Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo
(testata giornalistica. Direttore responsabile: Federico Pedrocchi)
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30 luglio 2023
Rassegna anno IV/n. 210 (1097)
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I Titoli:
Siria: In meno di 24 ore, un altro attacco turco con droni nel nord est della Siria sotto amministrazione curda. Quattro morti.
Jihadismo: Catturato in Iraq un capo pericoloso di Daiesh, ricercato dal 2017.
Iraq: Tutto il paese al buio senza corrente elettrica, per un sabotaggio alla linea e un incendio di una principale centrale a Bassora.
Sudan: Una famiglia decimata da un obice di artiglieria caduto su una casa a Khartoum. Una donna e quattro bambini morti sotto le macerie.
Palestina: Una conferenza politica in Egitto tra i capi delle organizzazioni palestinesi alla ricerca dell’unità del movimento di resistenza.
Le Notizie:
Siria
Quattro combattenti delle Forze democratiche siriane (FDS) sono rimasti uccisi in un attacco turco con droni da oltre confine. Il comunicato delle FDS informa che l’attacco è avvenuto su una zona rurale nei pressi del villaggio di Khirba Khoi, a nord di Hasaka. Secondo l’Osservatorio siriano, l’attacco ha colpito un campo di addestramento delle Unità di difesa del popolo, la spina dorsale curda delle FDS. È il secondo attacco turco con droni in meno di 24 ore (vedi la rassegna ANBAMED di due giorni fa). Le Forze democratiche siriane a guida curda sono state le protagoniste della battaglia contro il fu falso califfato, ma per il regime di Ankara sono il nemico da annientare. L’azione coordinata e simmetrica dei criminali jihadisti in Siria va a pari passo con gli attacchi dell’esercito turco nel nord e nel nord est del paese contro i curdi.
Jihadismo
L’esercito iracheno ha annunciato di aver catturato il più pericoloso capo dell’organizzazione Daiesh, Muthanna Afrit, noto con l’appellativo Abu Hareth Baghdad. Secondo il comunicato militare, Afrit è entrato nell’organizzazione jihadista nel 2009 come capo della brigata Qadissia, nella provincia di Ninive. Al momento della sconfitta del fu falso califfato, nel 2017, si era diffusa la notizia della sua morte, ma due anni dopo ha tentato di entrare a Baghdad con documenti falsi. Il suo arresto, secondo gli esperti iracheni di terrorismo, è un colpo decisivo nella battaglia contro la rinascita del pericolo jihadista in Iraq e Siria.
Iraq
Per diverse ore della giornata di ieri tutto il sistema di distribuzione elettrica in Iraq è rimasto completamente bloccato. Il ministero dell’energia, dopo il ripristino parziale del servizio, ha chiarito che due eventi simultanei hanno causato il disastroso guasto: un attentato alla bomba ha colpito la linea principale di rifornimento e un incendio ha distrutto la centrale di trasformazione di Bassora. Il secondo paese più grande esportatore di petrolio, dal tempo dell’occupazione statunitense non ha più avuto un governo capace di far fronte ai più necessari servizi: dall’elettricità alla rete stradale, dalle comunicazioni alla sicurezza alimentare. Da anni il paese petrolifero vive una crisi energetica acuta, con interruzione delle forniture elettriche che durano fino a 10 ore al giorno, con temperature in questi giorni che hanno raggiunto i 50°C.
Sudan
Duri combattimenti hanno caratterizzato la giornata di ieri nella capitale sudanese. Tutti e tre i quartieri nei quali è divisa la capitale (Khartoum Omdurman e Bahri) sono stati teatri di duri scontri di terra e sottoposti a bombardamenti aerei dell’esercito e attacchi con l’artiglieria da parte delle milizie. L’esercito ha accusato le Forze di pronto intervento di aver compiuto una strage di civili, uccidendo 5 persone, 4 dei quali bambini, in un bombardamento contro il quartiere residenziale di Rimela. Le forze armate sostengono di aver respinto un attacco delle milizie contro la caserma dei Corpi corazzati, a sud di Khartoum. Negli scontri sarebbero stati uccisi 20 miliziani.
I negoziati sono fermi. La mediazione africana è nata morta, per la presenza a capo della commissione del presidente del Kenya, Ruto, considerato dal governo sudanese amico personale di Hamidati e per la proposta di invio di forze di interposizione africane a Khartoum, respinta categoricamente dal generale Burhan. L’iniziativa egiziana non si è concretizzata in una proposta precisa, ma al momento è soltanto un progetto in costruzione con il coinvolgimento della società civile sudanese che ha trasferito al Cairo il centro delle sue attività. Rimane in bilico, infine, la mediazione saudita-statunitense. Il portavoce del ministero degli esteri sudanese ha comunicato che la delegazione delle forze armate, richiamata nei giorni scorsi, tornerà a Gedda soltanto in caso di applicazione degli accordi raggiunti in precedenza. Secondo fonti sotto copertura, la delegazione delle milizie presente a Gedda aveva accettato il ritiro delle proprie truppe dalle zone residenziali e dagli uffici pubblici, in particolare dagli ospedali, e concentrarle in basi militari fuori città. Sarebbe stata un’onorevole resa con garanzia di incolumità e di inserimento degli effettivi nelle forze armate. Ma le truppe in campo non hanno mai rispettato questi risultati del negoziato e lo stesso Hamidati è apparso due giorni fa in un video, chiedendo il cambio del vertice delle forze armate per siglare un accordo di pace.
Palestina
Delegazioni dei partiti palestinesi sono giunte al Cairo. È in corso una conferenza mediata dall’Egitto per raggiungere l’unità del movimento di resistenza. Ieri si è riunita la segreteria organizzativa e oggi si terrà la conferenza con la partecipazione dei segretari generali, con lo stesso presidente Abbas a introdurre i lavori. La conferenza si tiene ad Al-Alamein e il ruolo egiziano si limita a mettere a disposizione un luogo neutro per il confronto senza interferenze. Infatti non è prevista la presenza nella conferenza del presidente Al-Sissi o del suo ministro degli esteri.
Alla conferenza sono arrivate tutte le delegazioni tranne quella di Jihad islamica, che contesta gli arresti di suoi militanti, da parte della polizia palestinese in Cisgiordania. Il discorso del presidente Abbas sarà improntato – secondo le anticipazioni – su tre linee: Legalità internazionale, OLP unico rappresentante del popolo palestinese e la linea della resistenza popolare pacifica e nonviolenta. Le opposizioni di sinistra, Fronte Popolare e Fronte Democratico, chiedono invece la fine degli accordi di Oslo e la formazione di un governo palestinese provvisorio al posto dell’ANP, sull’esempio dell’esperienza algerina degli anni ’50 dello scorso secolo contro l’occupazione coloniale francese. Più fumosa la posizione di Hamas che controlla amministrativamente la striscia di Gaza. Ad Al-Alamein sarà rappresentata da Ismail Hanie, capo dell’ufficio politico.
Questa conferenza non è il primo incontro tra i capi politici palestinesi. Sono avvenute già in passato riunioni con la mediazione egiziana e, due anni fa ad Algeri, con l’intervento personale del presidente Tabboune. Anche allora sono stati proclamati impegni solenni di unità, ma poi sul terreno concreto non è stato fatto nulla di quanto concordato. Il dualismo di potere tra le due organizzazioni maggiori, Hamas e Fatah e la debolezza delle sinistre, hanno lasciato spazio all’espansionismo coloniale israeliano che sta annettendo enormi fette dei territori e città palestinesi della Cisgiordania e a Gerusalemme est. È sotto accusa il ruolo delle forze di sicurezza dell’ANP che detengono nelle proprie carceri militanti di altre organizzazioni, in difesa della sicurezza di Israele.
Notizie dal mondo: Sono passati 17 mesi e 5 giorno dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Riad accoglierà una conferenza per la pace in Ucraina.
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