Per ascoltare l’audio di oggi, 23 maggio 2024:
Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo
(testata giornalistica online fondata da Farid Adly.
Direttore responsabile Federico Pedrocchi)
Rassegna anno V/n. 137 (1388)
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Le notizie:
Genocidio a Gaza
62 palestinesi uccisi e 138 feriti nei bombardamenti indiscriminati compiuti dai generali israeliani sui quartieri residenziali a Rafah e nei rifugi di Jebalia.
I bombardamenti aerei e dell’artiglieria sono stati intensi e con l’uso di bombe da 500 kg, dagli effetti devastanti sulle strutture. Nella zona nord Israele ha sganciato bombe incendiarie che hanno distrutto e provocato fiamme spaventose e colonne di fumo alte 50 metri.
Situazione umanitaria
L’ospedale Kamal Adwuan di Jebalia è stato evacuato a causa dell’assedio israeliano che è durato 5 giorni. L’ospedale Awda è tuttora assediato ed è fuori servizio. La situazione sanitaria nel nord della Striscia, dove vivono ancora 700 mila persone, è drammatica. Tutto il sistema sanitario palestinese è bloccato e le donne partorienti non trovano nessuna assistenza. “Non ci sono neanche letti, le donne incinte dormono per terra”, ha detto un’infermiera. La mancanza di carburante e di medicine ha trasformato le strutture sanitarie in depositi per derelitti umani. I medici hanno lanciato un appello, alle agenzie dell’ONU, di lavorare per l’apertura di ospedali da campo con la gestione diretta dell’OMS.
Diplomazia internazionale
Spagna, Norvegia e Irlanda riconosceranno ufficialmente lo stato di Palestina il prossimo 28 maggio. Una decisione storica e dall’alto valore simbolico annunciata congiuntamente dai premier dei tre paesi – il norvegese Jonas Gahr, lo spagnolo Pedro Sanchez e l’irlandese Simon Harris – che hanno definito il riconoscimento necessario “per favorire la pace e la sicurezza” nella regione. È un importante passo per rafforzare le rivendicazioni palestinesi all’indipedenza e per il ritiro dell’esercito israeliano occupante. Sono il segno tangibile dell’isolamento di Israele e questa azione avrà sicuramento un seguito da parte di altri paesi europei.
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu “mette in pericolo la soluzione dei due Stati” e non ha “un progetto di pace mentre continua a bombardare ospedali e scuole, a punire donne e bambini con la fame e il freddo (…). Non possiamo permetterlo – ha detto Sanchez – Abbiamo l’obbligo di agire. In Palestina come in Ucraina, senza doppi standard”. “Questa – ha detto Harris – è una dichiarazione di sostegno inequivocabile alla soluzione dei due Stati, l’unica via credibile verso la pace e la sicurezza per Israele, per la Palestina e per i loro popoli”. Gli ha fatto eco il governo norvegese, il cui primo ministro Jonas Gahr Støre ha sottolineato che il riconoscimento è essenziale per salvaguardare “la soluzione dei due Stati che è nel miglior interesse di Israele”.
La risposta rabbiosa di Tel Aviv è arrivata poco dopo l’annuncio: ha richiamato gli ambasciatori a Dublino, Madrid e Oslo per “consultazioni”. E poi ha messo in atto la vendetta contro i paestinesi, cancellando di fatto gli accordi di Oslo.
L’annuncio dei 3 paesi europei arriva nel mezzo dell’aggressione in corso a Gaza, che ha causato finora oltre 35 mila vittime palestinesi, e all’indomani della richiesta alla Corte penale Internazionale di mandati di arresto contro i leader israeliani, Netanyahu e Gallant, per crimini di guerra.
Cisgiordania e Gerusalemme est
Terzo giorno di guerra a Jenin. Le truppe israeliane si sono ritirate stamattina, lasciando sul terreno 12 palestinesi uccisi e 21 feriti, tra di loro 3 versano in gravi condizioni. Tutte le strade del campo profughi sono state divelte, come azione di vendetta collettiva per punire la popolazione che si ribella all’occupazione militare. Il campo rimane assediato dalle truppe che impediscono alla popolazione ogni movimento.
Le truppe israeliane hanno preso di mira l’albergo dove risiedono i giornalisti nella città di Jenin. Sono stati sparate raffiche di mitra per impedire le riprese. Un lavoratore dell’albergo è stato ferito e per l’impossibilità di trasportarlo, è stato curato il loco.
In risposta al riconoscimento della Palestina da parte dei 3 paesi europei, il ministro della guerra israeliano Gallant ha annunciato che Israele non rispetterà più le regole del disimpegno previste dall’accordo di Oslo ed ha immediatamente autorizzato il ritorno dei coloni in 3 località dalle quali erano stati espulsi, per decisione del governo Sharon. Ha affermato: “Il potere ebraico garantisce la sicurezza in Giudea e Samaria (Cisgiordania)”, utilizzando terminologie bibliche per le zone geografiche destinate allo Stato palestinese; un atteggiamento che tradisce l’intento di annessione. Il ministro delle finanze Smotrich ha annunciato di aver bloccato definitivamente i trasferimenti delle tasse spettanti all’ANP e di aver ordinato la cancellazione di tutte le autorizzazioni di movimento ai funzionari dell’autonomia palestinese.
Bin Gvir ha fatto il suo baldanzoso ingresso trionfale nelle moschee di Al-Aqsa, attorniato dalle guardie del corpo e protetto dalle forze militari israeliane. Una provocazione gratuita che cerca di trasformare la lotta palestinese in scontro religioso.
Disumanità
Il Guardian ha rivelato che l’esercito e la polizia di Tel Aviv informano preventivamente i coloni estremisti sulle coordinate dei movimenti dei convogli, che trasportano gli aiuti provenienti dalla Giordania da consegnare alle popolazioni martoriate di Gaza. Lo Stato d’Israele è implicato fino alla cima dei capelli nelle distruzioni degli aiuti alimentari, azioni che vengono addossate ai coloni, ma questi sono in realtà soltanto gli ultimi stolti manovali della violenza, manovrati dall’alto. Secondo testimoni, le direttive arrivano via Whatsapp e i soldati ingaggiati per la protezione dei convogli non muovono un dito per contrastare lo scempio: sacchi di riso squarciati con coltelli e il loro contenuto sparso per terra, scatole di prodotti alimentari schiacciati dai bulldozer e in altri casi estremi è stato appiccato il fuoco danneggiando gli stessi veicoli.
Libano
Hezbollah ha dichiarato che due combattenti sono stati uccisi in un attacco aereo israeliano nel sud Libano. Nella giornata di ieri, lo scambio di attacchi alla linea di demarcazione è stato particolarmente intenso. Lanci di artiglieria, raid aerei e droni da parte israeliana affrontati con lanci di razzi, missili teleguidati e droni da parte libanese. Otto mesi di guerra non dichiarata ma fortemente combattuta. Non è più una guerra a bassa intensità, ma neanche un conflitto aperto. Le regole di ingaggio però si sono innalzate di mese in mese, con oltre 500 vittime libanesi, in maggioranza civili e dalla parte israeliana l’evacuazione di colonie in tutto il nord, con oltre 180 mila sfollati.
Yemen
Bombardamento aereo USA-GB contro l’aeroporto di Hodeida. Lo ha annunciato il portavoce Houthi e poi confermato anche dal Centcom, il comando militare centrale USA. “Le forze aeree nemiche – hanno detto i portavoce Houthi – hanno compiuto 6 raids contro strutture civili ed hanno causato morti e feriti”, senza specificarne il numero. Le aggressioni militari contro il territorio yemenita non hanno fiaccato la capacità degli Houthi di colpire le navi dirette verso Israele. Tra missili sono stati lanciati all’alba di oggi contro una nave mercantile. Non si conoscono i danni.
Sudan
L’esercito ha bombardato ieri la più grande raffineria di petrolio nel paese, perché occupata dalle milizie di Pronto Intervento. La località colpita è Shendi, a nord est della capitale Khartoum.
Infuria la battaglia anche in Darfur. 85 uccisi nei combattimenti ad El-Fasher. Lo ha comunicato l’ONG Medici senza Frontiere che gestisce un ospedale nel capoluogo del Darfur settentrionale.
Arabia Saudita
Secondo rivelazioni stampa, Riad e Washington sono ad un punto molto avanzato per la conclusione di un accordo strategico di difesa, che comprende la costruzione di una centrale nucleare per usi civili. L’unico punto ancora da definire è la normalizzazione dei rapporti tra Arabia Saudita e Israele. Riad chiede un percorso certo per la costituzione di uno Stato palestinese. L’amministrazione Biden ha estremo bisogno di raggiungere questo accordo per ridurre l’influenza cinese nella regione.
Siria
Storia di una sparizione forzata finita con la morte, sotto le torture nelle carceri del regime. È quella di Majed Kam Elmaz, psicologo siro-statunitense che ha lavorato dal 2012 nelle cure per i profughi siriani in Libano. Prima si è interessato di problematiche psicanalitiche riguardanti le popolazioni colpite da catastrofi naturali e prima ancora tra le vittime delle guerre in Bosna e Kossovo. Nel 2017 è tornato clandestinamente in Siria, per aprire un centro di cura nella zona di Ghuta orientale ma la polizia del regime lo ha arrestato e da quel momento non si è saputo nulla della sua sorte. Una commissione d’inchiesta statunitense è entrata in possesso di un certificato medico che attesta la sua morte nel 2017, 4 mesi dopo l’arresto, ma la famiglia non ci ha creduto. Nuovi elementi sulla sua dipartita sono arrivati da un altro documento dei servizi siriani. 5 giorni fa, sua figlia ha postato sui social un post di cordoglio e ha annunciato che lei, la madre e i fratelli denunceranno i servizi del regime di fronte alle corti statunitensi.
Notizie dal Mondo
Sono passati due anni, due mesi e 29 giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina.
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