L’UNESCO ha assegnato il premio 2024 per la LIBERTA’ DI STAMPA ai giornalisti palestinesi di Gaza, che hanno fornito una copertura ai fatti dell’aggreessione israeliana che dura da olltre 6 mesi contro la popolazione palestinese della Striscia martoriata.
La Giornata internazionale per la libertà di stampa fu proclamata il 3 maggio del 1993 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dietro raccomandazione della Conferenza Generale dell’UNESCO. Il giorno fu scelto per ricordare il seminario dell’UNESCO per promuovere l’indipendenza e il pluralismo della stampa africana (Promoting an Independent and Pluralistic African Press) tenutosi dal 29 aprile al 3 maggio del 1991 a Windhoek (Namibia). Questo incontro portò alla redazione della Dichiarazione di Windhoek. Il documento è un’affermazione dei principi in difesa della libertà di stampa, del pluralismo e dell’indipendenza dei media come elementi fondamentali per la difesa della democrazia e il rispetto dei diritti umani.
La Dichiarazione fa un richiamo esplicito all’articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo il quale stabilisce che “Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione, tale diritto include la libertà di opinione senza interferenze e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza frontiere”.
Sebbene secondo i dati della Freedom House i Paesi considerati “non liberi” siano 40 – principalmente in Asia e in Africa – il trend dal 1985 a oggi è in miglioramento, con un calo di circa il 20% della percentuale di paesi considerati “non liberi”.
Nella speciale classifica tra i paesi stilata nell’ultimo rapporto di Reporter senza Frontiere (2023) l’Italia si colloca al 41/o posto – ultima in Europa – anche a causa dei suoi 20 giornalisti sotto scorta. L’organizzazione aggiunge che in oltre 130 Paesi nel mondo l’esercizio del giornalismo ”vaccino principale contro la disinformazione è totalmente o parzialmente bloccato”. Su 180 Paesi monitorati, in 73 la situazione è ”molto seria” o ”difficile”, e in altri 59 ”problematica”. In sintesi, tre quarti dei Paesi oggetto di indagine limitano i diritti dei cittadini a conoscere compiutamente i fatti accaduti e a maturare così un pensiero critico.
La cosiddetta zona bianca dell’informazione, ma così ristretta dal 2013, comprende solo dodici nazioni. La più virtuosa è la Norvegia, seguita da Finlandia e Svezia. Sorprende la quinta posizione della Costa Rica. Drammatica la situazione in Cina, dove sette giornalisti sono finiti in carcere per aver diffuso notizie sulla pandemia, e in Egitto, dove al-Sisi ha vietato la pubblicazione di qualsiasi statistica sul Coronavirus non proveniente dal Ministero della salute. Bolsonaro aveva fatto scivolare anche il Brasile tra le nazioni rosse e per fortuna il popolo lo ha disarcionato. E per quanto riguarda i continenti è ancora l’Africa quello più in difficoltà. Centocinquantottesimo posto per la Bielorussia, dove dodici giornalisti sono stati incarcerati per aver raccontato le proteste contro il presidente Aljaksandr Lukasenko.
Nel 2016, la Giornata è stata celebrata a Helsinki e ha visto la partecipazione di associazioni di giornalisti provenienti da tutto il mondo, agenzie di stampa internazionali, rappresentanti dell’UNESCO e istituzioni governative. In tale occasione, ogni anno viene assegnato il premio UNESCO/Guillermo Cano per la libertà di stampa. La vincitrice del 2016 è la giornalista di Radio Free Europe dell’Azerbaigian, Khadija Ismayilova. La giuria ha riconosciuto il suo enorme contributo alla libertà di stampa, attraverso un lavoro svolto in condizioni difficili. Nel 2014 la giornalista fu condannata a sette anni e mezzo di carcere poiché con i suoi articoli aveva rivelato alcuni affari illeciti della famiglia del Presidente del Paese.
Il premio istituito dall’UNESCO vuole onorare persone, organizzazioni o istituzioni che hanno dato un contributo alla difesa e alla promozione della libertà di stampa, in particolare coloro che operano esponendosi a gravi rischi. Il premio prende il nome del giornalista colombiano Guillermo Cano Isaza, assassinato nel 1986 davanti alla sede del giornale El Espectador per il quale lavorava.
Il caso che sta scuotendo il mondo attualmente è quello del fondatore di Wikileaks, Julian Assange. Un uomo che ha svelato al mondo la verità suii crimini compiuti dagli Stati Uniti, nelle sue guerra imperialistiche dall’Iraq all’Afghanistan, giace da 5 anni in cella in Gran Bretagna, mentre i criminali che hanno causato la morte di milioni di persone sono liberi. Si attende, per la seconda metà di questo mese di maggio 2024, il responso dell’Alta Corte britannica sul ricorso degli avvocati per la salvezza di Assange da una condanna ad oltre 175 anni di reclusione. Per ulteriori info: https://www.24hassange.org/it/