rotta al vertice saudita. Abu Dhabi è rimasto l’ultimo paese a non riprendere le relazioni con Doha. La politica saudita, denominata mediaticamente “Zero problemi”, ha portato ad un risultato positivo. L’erede al trono saudita Mohammed Bin Salman, con l’accordo Riad-Teheran ha riportato il suo paese a guidare la regione, declassando la stessa diplomazia del Cairo e tarpando le ali all’arroganza del neo sultano Erdogan, ma soprattutto ridimensionando il ruolo dei due piccoli emirati rivali, che aspiravano a dominare la scena mediorientali con le loro interferenze negli affari degli altri paesi (Siria, Yemen, Libia e Sudan).
Kuwait
È stato nominato il nuovo governo, il quinto in un anno. La crisi istituzionale tra governo e parlamento ha portato alle ennesime elezioni anticipate. Il 6 giugno scorso dalle urne è uscito un parlamento dominato dalle opposizioni, 30 su 50 seggi. La guida del governo rimane però sempre un’emanazione della famiglia reale Al-Sabah; questo crea la crisi perpetua che negli ultimi anni ha vissuto l’unico emirato arabo costituzionale parlamentare nella regione del Golfo. Una democrazia azzoppata.
Notizie dal mondo: Sono passati 15 mesi e 25 giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina.
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