Dopo un lungo periodo di pausa, riprendiamo la rubruca Echi dalla stampa araba.

Una collaboratrice, Margarte Petrarca, cultrice della cultura araba che lavora nel campo delle traduzoni letterarie, si è resa disponsibile a curare la rubrica con una scadenza mensile. Margaret – nel suo CV – scrive: “Collaboro con diverse case editrici per le quali traduco classici e narrativa contemporanea, ma anche altri generi….. In 5 anni ho tradotti 40 libri”.

Diamo il benvenuto a Margaret e le auguriamo tutto il successo nella vita e nella professione.

La redazione

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In questa rubrica riprendiamo in sintesi, ma fedelmente, opinioni, commenti ed editoriali apparsi sulla stampa araba, che valutiamo siano di un certo interesse per il lettore italiano.

La pubblicazione non significa affatto la condivisione delle idee espresse.

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a cura di Margaret Petrarca

Riassunto: una dura critica al femminismo occidentale mainstream che, soffermandosi solo sull’apparenza, finisce per emarginare le donne non-bianche e per permettere ai politici di giustificare il proprio purplewashing. In questo articolo, Tharwa Boulifi invita dunque ad abbracciare un femminismo intersezionale, che non escluda in base al colore della pelle o al Paese di origine.

Il titolo original dell’articolo è : Perché il femminismo occidentale feticizza le donne mediorientali in minigonna

Invece di smantellare il patriarcato, l’ossessione del femminismo occidentale per il modo di apparire ha emarginato le donne non-bianche

di Tharwa Boulifi *

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The New Arab (Londra)

Data di pubblicazione: 24 aprile 2024

Link: https://www.newarab.com/opinion/why-western-feminism-fetishises-brown-women-miniskirts

Mentre tra la notte del 13 e del 14 aprile (2024. NdR) gli arabi osservavano con ansia i missili iraniani sorvolare il Levante, la twittersfera pro-Israele ha mirato a un altro bersaglio altrettanto provocatorio: le minigonne nell’Iran pre-rivoluzione.

Con la sua tipica ottusità, la macchina della propaganda israelo-americana, meglio nota come Hasbara, si è “scosciata” per correre a ostentare un’immagine idealizzata e profondamente ingannevole, ricoperta da una patina di occidentalismo, dell’Iran dell’era Pahlavi.

Le femministe bianche e liberali si sono subito fiondate sulle tastiere e, poco dopo, le foto di donne iraniane occidentalizzate sono diventate virali. Come al solito, hanno detto alle donne iraniane cosa hanno perso e cosa dovrebbero fare.

http://<a href=”https://www.freepik.com/free-photo/portrait-iranian-woman_2765730.htm#page=2&query=Muslim%20women&position=14&from_view=author&uuid=bebacf3c-0730-4fb7-969f-d971d8b39009″>Image by rawpixel.com on Freepik</a>


Femminismo occidentale: non poi così innocente

L’ossessione di Israele per l’Iran dell’era Pahlavi è una forma di dog-whistling, ossia l’uso, in politica, di un messaggio “in codice” diretto a una precisa fascia di elettori senza che questo provochi l’opposizione, volto a fomentare divisione nella diaspora iraniana − che già nutre le proprie rimostranze nei confronti del regime iraniano − e a giustificare agli occhi di americani ed europei il purplewashing della colonia israeliana, vale a dire una tattica politica che sposta il focus sui diritti delle donne per distrarre da altre gravi violazioni dei diritti umani.

Possiamo continuare a fare affidamento su di loro per portare avanti il progetto liberale occidentale, così dicono. Gli altri si dividono in due categorie: quelli che si oppongono alla loro missione “civilizzatrice” e quelli che, come nel caso dell’Iran, hanno avuto la loro occasione e l’hanno sprecata.

Com’era prevedibile, la maggior parte dei paragoni ha strumentalizzato il tema della promiscuità per parlare dei diritti delle donne, delle libertà civili e della regressione sociale nell’Iran post-rivoluzione. Altrettanto prevedibile è l’omissione del pugno di ferro dello scià, della corruzione dilagante e dell’imposizione dei “valori occidentali” superficiali come unità di misura del progresso.

Tali punti di vista così semplicistici sul femminismo occidentale non fanno che dimostrare le sue contraddizioni ideologiche. Associare l’emancipazione femminile a una dittatura dinastica può essere definito soltanto ipocrita: la dittatura non è compatibile con la democrazia e i diritti delle donne non dipendono da quanto queste mettano in mostra le gambe.

L’occidentalcentrismo ha l’unico scopo di giustificare la colonizzazione delle popolazioni autoctone, dandole addirittura un presunto scopo nobile, ossia liberare le donne non-bianche dalla loro auto-oppressione, quando invece l’unica cosa che fa è imporre loro gli ideali europei.

Di conseguenza, il femminismo occidentale − volto a liberare le donne dal dominio maschile − perde ogni obiettivo e viene usato dai governi occidentali come strumento per giustificare i propri desideri espansionistici.

Basta guardare a come la guerra di Israele a Gaza mette in evidenza questo doppio standard. Dal 7 ottobre sono state uccise 10.000 donne palestinesi, tra cui 6.000 madri.

Tutto quello che le femministe occidentali si sono limitate a dire finora sono state parole di cordoglio in cui hanno espresso il “diritto di vivere” delle donne palestinesi. Non hanno certo mostrato la stessa timidezza quando i media occidentali hanno riportato che il 7 ottobre i combattenti di Hamas avevano commesso violenze sessuali.

Mettiamo le cose in chiaro: il femminismo occidentale non è un’entità a sé stante, ma si schiera con gli uomini bianchi al potere. In Iran o in Palestina, le femministe ricorrono all’argomentazione “e allora Hamas, e allora Khomeini”, invece di attaccare la violenza indiscriminata e sistemica di Israele sulle donne palestinesi o il brutale regime dello scià.

Questo approccio getta le fondamenta per gli uomini bianchi al potere di tenere discorsi in cui si appoggiano al liberalismo occidentale per giustificare le loro politiche violente.

Il movimento attivista femminista occidentale ha dimostrato, soprattutto in relazione alle donne autoctone non-bianche, di preoccuparsi soltanto delle apparenze: indossare minigonne, mettere in mostra le gambe e rimuovere o meno i peli del corpo, anziché smantellare il patriarcato strutturale.

Le femministe occidentali si preoccupano delle donne uccise nelle zone di guerra solo se quelle donne appaiono e si comportano come loro.

<a href=”https://www.freepik.com/free-photo/islamic-woman-portrait-looking-camera_2826740.htm#query=Muslim%20women&position=47&from_view=author&uuid=bebacf3c-0730-4fb7-969f-d971d8b39009″>Image by rawpixel.com on Freepik</a>

Il femminismo mainstream deve includere le donne BIPOC

Le idee progressiste sull’immagine del corpo vanno apprezzate, ma non devono essere presentate come l’unico modo di difendere la causa femminista. Altrimenti, non si fa altro che allargare il divario tra donne bianche e donne BIPOC (Black, Indigenous and People of Colour).

Per generazioni, il movimento femminista occidentale ha spinto le donne di tutto il mondo a sognare una società più equa e sicura per loro. Molte ragazze non-occidentali, non-bianche sono cresciute con la convinzione di poter fare affidamento su questo sogno per raggiungere i propri obiettivi.

Ma è ormai evidente che il femminismo occidentale fa parte del white-saviourism, ossia la volontà da parte di una persona bianca di fornire aiuto a persone BIPOC per motivazioni narcisistiche, strumentalizzato dagli uomini dei governi occidentali per diffondere l’imperialismo nei Paesi non-bianchi.

Inoltre, molte donne occidentali sfruttano un femminismo fatto su misura per giustificare la discriminazione religiosa, l’islamofobia e la xenofobia. È incredibilmente scoraggiante vedere che il femminismo occidentale, un movimento per il quale molte donne del Sud globale nutrivano ammirazione, è stato ridotto a mera propaganda.

Ci hanno sbattuto la porta in faccia e usano gli intenti del femminismo occidentale come arma, togliendo ogni fondamento al suo attivismo.

La guerra di Israele a Gaza e le schermaglie tra Israele e Iran dovrebbero quindi offrire a noi femministe del Sud globale l’opportunità di emanciparci dalla prospettiva occidentalocentrica e di aprire la strada verso un mondo in cui la sicurezza e il benessere di tutte le donne sono importanti, a prescindere dal colore della pelle o dal Paese di origine.

* Tharwa Boulifi è una freelance tunisina che scrive di femminismo, diritti umani e giustizia sociale. Il suo lavoro è apparso su Teen Vogue, Newsweek, New African e African Arguments.

Traduzione dall’inglese di Margaret Petrarca

Articolo originale: https://www.newarab.com/opinion/why-western-feminism-fetishises-brown-women-miniskirts

1 commento

  1. […] [Ecos de la prensa árabe]: editado por Margaret Petrarca ( Para saber más ) […]

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