di Farid Adly
Ho conosciuto Mario Capanna nei primi giorni dell’ottobre 1970, negli uffici della libreria universitaria della Statale di Milano, CUEM. Facevo parte del direttivo dell’Unione Generale degli Studenti Libici (GULS) e quell’incontro serviva per chiedere al Movimento Studentesco della Statale di organizzare la commemorazione per la scomparsa del presidente egiziano, Giamal Abdel-Nasser, morto il 28 settembre. Ci hanno accolto Mario e Turi Toscano, i due massimi dirigenti del movimento e ne è nato un evento straordinario. Mario, con la sua voce inconfondibile e il suo senso pratico dell’organizzazione politica, ha avanzato subito la proposta di coinvolgere il professore Guido Valabrega, storico esperto del Medio Oriente e della questione palestinese. La manifestazione pubblica all’Aula Magna della Statale è stata strepitosa; moltissima gente e non solo studenti, aveva partecipato con passione politica e vicinanza con la lotta del popolo palestinese e dei popoli arabi. Le mura dell’edificio tremavano al grido ritmato dei militanti del Movimento: “Al-Fatah-Al-Fatah, Al-Fatah vincerà!”. La morte di Nasser in effetti era legata alle vicende della causa palestinese. Erano i giorni subito dopo la carneficina del settembre nero di Amman, quando dopo 10 giorni di bombardamento ininterrotti re Hussein di Giordania distrusse la sua capitale e i campi profughi palestinesi, uccidendo 20 mila combattenti e civili, palestinesi e giordani. Il presidente egiziano ha messo tutto il suo impegno per spegnere quel fuoco, che minava la causa araba, e condusse trattative febbrili per giungere al cessate il fuoco e un accordo che salvaguardasse la resistenza palestinese. Poco dopo la partenza dei presidenti e monarchi arabi dal Cairo, Nasser cadde vittima del super affaticamento, che il suo cuore non supportò. Era un simbolo di unità e di riscossa per il risveglio arabo e non solo egiziano e quella commemorazione alla Statale di Milano era in qualche modo un riconoscimento di quella figura.
L’impegno e la vicinanza di Mario Capanna con la causa palestinese era precedente a quell’evento; come racconta nel suo ultimo libro – scritto a quattro mani con Luciano Neri – la sua amicizia col presidente Arafat risale alla sua partecipazione ad Amman, in Giordania, come capo delegazione del Movimento Studentesco milanese al Congresso dell’Unione Generale degli Studenti Palestinesi (GUPS), agli inizi del mese di settembre 1970, poco prima dello scoppio della guerra fratricida tra i monarchici e i rivoluzionari (pag. 36).
Luciano Neri l’ho conosciuto invece soltanto per telefono, in lunghe dirette radio sulla situazione in Palestina, durante i suoi viaggi per la pace tra palestinesi e israeliani. Il suo lungo impegno su quel fronte è anche il frutto della sua carica di responsabile esteri di Democrazia Proletaria (DP) e di membro del Coordinamento europeo dei movimenti per la pace.
Il libro “Palestina-Israele” è un condensato delle battaglie per la pace in Medio Oriente, a fianco dei palestinesi e del campo della pace israeliano. Non a caso il capitolo di apertura è dedicato alla presentazione di Uri Avnery, figura di primo piano nel movimento Peace Now.
Di capitolo in capitolo, la lettura del libro dischiude pagine dell’impegno dei due autori per avvicinare i due campi, tra quelli che loro chiamano “i fratelli palestinesi e israeliani”. Sono tappe fondamentali di un cammino che non ha portato finora alla pace, ma i due autori partono da quelle esperienze anche drammatiche del passato, per aprire uno spiraglio di speranza, usando le parole dei protagonisti di quella lotta, i palestinesi e i pacifisti israeliani. La loro non è una posizione di equidistanza tra aggressori che hanno usurpato la terra di Palestina con una deportazione di massa, la Nakba del 1948, e le vittime palestinesi che con la nascita dell’OLP hanno rialzato la testa per rivendicare il diritto alla libertà e all’indipendenza, applicando la carta delle Nazioni Unite che riconosce alle popolazioni colonizzate il diritto alla lotta armata contro gli occupanti.
A pag. 27 troviamo infatti una frase del presidente Arafat: “La speranza è quella cosa che non ho perso neanche per un giorno durante la mia vita”. Una frase che condensa non solo l’esperienza del leader, ma di tutto il suo popolo. Da grande affabulatore, Capanna racconta le tappe che avevano portato alla pubblicazione del libro-intervista con il Khitiar, come veniva chiamato amorevolmente Yasser Arafat dai suoi compagni e fratelli di lotta, libro realizzato alla fine degli anni ’80, poco dopo la svolta del Consiglio Nazionale palestinese di Algeri con l’approvazione della scelta dei due Stati nella terra storica della Palestina.
Il libro che ho tra le mani è un libro che racconta di libri, ma anche una testimonianza del lavoro “diplomatico” dal basso dei pacifisti nei due campi e nei movimenti internazionali. Non a caso nel libro trovano valorizzazione frasi di coraggiosi intellettuali israeliani, come per es. quelle scritte da Amos Oz: “Sono per uno Stato palestinese, perché questa è una via vitale. Tutte le altre portano alla morte” (pag. 78).
Anche le pagine dedicate alla fase attuale sono la dimostrazione di una lucida analisi della situazione, che non si lascia trascinare dalle simpatie personali e tenta di semplificare uno scontro complesso, che non coinvolge soltanto palestinesi e israeliani, e dai risultati del quale si ridisegneranno le fasi future del Medio Oriente e del Mediterraneo. È visionaria una conclusione che troviamo a pag. 94: “Senza uno Stato palestinese, che coesista in pace con quello di Israele, la guerra in Medio Oriente è destinata a continuare all’infinito”.
È incisiva anche la replica che gli autori danno alla propaganda delle penne “scorta mediatica del genocidio”. La faziosità di certi giornalisti viene smontata con capacità dialettica invidiabile. A pag. 97 e 110 troviamo scoperchiata la furbizia propagandistica, che aveva sposato a occhi chiusi la narrazione israeliana sulle false storie di decapitazioni nelle colonie della cintura di Gaza, per mano dei miliziani palestinesi. Il giornalista televisivo preso di mira aveva spiegato agli spettatori che le immagini sono scioccanti e per questo motivo non le avrebbero tramesse. Il commento degli autori è esemplare, breve e tagliente: “è una frase atta a rafforzare l’errore. In verità le foto non le aveva, ma la faccia tosta sì”. Vi lasciamo con la curiosità su come è stata demolita a pag. 100 l’iniziativa propagandistica pro-Israele della presidente del consiglio italiano.
La seconda parte del libro, scritta da Luciano Neri, affronta tutta una serie di analisi sulla nascita di Hamas e lo scontro inter-palestinese che portò alla rottura dopo le elezioni legislative del 2006. Un giudizio duro ma documentato sul movimento islamista, sezione palestinese della Fratellanza Musulmana. Interessante la citazione della dichiarazione del generale di brigata Yitzhak Segev, che nel 1980 era il governatore militare di Gaza, in una intervista al New York Times ha affermato che “Israele ha aiutato Hamas per contrastare l’OLP. Io gestivo un consistente budget finanziario dato dal governo israeliano, e le autorità militari hanno deciso di girarle alle moschee”. E quella di un altro militare israeliano, Avner Cohen, del 2019, “Dobbiamo ammettere con rammarico che Hamas è una creatura anche di Israele”.
Oltre alle analisi politiche, nel libro si narrano i tentativi di far incontrare i leader palestinesi con i capi dei movimenti pacifisti israeliani oppure delle iniziative un po’ “capricciose” come quella, durante la prima Intifada, di incatenarsi a tra lampioni della luce a Ramallah, per protesta contro la repressione israeliana della rivolta popolare pacifica del popolo palestinese. Da deputato che faceva parte di una delegazione di pace italiana, Mario Capanna, insieme a Luciano Neri e Luciano Tavernelli, si è incatenato e esposto dei cartelli scritti in inglese “Due popoli, due Stati”, e altre parole d’ordine di pace e contro la repressione. L’incontro e la gioia dei ragazzi palestinesi, una delegazione di donne con i dolci tipici palestinesi offerti e poi l’abbraccio con un dirigente del movimento dell’Intifada sono descritte con un puntiglioso orgoglio di appartenenza al grande movimento per la pace. Il dialogo con i soldati israeliani è spassoso e consiglio la sua lettura (pagg. 118-128).
Il libro è corredato con una serie di documenti delle proposte dei movimenti per la Pace in Medio Oriente.
Un libro necessario, per chiarire a molti, soprattutto alle giovani generazioni, che la questione palestinese-israeliana affonda le sue radici in un passato di aggressioni, occupazioni, usurpazioni e deportazioni di milioni di palestinesi e non è nato il 7 ottobre 2023.
Grazie Mario, grazie Luciano!
Farid Adly
Mario Capanna, Luciano Neri, “PALESTINA ISRAELE, il lungo inganno, la soluzione imprescindibile”, MIMESIS, marzo 2024, 18.00 €.