Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo
(testata giornalistica online fondata da Farid Adly.
Direttore responsabile Federico Pedrocchi)
Per ascoltare l’audio di oggi, 02 novembre 2023:
Rassegna anno IV/n. 305 (1192)
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Appello
Altri firmatari si aggiungono tutti i giorni sull’appello che abbiamo lanciato per un cessate il fuoco e per il rilascio dei prigionieri civili. Potete aderire, scrivendo alla redazione. Diffondete. L’elenco dei sottoscrittori dell’appello lo trovate sul sito, in questa pagina: qui.
Le notizie:
Genocidio a Gaza
Un secondo bombardamento su Jebalia. Altri morti e feriti nel campo profughi più grande della Striscia. Colpite anche le zone attorno all’ospedale Al-Quds. Una furia criminale contro la popolazione civile, che gli esponenti delle organizzazioni giuridiche internazionali annoverano tra i crimini di guerra.
Sul fronte della battaglia terrestre, si registra una battuta d’arresto dell’avanzata a causa dell’accanita resistenza dei combattenti. L’esercito israeliano ha comunicato l’uccisione di 16 soldati fino al pomeriggio di ieri. L’organo di propaganda militare delle Brigate Qassam ha rilasciato diversi video sul lancio di razzi Yassin, a nome dell’imam fondatore del movimento e altre operazioni di caccia dei carri armati con proiettili perforanti RPG. Un terzo video riguarda l’uso di droni telecomandati usati nel lancio di bombe dal cielo contro un gruppo di soldati. (i video su Al-Jazeera).
L’esercito israeliano ha messo in campo 20 mila soldati per l’invasione di terra nelle tre direttrici, due da nord di Gaza City e una all’altezza di Khan Younis, a sud. È stata abbandonata per il momento l’operazione di penetrazione frontale del centro di Gaza City, per l’elevato costo in vite dei soldati. Le vittime civili di questa aggressione hanno superato 8 mila persone, più della metà bambini e 22 mila i feriti.
Gli ospedali di Gaza sono diventati, come li ha definiti un medico, “un parcheggio per malati, perché non abbiamo nulla con cui operare. Anche l’aceto, con il quale pulivamo le ferite, è finito”. (ascolta il messaggio-appello del dott. Aiyed, medico palestinese impegnato nel progetto di Fonti di Pace a Gaza: QUI).
Cisgiordania e Gerusalemme est
Le truppe di occupazione con l’aiuto di coloni hanno demolito ieri nel villaggio di Shoshehla, vicino a Betlemme, 17 case storiche di pietra risalenti a oltre 200 anni fa. Il sindaco del paese ha commentato che “quelle case sono state costruite prima della nascita dello Stato di Israele e l’amministrazione militare non potrebbe addurre come motivo la mancanza di un’autorizzazione edilizia. È pulizia etnica; vogliono cacciarci dalla nostra terra, ma noi resisteremo accampandoci in tende sulle macerie”.
Sono continuate in tutte le città della Cisgiordania le operazioni di rastrellamento dell’esercito di occupazione. Oramai tutte le città palestinesi sono diventate carceri a cielo aperto, dalle quali non si può né uscire né entrare. Assedio totale come punizione collettiva. Scontri tra giovani lanciatori di pietre e soldati sono stati registrati quasi ovunque. Nel campo profughi di Aida, vicino Betlemme, è stato ferito gravemente un ragazzo di 14 anni, colpito al torace. Scontri tra le forze di occupazione anche a Gerusalemme est. Due ragazze minorenni sono state arrestate.
Valico di Rafah
Le autorità del Cairo hanno aperto il valico di Rafah per le partenze da Gaza di un gruppo di feriti che verranno curati in un ospedale da campo realizzato appositamente a Sheikh Zuweid, ad est di El-Areesh. I feriti sono stati trasportati in ambulanze che sono passate per prime. Subito dopo sono stati autorizzati a uscire da Gaza ed entrare in Egitto circa 520 cittadini stranieri, operatori internazionali (tra i quali la volontaria di Fonti di Pace che ci aveva fornito diverse corrispondenze da Gaza assediata e bombardata) e anche alcuni palestinesi con la doppia cittadinanza. L’operazione è stata coordinata con la mediazione del Qatar tra Egitto, Israele, Hamas e Stati Uniti. Il Cairo ha chiesto garanzie a Washington che la parte palestinese del valico non venga bombardata dagli israeliani durante le operazioni di passaggio e che venga ammessa l’uscita anche dei feriti gravi palestinesi colpiti dalle bombe di Israele, che non era possibile curare negli ospedali palestinesi, oramai fuori servizio.
Libano
Cresce di intensità lo scontro al confine libanese. L’antiaerea di Hezbollah ha lanciato proiettili contro un caccia israeliano costringendolo al ritorno alla base. In un comunicato, il movimento libanese afferma di aver colpito con l’artiglieria e con razzi le postazioni militari israeliane nella zona est e centrale del confine. L’esercito israeliano ha bombardato diversi villaggi del Libano meridionale. È una guerra di bassa intensità e ciascuna delle parti si limita a rispondere al fuoco dell’altra, senza trasformare le attività belliche in un conflitto generalizzato. Il governo libanese ha preso le distanze dalle operazioni condotte da Hezbollah, parlando di volontà di pace e accusando Israele di usare il fosforo bianco contro la popolazione civile.
Giordania
Il governo giordano ha richiamato il suo ambasciatore in Israele per protesta contro i crimini compiuti dall’esercito israeliano a Gaza. Il ministero degli esteri di Amman ha informato che l’ambasciatore non tornerà a Tel Aviv fino a quando non cesserà l’aggressione contro il popolo palestinese. L’ambasciatore israeliano aveva lasciato Amman all’inizio della guerra contro Gaza, a causa delle manifestazioni popolari davanti alla sede diplomatica.
Iran
La diplomazia iraniana nei suoi contatti con i paesi della regione sottolinea il suo interesse a non allargare il conflitto. Anche nelle interviste pubbliche con i media arabi, islamici ed occidentali, il ministro degli esteri Amir-Abdullahian continua a ripetere che bisogna agire per evitare l’estensione della guerra, ma poi aggiunge: “se continua l’aggressione contro i civili di Gaza, non sarà possibile contenere la rabbia che sta scuotendo la regione”. Teheran, insomma, intende sfilarsi dallo scontro diretto con Israele e Stati Uniti, ma nello stesso tempo vuole tenere il campo caldo, per non sfigurare di fronte alla propria opinione pubblica interna caricata a lungo con i proclami per la liberazione di Gerusalemme e le moschee di Al-Aqsa. Il cosiddetto “Fronte della resistenza”, cioè Hezbollah libanese, Siria, milizie irachene e Houthi yemeniti, si sta impegnando in azioni di disturbo, ma molto limitate e con poca incisività. Un gioco pericoloso all’insegna di armiamoci e partite.
Tunisia
Cinque tra i più pericolosi jihadisti sono riusciti a scappare dal carcere di massima sicurezza di Mornag. Sono accusati degli assassinii dei due dirigenti di sinistra, Belied (5 febbraio 2013) e Ibrahimi (25 luglio 2013). Le autorità governative non hanno fornito informazioni sulle modalità di fuga. Il ministero dell’interno ha pubblicato semplicemente le foto segnaletiche dei fuggiaschi ed il decreto di dimissioni del direttore del carcere e di altri responsabili della sicurezza. Le uniche informazioni certe sono quelle fornite dalle foto scattate da alcuni secondini del carcere e pubblicate sui social. Secondo queste foto, i 5 avrebbero segato una grata di ferro per scappare da una cella e poi con una corda sono riusciti a calarsi da una delle torri di guardia. Elementi che hanno suscitato dubbi sulla versione ufficiale e quella divulgata indirettamente sui social. Un esponente di sinistra ha sottolineato che “la versione ufficiale perde acqua da tutte le parti, perché i 5 terroristi non erano in una sola cella, ma in isolamento in 5 celle diverse e quindi non potevano scappare tutti da un solo buco; uno dei fuggiaschi è grasso e non avrebbe mai potuto passare da quel buco; i tagli nei tubi di acciaio della grata sono troppo netti per essere stati realizzati con un piccolo seghetto e sembrano realizzati da un flex elettrico. Messe insieme queste considerazioni l’unica conclusione possibile è quella della complicità dei custodi e il complotto con organismi influenti nella struttura statale”. La fuga – secondo quest’analisi – sarebbe stata organizzata da poteri occulti all’interno dello Stato con forti legami con il terrorismo jihadista e questo preoccupa non poco l’opinione pubblica e i partiti di sinistra e democratici. Anche il presidente tunisino Saied è convinto che non è stata una fuga, ma un’operazione orchestrata dall’esterno con la connivenza di elementi dei due ministeri di Giustizia e Interni. “Vogliono far naufragare il paese di nuovo nel terrorismo per destabilizzarci, ma non ce la faranno”, ha concluso il presidente, ricordando che chi ha sbagliato pagherà.
Lutto per la cultura palestinese
L’artista teatrale palestinese Enas El-Saqqa è stata assassinata insieme alle figlie, Lina e Sara, in un bombardamento israeliano del 31 ottobre, che ha raso al suolo la loro casa a Gaza City. Era laureata in arti audiovisuali e teatro e una seconda laurea in scienze sociali. Ha lavorato per diversi anni in Egitto e poi è tornata a Gaza, sua città natale, dove si è cimentata in diverse attività artistiche e opere teatrali, con una particolare attenzione alle iniziative educative per bambini nelle scuole dell’UNRWA. Ha partecipato come prima protagonista nel film “Sara”, del 2014, che racconta la storia di una ragazza palestinese in uno dei campi profughi, vittima di un “delitto d’onore”. Un film che presenta i diversi lati di Gaza, la cui gente è ferita tanto dai problemi quotidiani quanto dalla morte.
Il ministero della Cultura palestinese ha scritto che i corpi dell’attrice e delle due figlie sono stati riconosciuti dai familiari, ieri, nell’ospedale Shifa, a Gaza. Che sia lieve la terra che l’accoglierà.
Cultura
25 artisti di diversi paesi del Medio Oriente e Nord Africa, di fronte al dramma che vivono in questi giorni i civili di Gaza sotto le bombe israeliane, hanno realizzato un canto collettivo dal titolo “Rajieen” (Ritorneremo). Un inno che trascende i confini delle nazioni e dei dialetti e incarna resistenza e resilienza. Seguendo il percorso di altri prodotti musicali di solidarietà umana, Rajieen reinterpreta in modo nuovo ritmi delle canzoni di lotta dei neri americani, mischiandoli con elementi di hip-hop, rap, melodie arabe e ballate piene di sentimento. Il canto si conclude con un omaggio al cantante siriano Samih Shoukeir, citando la sua canzone: “E se la mia voce si spegnerà, il vostro grido non sarà mai soffocato”. Tutto il ricavato sarà dedicato al progetto PCRF (Palestine Children’s Relief Fund) Ascolta.
Notizie dal Mondo
Sono passati 20 mesi e 8 giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Kiev accusa la Russia del peggior bombardamento dall’inizio della guerra: più di 200 località colpite.
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