Ripreso da ‎QUI

Per aderire scrivere a: info@metaeducazione.it


RISPOSTA AL MINISTRO DELL’ISTRUZIONE PATRIZIO BIANCHI E ALLA COORDINATRICE NAZIONALE PER LA LOTTA CONTRO L’ANTISEMITISMO PRESSO LA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MILENA SANTERINI, SULLA CIRCOLARE DEL NOVEMBRE 2021: “LINEE-GUIDA SUL CONTRASTO ALL’ANTISEMITISMO”

PREMESSA (agosto 2022)

In questo momento nel quale Israele ha appena bombardato la striscia di Gaza, con un’azione “preventiva”, illegale per le Convenzioni internazionali, le inviamo finalmente la nostra risposta, già pubblicata su riviste cartacee ed elettroniche italiane ed estere, in merito alla Circolare del novembre 2021, “Linee-guida sul contrasto all’antisemitismo”, con una necessaria premessa, che scriviamo dopo aver conosciuto, nei mesi intercorsi, le posizioni di personalità e comunità ebraiche in contrasto con le definizioni dell’Ihra, adottate
purtroppo dal Ministero italiano dell’Istruzione.
Prendiamo atto che l’occupazione in Palestina, che comporta pulizia etnica, apartheid, prassi di arresti arbitrari, anche di bambini, in irruzioni notturne nelle abitazioni, massicce confische di terre, di acque, assassinii, demolizioni di case, punizioni collettive, vietate dalle convenzioni internazionali, si protrae senza che la Comunità internazionale adotti misure dissuasive nei confronti dell’occupante. Riteniamo che l’impunità garantita all’occupante sia strettamente legata, oltre che agli interessi geopolitici della superpotenza dominante (che, anzi, lo finanzia), anche ad una narrazione, a una concezione e definizione di antisemitismo errate e ricattatorie, dettate da organismi ed organizzazioni quali l’Ihra e l’Ucei, coinvolte con lo Stato che attua l’occupazione, impossibilitate ad essere obiettive e semmai interessate a
colpevolizzare come antisemitismo qualsiasi critica all’occupante.
Per questo motivo deploriamo che il Ministero italiano dell’Istruzione abbia fatto proprie e diffuso la narrazione e le definizioni di antisemitismo dell’Ihra, sostenute da Israele con notevoli pressioni sui governi affinché le adottino, ma contestate con ampie argomentazioni da personalità israeliane quali Gideon Levy, Jeff Halper, Amira Hass, e da organizzazioni ebraiche antisioniste, italiane e internazionali, quali l’ ”Icahd”,israeliana, “Jewish voice for peace”, statunitense, “Independent jewish voice”, che raggruppa comunita’ ebraiche del Regno Unito, del Canada, dell’Australia, “European Jewish for a just peace”, di cui fanno parte sette Stati, tra cui Francia, Belgio, Olanda e Italia.
Una base molto valida per nuove “Linee-guida per il contrasto all’antisemitismo” e a tutti i razzismi è il documento “Principi per lo smantellamento dell’antisemitismo: una risposta ebraica progressista alla dichiarazione di Gerusalemme”, redatta da numerose organizzazioni ebraiche internazionali, che, tra le altre cose, rispetto alla definizione dell’Ihra, dicono: “Scriviamo questa dichiarazione con urgente preoccupazione per i continui tentativi del governo israeliano di eludere le responsabilità per le sue violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale, lanciando accuse di antisemitismo ai Palestinesi e a coloro che ne
sostengono i diritti. Questo non solo mette a tacere i Palestinesi e i loro sostenitori, ma mette anche a rischio la sicurezza degli Ebrei e la lotta per smantellare l’antisemitismo. L’esempio più evidente di questa pericolosa campagna è il tentativo di imporre ai governi, alle istituzioni pubbliche, alle università e alla società civile la definizione di antisemitismo dell’Ihra, difettosa e ampiamente screditata…”.
Per questo, gentile Ministro, pensiamo che lei e la coordinatrice per la lotta all’antisemitismo, Milena Santerini, abbiate il dovere di conoscere anche le posizioni dei tantissimi Ebrei contrari alla definizione che avete adottato e diramato alle scuole italiane e che alla luce di quelle dobbiate revocare il protocollo d’intesa stilato con l’Ucei, o almeno includere nella stesura di nuove Linee-guida altri interlocutori, da contattare tra le personalità e gli organismi che hanno rigettato le definizioni formulate dell’Ihra, e che potrete trovare in fondo al documento. Non farlo vi renderebbe complici delle inaccettabili violazioni dei diritti umani di cui sopra e contribuirebbe in misura non trascurabile al protrarsi dell’occupazione, esattamente come il silenzio di tutti e il “donabbondismo” di molti permisero la realizzazione
dell’Olocausto.
Il link del documento contenente i cinque principi, che condividiamo, è il seguente:
https://www.jewishvoiceforpeace.org/2021/04/jerusalem-declaration/

L’intento della nostra analisi è quello di aiutare a discernere i termini dei vari punti presentati e a de-costruire una narrazione che si rivela un “format”, replicato, come già detto, non per combattere l’antisemitismo, ma per tacitare ogni critica e ogni azione contro l’espansionismo di Israele.

RISPOSTA ALLA CIRCOLARE “Linee-guida per il contrasto all’antisemitismo” del Novembre 2021

(Gennaio 2022)
In merito alla Circolare sulla lotta all’antisemitismo giunta alle scuole, noi, cittadini firmatari di questa replica, desideriamo con essa comunicarVi le nostre osservazioni e riflessioni.
Conveniamo sul fatto che l’antisemitismo ha un radicamento e una continuità nella storia, a partire dalle accuse di “deicidi” rivolte agli Ebrei dalla Chiesa per arrivare alle ideologie nazista e fascista (che, in misura minore, hanno colpito anche altri gruppi etnici e sociali), ma vogliamo rilevare e analizzare dei punti che ci sembrano in varia misura discutibili o errati.
Nella nostra analisi menzioneremo in gran parte studiosi di origine ebraica, così da sgomberare il campo da equivoci e accuse strumentali di antisemitismo.

SULL’ “UNICITÀ DELL’OLOCAUSTO”
Per primo, vogliamo analizzare il concetto, diventato un assioma, di “unicità dell’Olocausto”, che viene ribadito nel documento. Tale unicità è stata messa in discussione da storici ebrei come David Stannard, Boas Evron, Norman Gary Finkelstein ed altri. La Dichiarazione di Stoccolma del 2000, citata nella Circolare, riconoscendo alla Shoah un “carattere senza precedenti”, afferma una cosa ovvia, ma parziale: qualsiasi tragedia storica, infatti, presenta caratteri senza precedenti, ma anche caratteri comuni con altre tragedie.
Affermando l’unicità dell’Olocausto, di certo ci si vuole riferire alla indiscutibile efferatezza e
all’organizzazione “scientifica” al servizio del male. Pensiamo tuttavia che la Dichiarazione di Stoccolma dovrebbe essere ampliata per riconoscere le unicità di altre tragedie: sappiamo che non è stato meno feroce lo sterminio dei nativi americani (tra i 55 e i 100 milioni, per alcuni storici 114), che ha portato alla scomparsa anche di intere culture; né meno crudele e disumana la deportazione di circa 13 milioni di Africani, come schiavi, nelle Americhe, molti dei quali morti durante le traversate (si stima tra i due e i quattro milioni); in questa tragedia, il trasporto, seppure in condizioni bestiali, di tanti esseri umani, ha comportato un’organizzazione “scientifica” al servizio del male, durata per quattro secoli. Possiamo
aggiungere il genocidio degli Armeni, le vittime del colonialismo europeo in Africa, in Oriente, in Australia…
Se invece, come rappresentato dall’etimo della parola, la pretesa unicità vuole riferirsi all’uso del fuoco per bruciare, ricordiamo le due bombe atomiche sulle popolazioni civili delle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki e l’uso in Iraq (a Falluja) e a Gaza del fosforo bianco (già vietato dalla convenzione di Ginevra) che, senza fiamma, brucia vive le carni e non può essere spento nemmeno dall’acqua. Il numero minore delle vittime rispetto a quello delle camere a gas e dei forni nazisti non rende meno crudele l’uso di quelle armi, né meno immorale, date le atroci sofferenze che provocano!

Sulla insistita unicità dell’Olocausto, citiamo il filosofo e sociologo belga Jean-Michel Chaumont, che è stato collaboratore della Fondazione Auschwitz, Centro di studi e documentazione di Bruxelles, nel suo libro “La concurrence des victimes” (la concorrenza tra le vittime): “Il dibattito sull’unicità dell’Olocausto è sterile e in realtà l’insistenza sulla sua unicità ha finito col costituire una forma di ‘terrorismo intellettuale’. Coloro che mettono in pratica le normali procedure della ricerca scientifica devono chiedere prima mille e una
sospensiva per cautelarsi dall’accusa di ‘banalizzare l’Olocausto’”.
Norman G. Finkelstein, storico e politologo ebreo statunitense, i cui genitori erano stati internati ad Auschwitz, nel suo libro “L’industria dell’Olocausto, lo sfruttamento della sofferenza degli Ebrei”, scrive: “L’anomalia dell’Olocausto consiste nel fatto che la sua unicità è ritenuta assolutamente decisiva…” E più avanti: “Queste dichiarazioni di unicità dell’Olocausto sono sterili dal punto di vista intellettuale e indegne da quello morale, eppure persistono. Il punto è capire perché. In primo luogo, una sofferenza unica conferisce diritti unici. Il male dell’Olocausto, secondo Jacob Neusner (storico e teologo statunitense,
studioso dell’ebraismo), non solo pone gli Ebrei su un piano diverso rispetto agli altri, ma concede loro anche una rivendicazione nei confronti di questi altri… In effetti l’unicità dell’Olocausto serve ad Israele come alibi.” “La singolarità della sofferenza degli Ebrei – sostiene lo storico Peter Baldwin – aumenta le rivendicazioni morali ed emotive che Israele può avanzare …nei confronti di altre nazioni.” Nathan Glazer, sociologo americano: “…l’Olocausto, che ha messo in evidenza il “tratto distintivo peculiare degli Ebrei”
(corsivo nell’originale), ha dato loro il diritto di considerarsi particolarmente minacciati e particolarmente meritevoli di ogni sforzo possibile per la loro salvezza”. “Per fare un esempio- scrive Finkelstein- lo spettro dell’Olocausto viene evocato in qualsiasi articolo o libro dedicato alla decisione israeliana di fabbricare e detenere armi nucleari…”: lo spettro dell’Olocausto come giustificazione del possesso di armi nucleari.

SULL’ “ODIO” VERSO LO STATO DI ISRAELE
E’ certamente erronea, come sostenuto dalle linee-guida, l’equazione tra i cittadini appartenenti alle comunità ebraiche e Israele, in quanto Stato o Nazione, tuttavia riteniamo privo di fondamento parlare di odio verso Israele: una minoranza di persone probabilmente prova tale sentimento, ma constatiamo continuamente come le critiche all’operato di Israele vengano subito strumentalmente tacciate di odio antiebraico, di antisemitismo, per metterle a tacere. Quello che vuole la stragrande maggioranza di coloro che criticano Israele non è la sua cancellazione, ma la sua esistenza nei confini riconosciuti anche dall’Olp, oltre che dall’Onu, quelli del ’67, che lasciano allo Stato di Israele ben il 78% della Palestina storica! Data la situazione sul terreno, molti, sia tra i Palestinesi che tra gli Ebrei, ritengono più realistico arrivare ad un unico Stato bi-nazionale, con uguali diritti per i due popoli. Qualunque sarà la soluzione, è indispensabile innanzitutto, che si fermi la costruzione, approvata di recente, di nuovi insediamenti ebraici nei territori palestinesi della Cisgiordania; che si fermino le espulsioni, le demolizioni di case, la distruzione di infrastrutture, di pozzi, lo sradicamento o il taglio di ulivi, le aggressioni terroristiche delle bande di coloni, protetti dall’esercito, contro le persone e i loro beni; che siano messe al bando pratiche barbare, indegne di uno Stato civile, quali la detenzione amministrativa (arresti senza capi d’accusa e senza processo, con detenzione che si rinnova di sei mesi in sei mesi, in molti casi per anni), gli arresti e la detenzione di bambini, le irruzioni notturne dell’esercito nelle case, le irruzioni nelle scuole e nelle moschee, le uccisioni facili, e perciò molto frequenti, di adulti e bambini. Tutte pratiche, queste, che nel corso degli ultimi anni si sono intensificate, per impennarsi in modo impressionante nel 2021 e raddoppiare nei primi mesi del 2022 rispetto al 2021! Tutto ciò nel silenzio dei media e dei politici occidentali, i quali continuano a difendere
Israele in quanto “unica democrazia del Medio Oriente”… come se essere una democrazia desse licenza di compiere crimini! Ma sono varie le personalità ebree e israeliane, e non solo, che parlano, invece, di etnocrazia, di apartheid e di pulizia etnica; un rapporto dell’organizzazione per i diritti umani Human Right Watch e uno dell’organizzazione israeliana B’Tselem definiscono “segregazionista” lo Stato di Israele; un altro rapporto di Save the Children lo accusa per gli arresti e le torture sui minori. Un recentissimo rapporto
di Amnesty International, uscito il 2 febbraio di quest’anno, parla di un “Sistema di dominazione crudele e crimine contro l’umanità”.
Va inoltre tolto l’assedio alla striscia di Gaza, dove due milioni di persone vivono in condizioni inumane a causa di un embargo spietato e va ripresa la via diplomatica insieme al rispetto della legalità internazionale, per il bene di tutti.
E’ inevitabile a questo punto osservare che Israele, mentre accusa gli altri di odio antisemita, mette in atto politiche crudeli che possono favorirlo. Gidéon Levy, giornalista israeliano, in un suo articolo ha scritto che il più potente stimolatore dell’ antisemitismo oggi è Israele! Sui diritti umani ci si aspetterebbe che chi li rivendica per sé ne sia paladino per tutti! Se mentre gli Ebrei chiedono al mondo, giustamente, di lottare contro l’antisemitismo attuale e di commemorare le vittime del nazismo, una gran parte di essi perseguita un altro popolo, negandone l’umanità, il mondo percepisce il tradimento e la negazione dei valori che la
Shoah dovrebbe insegnare. Ecco perchè, per il bene proprio e anche degli Israeliani, le Comunità ebraiche al di fuori di Israele dovrebbero denunciare le gravi e continue violazioni dei diritti umani dei Palestinesi, condannandole pubblicamente e chiaramente, cosa che in Italia e altrove ci risulta faccia una piccola minoranza di Ebrei, esecrati dagli altri. In assenza di tale condanna, il pregiudizio antiebraico può crescere in persone che non fanno distinzioni troppo sottili, portate a generalizzare, per ignoranza o per interesse.
Osserviamo anche che l’UCEI potrebbe preoccuparsi non solo di cosa far fare nella scuola italiana, ma anche in quella israeliana, che forma al pregiudizio e alla visione degli altri come nemici. Un importante studio sui testi scolastici Israeliani, che arriva a questa conclusione, è stato condotto dalla docente universitaria israeliana Nurit Peled-Elhanan (“La Palestina nei testi scolastici di Israele”). Esiste anche un video, girato all’interno di una scuola religiosa israeliana, nel quale si sente che ai bambini vengono fatte dire cose chiaramente suprematiste. Con una tale formazione, non stupisce che pochi mesi fa sfilavano per le strade di Gerusalemme tanti giovani che urlavano “Morte agli Arabi” e altrettanto durante la “festa delle bandiere”.
Il già citato Boas Evron, in “Jewish State or Israeli Nation”, parla di “educazione alla paranoia”, riferendosi ad un altro assioma, quello dell’“odio eterno” dei gentili (tutti i non Ebrei) verso gli Ebrei, ed aggiunge: “Questa mentalità […] giustifica in anticipo qualsiasi trattamento inumano dei non Ebrei.” Ancora Finkelstein: “Questo dogma ha dato carta Bianca a Israele: vista la ferrea volontà dei gentili nell’uccidere gli Ebrei, questi hanno tutto il diritto di proteggersi come meglio credono. Qualunque espediente a cui possano ricorrere gli Ebrei, perfino l’aggressione e la tortura, costituisce una legittima difesa”.

Il livello di violenza consentita ai coloni, protetti dall’esercito israeliano, è altissimo; vederli all’ “opera” in bande, contro contadini, pastori, ulivi, greggi e abitazioni, nei villaggi e nelle città, è davvero disgustoso. È evidente a chi non voglia chiudere gli occhi che il razzismo in Israele è una vera emergenza che si protrae dalla sua proclamazione! Le Comunità ebraiche in Italia potrebbero, oltre a dissociarsi, “consigliare” anche ad Israele un lavoro nelle scuole che vada nella direzione del rispetto dei diritti umani per tutti. Ci auguriamo che già lo facciano, ma non ne siamo a conoscenza.

SULL’EQUIPARAZIONE DEL SIONISMO AL COLONIALISMO
Nella Circolare viene definita “errata e distorta” l’equiparazione che viene fatta tra sionismo e colonialismo. Purtroppo invece la storia evidenzia tra i due un’oggettiva affinità, sia nell’ ideologia che nella prassi. Se infatti in origine il sionismo può essere stato forse per qualcuno un movimento spirituale, già ai primi del ‘900 esso era diventato un progetto politico ben definito di spoliazione e di pulizia etnica. La sua attuazione è iniziata ben prima dell’Olocausto, per continuare anche dopo, mediante azioni terroristiche e stragi, come
raccomandato da vari teorici del sionismo, tra cui Ben Gurion, primo presidente di Israele. Nel 1920 vi è la costituzione dell’Haganà, organizzazione militare sionista clandestina, del 1931 è quella del gruppo paramilitare Irgun, protagoniste, insieme ad altre formazioni precedenti e successive, di persecuzioni e massacri. Data la scelta di Israele di continuare ancora oggi ad espandersi attuando la pulizia etnica, non stupisce che il sionismo venga equiparato dai Palestinesi, e non solo, al colonialismo e al razzismo. Del resto, fin dall’inizio il sionismo ha dichiarato e sostenuto che la Palestina era “Una terra senza popolo per un popolo senza terra”, cosa storicamente falsa, che ricalca in pieno il concetto di “Terra nullius” enunciato
nella conferenza di Berlino del 1884-85; con tale espressione i Paesi coloniali autorizzavano se stessi a impadronirsi di terre abitate da popoli considerati inferiori, ai quali perciò non veniva riconosciuta la proprietà dei luoghi nei quali erano sempre vissuti. Al netto di tutto questo, si consideri che nel 1988, ad Algeri, Arafat e l’Olp hanno riconosciuto lo Stato di Israele e di nuovo l’hanno fatto nel 1993, con gli accordi di Oslo; Israele, però, non ha mai riconosciuto lo Stato di Palestina. I media occidentali continuano a ripetere la litania diffusa da Israele che lo statuto di Hamas prevede la distruzione del Paese, ma in proposito Noam Chomsky, intellettuale ebreo Americano, in un articolo del 4 agosto 2014 dal titolo “L’incubo di Gaza”, ha scritto: “In realtà Hamas ha chiarito più di una volta che accetterebbe la soluzione dei due Stati che è stata proposta dalla comunità internazionale e che Stati Uniti e Israele bloccano da quarant’anni. Israele, invece, a parte gli occasionali discorsi vuoti, vuole la distruzione della Palestina e sta mettendo in atto il suo piano”.
Negare il “diritto a uno Stato e all’autodeterminazione” (cit. dalle linee-guida) a un altro popolo, mentre si continua a rivendicarlo per sé anche se già riconosciuto, oltre che contraddittorio, è ingiustificabile.
Pertanto, ritenere razzista e colonialista il sionismo non ha nulla a che vedere con l’antisemitismo. Essere antisionisti non è antisemitismo!

SULL’EQUIPARAZIONE DEL SIONISMO AI MOVIMENTI DI LIBERAZIONE NAZIONALE
Nelle linee-guida si sostiene che il sionismo abbia avuto “caratteri analoghi ai movimenti che tra l’Ottocento e il Novecento hanno portato alla nascita di diversi Stati, tra cui l’Italia con il Risorgimento”. Ciò, oltre che mistificatorio, è storicamente falso: l’esistenza di movimenti di liberazione da potenze straniere presuppone l’esistenza di una nazione sottomessa, da liberare. Non esistendo allora Israele, l’equiparazione non è sostenibile, se non per l’aspirazione ideale ad uno Stato. Quei movimenti nazionali, inoltre, non hanno proceduto a massacri e persecuzioni per sostituire le popolazioni autoctone con la propria. L’elenco
dei massacri è veramente lungo: centinaia le città e i villaggi palestinesi distrutti nel solo 1948! E’ recentissimo il documentario “Tantura”, nel quale il regista israeliano Alon Schwartz ha raccolto le ammissioni di alcuni Israeliani che, oggi novantenni, militarono nella Brigata Alexandroni. Le loro testimonianze, insieme a quelle di Palestinesi superstiti, svelano uno dei tanti massacri, quello avvenuto a Tantura nel 1948, finora negato, con oltre 200 Palestinesi uccisi a raffica con mitragliatrice, alcuni persino col lanciafiamme, gettati poi in una grande fossa comune che si trova oggi sotto il parcheggio della rinomata spiaggia di Dor Beach.
Semmai è plausibile equiparare l’odierna occupazione israeliana dei territori palestinesi all’occupazione austriaca in Italia (molto probabilmente meno sanguinosa) e la lotta dei Palestinesi a una lotta di liberazione. E’ possibile anche che, se non fosse nato Israele, i Palestinesi avrebbero iniziato, come tanti altri popoli, ad avere aspirazioni nazionali e a condurre una lotta di liberazione contro gli occupanti di turno dell’epoca, gli Inglesi dopo gli Ottomani.

CONCLUSIONI
Concordando sull’importanza della scuola nel contrastare discriminazioni e razzismo e per educare alla soluzione non violenta dei conflitti, condividiamo la posizione dell’artista Moni Ovadia, che, “proprio in quanto ebreo”, dice, difende i diritti di tutti. Egli ha portato a Ferrara, dal 25 al 30 gennaio, “La settimana delle memorie”, una rassegna che vuole onorare, oltre alle vittime della Shoah, tutti i popoli perseguitati. Riteniamo con lui che sia tempo di rendere incisiva nel presente la Giornata della Memoria, analizzando anche le sopraffazioni dell’oggi, per scoprire, pur tenendo conto delle differenze, la radice che esse hanno
in comune con la Shoah e con le altre tragedie nella storia: i pregiudizi e il razzismo, alimentati da ignoranza, frustrazioni personali, revanscismi e interessi nazionali e di gruppi di potere. E’ necessario educare, tutto l’anno, ai valori e ai diritti umani universali, affinché il “MAI PIU’” riguardi i soprusi e le violenze CHE POSSONO ESSERE EVITATI OGGI.
Scandaloso, oggi come allora, è il silenzio interessato sui crimini degli “amici”, o dei potenti; quello di oggi lo potremmo definire, con Chomsky, “indifferenza istituzionalizzata di tutto l’Occidente”.
Certi che perseverare nel silenzio, oltre al popolo palestinese, danneggi anche il popolo israeliano e comprometta la lotta al vero antisemitismo fuori da Israele, abbiamo ritenuto doveroso inviarVi queste nostre riflessioni: crediamo infatti che la licenza che il mondo concede a Israele di perseguire le sue politiche di persecuzione e di apartheid sia dovuta anche alle definizioni distorte di ciò che è effettivamente antisemitismo e si intrecci strettamente con esse.
Per terminare, vogliamo qui ricordare una delle dichiarazioni dell’Arcivescovo di Pretoria, Desmond Tutu, da poco scomparso, che aveva vissuto l’apartheid in Sudafrica e aveva visitato la Palestina; nel 2014 egli diede il suo appoggio al movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) come mezzo pacifico di lotta: “Cercare di liberare il popolo di Palestina dalle umiliazioni e dalle persecuzioni che gli vengono inflitte dalla politica di Israele è una causa nobile e giusta. E’ una causa che il popolo di Israele ha l’obbligo
per se stesso di sostenere. Nelson Mandela ha detto che i Sudafricani non si sentiranno completamente liberi finché i Palestinesi non lo saranno. Avrebbe potuto aggiungere che la liberazione della Palestina sarebbe anche la liberazione di Israele”.

Wilma Ginulla, insegnante
Cristina Mirra, educatrice
Marco Ramazzotti, Ebreo italiano, ex Consulente internazionale per lo sviluppo rurale

Primi firmatari:

Yousef Salman, Moni Ovadia, Maya Issa, Blanca Clemente, Marco Molle, Mariella Valenti, Gianni Palumbo, Giovanni Russo Spena, Maria Raffaella Violano, Michela Arricale, Fabio Marcelli, Luisa Morgantini, Marco Consolo, Valeria Garau, Gianna Foschi, Cosimo Crisafio, Maria Gabriella Gallo, Annalisa Del Baglivo, Renato Rizzo, Al Amad Ahmad, Bassam Saleh, Enza Biancongino, Jorge Ceriani, Rosamaria Coppolino, Leone Lazzara, Lucio Vitale, Othman Mallah, Maddalena Celano, Nara Ronchetti, Giovanna Cingolani, Al Amad Annachiara, Al Amad Shadi, Fulvio Parisi, Roberto Corsi, Daniela Cortese, Rina Spagnoli, Debora Demontis, Massimo Barbieri, Paola Tiberi, Fabrizio Santini, M.Cecilia Gálvez Quintana, Antonella Antonini, Massimo Sabbatini, Daniela Lucatelli, Susanna Bernoldi, Daniel Martin, Caterina Amoretti, Francesca Dona’, Nicola Cavazzuti, Gaetano Vacca, Monica Del Padrone, Roberto Faina, Maria Laura Penaglia, Loredana Savi, Daniele Terzoni, Maria Chiara Bontempi, Pizzitola Emanuela, Karim Hamarneh, Sergio Cararo, Farid Adly, ….

Per aderire scrivere a: info@metaeducazione.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *