Per ascoltare l’audio di oggi, 12 luglio 2024:

Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo

(testata giornalistica online fondata da Farid Adly.

Direttore responsabile Federico Pedrocchi)

Rassegna anno V/n. 187 (1438)

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Le notizie:

Genocidio a Gaza

Se ce la fate, guardate questo video di un bombardamento israeliano del primo luglio a Gaza

I generali israeliani continuano a bombardare indiscriminatamente campi profughi e quartieri abitati in tutte le zone della Striscia di Gaza, ma in modo particolare i quartieri già diroccati del capoluogo. Nella giornata di ieri sono state compiute due stragi, con 50 uccisi e 54 feriti arrivati nelle strutture ospedaliere. Molti altri sono ancora sotto le macerie.

Il totale delle vittime fino a mezzogiorno di ieri è stato di 38.345 uccisi e 88.295 feriti.

Il nostro commento quotidiano fisso: Ci sono ancora coloro che obiettano che non si tratti di genocidio, basandosi su congetture storiche e non guardando la realtà delle cifre e delle intenzioni dichiarate dai politici e generali israeliani. Chiudono gli occhi e dicono: “Dire che Israele commette genocidio è una bestemmia”.

Pronunciare una frase simile è la vera bestemmia nei confronti della memoria dei sei milioni di ebrei assassinati dal nazismo tedesco.

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Situazione umanitaria

La protezione civile palestinese ha dichiarato il quartiere Shejaie, a Gaza città, zona non abitabile, a causa delle distruzioni per i bombardamenti aerei e delle demolizioni compiute dai soldati con i carri armati e bulldozer. “L’esercito occupante, dopo due settimane di intervento di terra nel quartiere, ha raso al suolo l’80% delle costruzioni e tra i quali un ambulatorio sanitario che forniva servizi a 65 mila persone”.

Un rapporto dell’OCHA al segretario generale dell’ONU mette in evidenza “la situazione insopportabile nella quale è stata condotta la popolazione civile a causa dei continui ordini di sfollamenti (emessi dall’esercito israeliano) e dei combattimenti. Una delegazione internazionale ha visitato la zona ed ha registrato il collasso generale subito dal sistema di protezione ed assistenza ai civili intrappolati”.

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Cisgiordania e Gerusalemme est

Un giovane di 17 anni è stato assassinato dai soldati israeliani a Maythaloun, a sud di Jenin. Si chiamava Alì Rabab’a ed è stato colpito con una pallottola al cuore, mentre tentava di contrastare l’irruzione militare delle truppe, lanciando pietre contro i soldati. È stato possibile soccorrerlo soltanto dopo il ritiro delle truppe, ma non c’era oramai nulla da fare. Altri due sono rimasti feriti gravemente e sono ancora ricoverati in ospedale.

Le operazioni militari israeliane contro la popolazione della Cisgiordania continuano ininterrottamente in tutte le province palestinesi.

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Prigionieri

Dopo gli scandali che hanno coperto di fango il governo israeliano per il campo di concentramento di Sde Tieman, nel deserto del Negev, adesso la direzione carceraria lo annovera tra le strutture “non ufficiali”. È un campo all’aperto, all’interno di una base militare, diviso in celle con reti metalliche e filo spinato ed è gestito direttamente dall’esercito israeliano.

Il quotidiano israeliano Haaretz e la CNN hanno condotto inchieste giornalistiche intervistando medici, soldati israeliani ed ex detenuti palestinesi, giungendo alla conclusione che in quella struttura sono stati violati i minimi diritti di un detenuto, privandolo della sua umanità e causato la morte di diverse decine per maltrattamenti e torture.

Il ministro israeliano per la sicurezza Ben Gvir ha dichiarato che “non è disponibile a chiudere Sde Tieman e per i detenuti palestinesi la soluzione migliore è quella di una pallottola in testa, piuttosto che nutrirli a spese del contribuente israeliano”.

Una testimonianza di un medico israeliano dal campo di concentramento di Sde Tieman, la Abu Ghraib di Netanyahu

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Trattative

La delegazione israeliana è tornata ieri da Doha. Dopo l’incontro con il premier è stata annunciata la partenza di una nuova delegazione israeliana al Cairo, guidata dal capo dei servizi di sicurezza interni e due ufficiali dell’esercito. Fonti stampa israeliane e statunitensi rivelano che il divario tra Netanyahu e Hamas è ancora largo, ma i passi verso un accordo ci sarebbero. Sembra che Hamas abbia dato il consenso ad una gestione di Gaza, dopo ritiro dell’esercito israeliano, affidata ad una non ben definita “amministrazione palestinese”, di 2.500 agenti addestrati negli Stati Uniti.

Hamas invece ha pubblicato sui propri canali social media un comunicato nel quale accusa Netanyahu di “proseguire nella sua tattica di rinvio e lungaggine, per motivi politici interni”.

I particolari dello scambio dei prigionieri sono oramai decisi e concordati, con un piano particolareggiato di date e numeri. Rimane sospesa soltanto la sorte dei detenuti palestinesi di lunghe condanne, che Israele vuole espellere fuori dalla loro terra natia, la Palestina e loro stessi si oppongono.

Si esclude che si possa arrivare ad una firma dell’accordo prima del 24 luglio, data del discorso di Netanyahu al Congresso USA.   

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Israele

Nel panorama politico israeliano si assiste ad una lotta clandestina tra il premier Netanyahu e il suo ministro della difesa Gallant. Il primo continua ad emettere dichiarazioni, a nome del suo ufficio stampa, nelle quali dichiara che “Israele firmerà accordi per la liberazione degli ostaggi soltanto se garantiranno la prosecuzione del conflitto fino alla realizzazione di tutti gli obiettivi”, cioè la cancellazione di Hamas. Una posizione simile serve a ritardare la firma dell’accordo e a mantenere in galla il suo governo. Gallant e anche il capo dell’esercito Halevi sono invece propensi ad accelerare i tempi dello scambio di prigionieri, “poi l’esercito di Israele è capace di affrontare le sfide”, dicono.

Un altro argomento di dissidio tra i due uomini del Likud riguarda le prime risultanze dell’inchiesta sulle responsabilità del fallimento dell’esercito di affrontare l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. Gallant sostiene che l’inchiesta dovrebbe riguardare anche l’operato del primo ministro.

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Emirati

Una condanna collettiva a 84 oppositori accusati di terrorismo per l’appartenenza alla Fratellanza Musulmana o per aver firmato nel 2011 un manifesto che chiedeva maggiori libertà d’espressione e organizzazione, nel pieno delle “primavere arabe”. È il secondo processo per gli stessi fatti, ma il trucco giudiziario è quello di cambiare la denominazione del reato. Condanne pesantissime in una seduta durata 7 minuti e alla quale non sono stati ammessi di assistere i parenti degli imputati. Il principale bi-condannato è Abdussalam Darwish Al-Marzouqi, che giace in carcere dal 2012 e non era stato rilasciato alla conclusione della sua precedente condanna a 10 anni, conclusa nel 2022. La nuova condanna è all’ergastolo. Il nuovo processo ha condannato 43 accusati per reati di opinione all’ergastolo, altri a pene detentive tra 10 e 15 anni. Un solo assolto.

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Arabia Saudita

Asaad Al-Ghamdi, 47 anni, è stato condannato a 20 anni di reclusione dalla Corte penale speciale, istituita in Arabia Saudita per esaminare i casi di terrorismo. È stato arrestato nel novembre 2022 nella sua casa di Jedda ed è stato condannato lo scorso maggio.

La notizia è stata pubblicata in questi giorni da Human Rights Watch e confermata da uno dei suoi fratelli. Le accuse si basano sulla sua attività pacifica sui social media. Chiunque si opponga alla politica ufficiale del regime viene accusato di terrorismo e processato in tribunali speciali.

Questa condanna si inserisce nel contesto di una serie di severe sentenze emesse dai tribunali sauditi per reati di opinione. Tra loro c’è il caso di Noura Al-Qahtani, condannata a 45 anni di carcere per aver utilizzato Twitter, e una ricercatrice presso l’Università britannica di Leeds, Salma Al-Shehab, condannata a 27 anni di carcere dopo che la sua pena è stata ridotta da 34 anni. Allo stesso modo, l’attivista femminista Manahil Al-Otaibi, nota per le sue opinioni liberal e l’opposizione alle leggi in materia di diritti delle donne, è stata condannata a 11 anni di carcere con l’accusa di “terrorismo”.

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Solidarietà

L’associazione italiana Fonti di Pace ha consegnato al Palestinian Medical Relief Society di Gaza un carico di latte in polvere, una merce rara e preziosa per il sostentamento dei neonati palestinesi. L’operazione di distribuzione è iniziata immediatamente da parte dei volontari palestinesi. Nel comunicato, FdP scrive: “Le madri partoriscono in condizioni difficili e dopo una gravidanza di sofferenza, con scarsa alimentazione e nutrimento adeguato per loro e per i figli. Dopo il parto i neonati hanno bisogno di sostegno alimentare vitaminico, stante anche che tante madri non riescono ad allattare i loro figli. Il latte in polvere può sopperire alle necessità alimentari del neonato”. (Per contribuire al sostegno di questa operazione umanitaria, leggi tutto: QUI)

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Notizie dal Mondo

Sono passati due anni, quattro mesi e 18 giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina.

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Mai Indifferenti. Voci ebraiche per la PACE leggi tutto

APPROFONDIMENTI:

[Echi della stampa araba] n°17: Il futuro incerto dei drusi di Israele

a cura diMargaret Petrarca (Leggi tutto).

[Giornalismo] La figuraccia dei giornaloni scorta mediatica del genocidio a Gaza. di Farid Adly Qui

[Finestra sulle Rive Arabe] “Il mare nella letteratura araba contemporanea”, di Antonino D’esposito. QUI

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1 commento

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