Il riconoscimento da parte di Spagna, Irlanda e Norvegia dello Stato di Palestina ha accresciuto l’isolamento di Israele. Anche se il ministro degli esteri di Parigi ha dichiarato che non è ancora tempo per la diplomazia francese di giungere ad un passo simile, il ministro degli esteri britannico non lo ha escluso e l’opposizione laburista preme in quella direzione. L’UE rimane spaccata: riconoscono la Palestina, oltre alle ultime tre nazioni, Bulgaria, Cipro, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Svezia e Ungheria. In totale 11 su 27. Sono aperturisti Belgio, Malta e Slovenia.
L’Italia è la perenne tentennante. All’assemblea generale dell’ONU si è astenuta sul riconoscimento dell’ingresso della Palestina a pieno titolo nell’organismo internazionale. La Farnesina però a Roma ha dato alla delegazione palestinese lo status di ambasciata e tiene a Gerusalemme est un ufficio consolare per i rapporti con l’ANP. Ipocritamente tiene il piede in due scarpe.
Se guardate la cartina del mondo, qui sopra, i paesi che riconoscono la Palestina sono la stragrande maggioranza.
Ecco una breve cronistoria:
1988: Il 15 novembre, durante la prima intifada palestinese, il presidente Arafat proclamò la costituzione dello Stato palestinese indipendente con Gerusalemme come capitale. L’annuncio ad Algeri, durante la riunione del Consiglio nazionale palestinese, che adottò la soluzione dei due Stati come obiettivo. L’Algeria è stato il primo Stato a riconoscere la Palestina;
Nel giro di poche settimane, decine di altri Paesi, tra cui gran parte del mondo arabo, l’India, la Turchia, gran parte dell’Africa e diversi Paesi dell’Europa centrale e orientale, hanno seguito l’esempio.
1991: il 30 ottobre è stata aperta la Conferenza di Madrid sotto l’egida dell’ONU e sponsorizzata da Washington e Mosca.
1993: il 13 settembre la firma a Washington degli accordi di Oslo che avrebbero dovuto portare al riconoscimento reciproco tra Israele e il futuro Stato di Palestina. Creazione dell’ANP nel 1994 e ritorno di Arafat dalla diaspora tunisina a Ramallah;
1995: 4 novembre, assassinio di Rabin durante una grande manifestazione a Tel Aviv, in sostegno degli accordi di Oslo. La colonizzazione ebraica in Cisgiordania non è mai cessata.
1996: rielezione di Arafat e vittoria di Fatah nel Consiglio Legislativo;
2000: a luglio è fallito il negoziato di Camp David tra Arafat e Barak alla presenza di Clinton. Il piano della Casa Bianca prevedeva la nascita di uno stato palestinese smilitarizzato su Gaza e un terzo della Cisgiordania, esclusa Gerusalemme est, con la rinuncia al diritto al ritorno e con il controllo israeliano sulle risorse idriche della Cisgiordania. Arafat ha rifiutato ed ha chiesto l’applicazione delle risoluzioni dell’ONU.
2000: 28 settembre scoppia la seconda Intifada, in seguito alla passeggiata del capo del Likud, il macellaio di Sabra e Shatila (1982), Ariel Sharon, nella spianata delle moschee a Gerusalemme est occupata.
2001: a febbraio il Likud vince le elezioni israeliane e Sharon diventa primo ministro in un governo di unità nazionale; riprende in grande stile la colonizzazione ebraica della Cisgiordania;
2002: a gennaio l’assedio della Muqatta, sede del presidente Arafat, da parte dell’esercito di Sharon. Ad aprile, l’esercito israeliano ha compiuto il massacro di Jenin radendo al suolo la città e il suo campo profughi, uccidendo in 10 giorni di offensiva di terra e bombardamenti aeri oltre 1000 civili; Gli accordi di Oslo sono morti e sepolti.
2003: seconda vittoria del Likud nelle elezioni anticipate e formazione del secondo governo Sharon;
2004: morte del presidente palestinese Arafat;
2005: ritiro unilaterale di Israele da Gaza; eletto Mahmoud Abbas a presidente dell’ANP;
2006: elezioni legislative palestinesi monitorate dall’ONU e dall’UE. Vince Hamas, ma Washington e Bruxelles fanno pressioni sul presidente Abbas per sostituire il premier Ismail Hanie, indicato dal movimento islamista vincitore delle elezioni, pena la cancellazione degli aiuti finanziari all’ANP;
2007: dopo il dimissionamento di Ismail Hanie e la nomina di Fayyad a guida del governo palestinese, scoppia lo scontro armato tra Fatah e Hamas che porta all’espulsione dei funzionari dell’Anp dalla Striscia di Gaza e l’inizio dell’embargo israeliano; da quell’anno non si sono più tenute elezioni palestinesi;
2011: La Palestina viene ammessa all’UNESCO a pieno titolo e la decisione viene fortemente ostacolata dalla Casa Bianca, che aveva cancellato tutti i piani di finanziamento all’ente culturale dell’ONU; tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011, in un momento di crisi del processo di pace in Medio Oriente, una serie di paesi sudamericani, tra cui Argentina, Brasile e Cile, hanno risposto all’appello dell’OLP di appoggiare le loro rivendicazioni statali, soprattutto alla luce della decisione israeliana di ripresa in grande stile della costruzione degli insediamenti ebraici nella Cisgiordania occupata.
2012: il 29 novembre, nella giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese, l’OLP viene accolta dall’Assemblea generale dell’ONU come membro osservatore;
2014: La Svezia è stata il primo paese UE a riconoscere lo stato di Palestina;
2015: anche la Corte penale internazionale ha accettato la Palestina come Stato membro.
2024: Oltre ai tre paesi UE, Spagna, Irlanda e Norvegia, anche l’Australia ha recentemente ventilato la possibilità di appoggiare unilateralmente lo Stato palestinese. Il Presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato che la questione del riconoscimento di uno Stato palestinese senza una pace negoziata non è più “un tabù per la Francia”.
2024: sono 143 gli stati del mondo che riconoscono la Palestina. Il numero dei paesi aderenti all’ONU è 193.