Operatori sanitari e tortura nel contesto del Genocidio in atto in Palestina

L’azione genocidaria di Israele in atto da quasi dieci mesi sulla popolazione di Gaza si è distinta, come mai in passato, con un attacco sistematico e pervicace alle strutture e al personale sanitario, in un evidente tentativo di stroncare le strutture fondamentali e necessarie a sostenere la resistenza del popolo palestinese. 

Uno degli aspetti più degradanti e significativi di tale intento è l’uso crescente, come mai in passato, della tortura come vero e proprio strumento di guerra.

Sanitari per Gaza in questo documento presenta una parte dell’evidenza disponibile sull’uso della tortura da parte di Israele su militari, civili e sanitari palestinesi e ne discute le implicazioni sanitarie, deontologiche e giuridiche nell’ambito del conflitto in corso. 

Data la rilevanza anche etico-politica del documento ne chiediamo la piu ampia e completa diffusione e visibilità.

Il ruolo della tortura nell’attuale genocidio a Gaza da parte di Israele
Il ruolo della tortura nell’attuale genocidio a Gaza da parte di Israele: focus sulle uccisioni, i rapimenti e le torture degli operatori sanitari; la prassi del personale medico israeliano nel sistema di detenzione dell’apartheid palestinese è in conflitto con il diritto umanitario e l’etica professionale.
Sommario:

Questo documento ha lo scopo di rivedere brevemente l’ampia documentazione sull’uso prolungato e sistematico della tortura sui prigionieri di guerra, sui civili e sul personale sanitario da parte di Israele come strumento per tentare di impedire l’esistenza dei civili
e spezzare la resistenza della popolazione palestinese all’occupazione.
Gli aspetti storici, legali, etici e sociali coinvolti nella pratica della tortura da parte dell’esercito israeliano, spesso con la complicità del personale sanitario, sono presentati in breve.

La complicità medica nella tortura è rifiutata e denunciata da alcuni individui e organizzazioni israeliane.

Rafforzate dalla condanna di parte della comunità internazionale, le testimonianze a disposizione supportano fortemente l’idea che la tortura, oltre che illegale, è ben lungi dall’essere utilizzata semplicemente per ottenere informazioni o confessioni dai prigionie-
ri, sospettati con o senza fondamento fattuale. Essa piuttosto è utilizzata come strumento per perseguire una politica di sostituzione e di guerra che mira a disarticolare istematicamente la resilienza dei palestinesi nel perseguire l’autonomia nella loro patria e opporre una legittima resistenza allo status quo della propria occupazione.
Nella guerra in corso, l’ostinazione e la furia contro il personale sanitario a Gaza e il coinvolgimento di professionisti medici israeliani nella tortura appaiono evidenti, dato che hanno un ruolo centrale nel progetto genocida di “eliminazione delle condizioni di vita” per
la popolazione di Gaza.
Qui documentiamo brevemente questi aspetti.
Per una prospettiva più dettagliata sugli attacchi alle strutture mediche, che sono paralleli a questo progetto genocida, vedi il report che sanitari per Gaza ha redatto
“La distruzione del sistema sanitario a Gaza, Aprile 2024” scaricabile gratuitamente in italiano ed inglese al link: https://linktr.ee/sanitaripergaza


La tortura ha una definizione legale nell’Articolo 1 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (UNCAT, 1) in vigore dal 1987, firmata e ratificata nell’ottobre 1991 da Israele.

Articolo 1.
Ai fini della presente Convenzione, il termine “tortura”
significa qualsiasi atto mediante il quale un dolore o

una sofferenza gravi, fisici o mentali, sono intenzional-
mente inflitti a una persona per scopi quali ottenere

da questa o da una terza persona informazioni o una
confessione, punirla per un atto che essa o una terza

persona ha commesso o è sospettata di aver commes-
so, o intimidirla o costringerla o una terza persona, o

per qualsiasi motivo basato su una discriminazione di

qualsiasi tipo, quando tale dolore o sofferenza sono in-
flitti da o su istigazione di o con il consenso o l’acquie-
scenza di un pubblico ufficiale o di un’altra persona

che agisce in veste ufficiale. Non include il dolore o
la sofferenza derivanti solo da, inerenti o accessori a
sanzioni legittime.
La convenzione è vincolante per ciascun firmatario
anche in circostanze di guerra o conflitto.
Articolo 2

  • 1. Ogni Stato Parte adotta misure legislative, ammi-
    nistrative, giudiziarie o di altro tipo efficaci per pre-
    venire gli atti di tortura in qualsiasi territorio sotto la

sua giurisdizione.

  1. Nessuna circostanza eccezionale, di qualsiasi tipo,
    che si tratti di stato di guerra o minaccia di guerra,

instabilità politica interna o qualsiasi altra emergen-
za pubblica, può essere invocata come giustificazione

della tortura.

  1. Un ordine di un ufficiale superiore o di un’autorità
    pubblica non può essere invocato come giustificazione
    della tortura.
    Amnesty International (2) ha inoltre sottolineato che,
    sebbene il diritto internazionale faccia una distinzione
    tra tortura e altre forme di maltrattamento, le proibisce

tutte in modo assoluto e incondizionato, come nell’ar-
ticolo 7 dell’UNCAT “nessuno può essere sottoposto

a tortura o a trattamenti o punizioni crudeli, inumani o
degradanti”.
La Dichiarazione universale dei diritti umani

(UDHR- https://www.un.org/en/about-us/universal-de-
claration-of-human-rights) adottata dall’Assemblea

generale delle Nazioni Unite a Parigi il 10 dicembre

1948 è il documento fondamentale nella storia dei di-
ritti umani. Tutti i 193 stati membri delle Nazioni Unite

hanno ratificato almeno uno dei nove trattati vinco-
lanti influenzati dalla Dichiarazione, con la stragrande

maggioranza che ne ha ratificati quattro o più. Israele,
che si è autodichiarato indipendente solo il 14 maggio
1948, ha firmato la Convenzione il 3 luglio 1990 e l’ha
ratificata il 4 agosto 1991.


La UDHR, è non vincolante ma ha ispirato l’adozione
di oltre settanta trattati sui diritti umani applicati oggi

in modo permanente a livello globale e regionale. L’ar-
ticolo 5 della Dichiarazione afferma che “Nessuno può

essere sottoposto a tortura o a trattamenti o punizioni

crudeli, inumani o degradanti”. Dalla DUDU discende

anche la Convenzione contro la tortura, i tratta-
menti e le punizioni crudeli, inumani e degradanti

adottata dall’ONU nel 1984 e ratificata fino ad oggi
da 173 stati, tra cui Israele

Non tutti gli stati firmatari hanno concesso un’imme-
diata attuabilità o un rispetto continuativo della con-
venzione.

Come tutte le leggi internazionali che comportano li-
mitazioni per i poteri degli stati membri, ha incontrato

difficoltà e applicazioni diversificate.
La strada per l’abolizione effettiva e la fine della
tortura e dell’abuso di potere a livello globale è
ancora lunga e cruciale (3).
Istituzioni mediche internazionali e tortura
Durante l’Olocausto alcuni dottori svolsero un ruolo
attivo nelle torture effettuate nei campi di prigionia,
vedasi il Dr Josef Mengele.
Da queste esperienze prese spunto un percorso che
portò alla creazione nel 1947 della “World Medical
Association” (WMA) per regolamentare la moralità
della professione medica apportando un’importante
aggiunta al giuramento di Ippocrate e introducendo il

dovere del medico di non discriminare in base all’affi-
liazione religiosa, nazionale, politica o sociale del suo

paziente.
Nel 1949 la WMA ha pubblicato il Codice di etica
medica. Nel 1956 ha redatto le regole da applicare nei
conflitti armati.
La Dichiarazione di Tokyo, considerata il documento
di riferimento a livello internazionale, è stata adottata
dalla WMA nel 1975 e stabilisce 6 principi guida in
materia di tortura.

Nel 1982, l’ONU ha adottato un documento per rego-
lamentare l’etica medica in termini di comportamento

dei dottori con prigionieri di guerra o conflitti armati.

In particolare, proibisce ai medici e a tutto il perso-
nale paramedico di praticare la tortura e stabilisce

che i prigionieri di guerra hanno diritto alle cure e ai
trattamenti medici alla pari degli uomini liberi.

Torturare i prigionieri palestinesi:
una vecchia tradizione di Israele
Sebbene Israele abbia dovuto affrontare notevoli
critiche da parte dei sostenitori dei diritti umani in
merito al trattamento generale dei palestinesi da parte

dell’occupazione, nulla si è dimostrato più problema-
tico, in termini sia di immagine di sé che di immagine

nel mondo, della presunta tortura dei palestinesi. È

sorprendente che in un regime democratico autodefi-
nito come può apparire a prima vista Israele, con un

sistema legale ben sviluppato, firmatario dell’UNCAT,
la complicità medica nel facilitare la tortura sia iscritta
nella legge.
Due importanti pronunciamenti legali sulle pratiche
di interrogatorio ammissibili nei Territori Occupati, il
Rapporto della Commissione Landau del 1987 e l’Alta
Corte di Giustizia (HCJ) del 1999, si sono pronunciati

specificamente su questo problema, affrontando i meto-
di di interrogatorio del Servizio di Sicurezza Generale

(GSS) e hanno permesso di intravedere i contorni, se

non i dettagli, delle pratiche di interrogatorio israelia-
ne.

La Commissione Landau, presieduta dall’ex giudice
della Corte Suprema israeliana Moshe Landau, fu
nominata nel maggio 1987 per indagare sui GSS, noti
anche come “metodi di interrogatorio dello Shin Bet in

relazione ad attività terroristiche ostili”, e sulle testi-
monianze in tribunale relative agli interrogatori dei

palestinesi.
La Commissione scoprì che dal 1971 la politica
degli interrogatori del GSS era quella di estorcere
confessioni ai palestinesi tramite mezzi coercitivi
e di spergiurare di fronte ai tribunali militari per
nascondere il fatto di aver estorto confessioni.
Inoltre, gli agenti del GSS mentivano sistematicamente
ai giudici militari in merito all’uso della tortura per
estorcere confessioni ai detenuti palestinesi e che la
pratica era diventata di routine, distribuita tramite
il GSS secondo linee guida!

La sentenza del 1999 dell’Alta Corte di Giustizia getta

ulteriore luce sulle pratiche degli interrogatori israelia-
ni e sulla tolleranza per “pressioni moderate” durante

gli interrogatori.
La soluzione legale delle contraddizioni fu trovata

dalla Commissione Landau, che genericamente am-
mette “pressioni fisiche e psicologiche moderate” (4)

Landau (paragrafo 4.7) sebbene specifichi che i criteri
di urgenza debbano essere soddisfatti, questi ultimi non
sono collegati alla necessità che vi sia una valutazione
fattuale o una successiva responsabilità (5).
Il comitato ONU contro la tortura ha affermato che
il rapporto della Commissione Landau, consentendo
come fa la “pressione fisica moderata” come modalità
legale di interrogatorio, “è completamente inaccettabile
per questo comitato”.

La tortura, ampiamente documentata dalla stampa in-
ternazionale e dalle principali ONG per i diritti umani

contro i prigionieri palestinesi negli ultimi 10 mesi,
compresi gli operatori sanitari, illustra un cambiamento

di paradigma sia nelle modalità disumanizzanti impie-
gate sia nell’intento genocida che trasmette.

Infatti, a differenza della tortura degli anni passati,
volta a estorcere una confessione individuale a un
prigioniero politico, documentata lungo tutto il suo
svolgimento per ottenere deleghe e per spaventare
preventivamente ogni dissenso, la tortura praticata
in questi mesi contro i palestinesi ha il chiaro scopo

di sterminio morale e di civiltà di un’intera popola-
zione.

Una funzione storica della tortura è quella di estrarre
informazioni dalle persone, ma minacciare o torturare
una buona parte o un’intera popolazione ha l’obiettivo
implicito di ridurre l’intera popolazione a un’unica
lingua.

Il torturatore al potere si rappresenta come l’incar-
nazione dei “buoni valori” e la tortura diventa un

modo per confinare coloro che non sono d’accor-
do e/o non si conformano a queste pratiche, come

portatori di valori “cattivi”, pericolosi e fuori dal
sistema.
Ogni persona dissenziente deve conformarsi con la
forza e la violenza.

Per Francoise Sironi, “la tortura moderna si trova spes-
so in società che sono deculturalizzate o che stanno

subendo un rapido processo di deculturazione” (Siro-
ni, Françoise. Bourreaux et Victimes: Psychologie de

la torture. Odile Jacob) e diventa parte integrante di
questo processo.

Marcello Vignar definisce la tortura come una condan-
na a privare della struttura identitaria che ci definisce

come persone “qualsiasi comportamento intenzionale,
qualunque sia il metodo utilizzato, che abbia lo scopo

di distruggere le convinzioni della vittima”, e conside-
ra gli autori, emissari del potere violento, utilizzato

per ottenere la sottomissione totale e la paralisi dei
governati.
La tortura è quindi lo strumento attraverso cui si tenta

di “devitalizzare”, “disattivare” coloro che sono con-
siderati un pericolo per l’ordine costituito. “Il gesto

del carnefice”, scrive Michel de Certeau, “marca
nella carne quell’ordine che vuole ottenere l’assenso
attraverso la sottomissione”.
In questo contesto, l’attuale incremento della tortura

dei prigionieri palestinesi da parte di Israele sta ag-
giungendo prove a favore del “presunto genocidio”

prefigurato dalla Corte internazionale di giustizia, e sta

supportando le prove di una chiara intenzione di dan-
neggiare ampiamente una specifica comunità umana.

Attraverso la tortura di un singolo individuo, è in realtà
il gruppo a cui quella persona appartiene a essere preso
di mira: la “parte collettiva” dell’individuo viene

attaccata, la parte che lo collega a un gruppo desi-
gnato come bersaglio dall’aggressore, minacciando

e condannando il legame tra quel dato individuo e il
suo gruppo collettivo.
Peculiarità e profondità degli obiettivi
nell’amministrazione ed estensione
della tortura in Israele

Di seguito alcuni punti che illustrano la particolari-
tà della situazione:

  • Tortura e Apartheid: la tortura nei territori pale-
    stinesi occupati (oPt) è riservata ai palestinesi e nelle

carceri israeliane non è tortura equamente per tutti, ma
è consentita nei confronti della popolazione occupata,
per la quale è stato istituito un sistema legale militare

separato con regole, personale e procedure diverse da
quelle degli organi di giustizia civile che governano
Israele.

Come parte aggiuntiva di questo regime di apar-
theid, accordi legali sono stati introdotti dalla commis-
sione Landau nel 1987 per consentire l’uso di “mode-
rata quantità di forza fisica durante l’interrogatorio”

da parte dei militari; questo è stato considerato una
legalizzazione di fatto della tortura dagli organismi
delle Nazioni Unite.

  • Detenzione amministrativa: la “presunzione” è
    applicata per giustificare le detenzioni: i palestinesi
    commettono crimini di ribellione e terrorismo. L’uso
    di questo pregiudizio giustifica le cosiddette regole di
    “detenzione amministrativa”. Le persone vengono
    detenute amministrativamente fino a 6 mesi senza
    accusa e senza la prospettiva di un processo, e sono

soggette a reiterazione indeterminata di incarcera-
zione o di re-incarcerazione in qualsiasi momento,

una forma di tortura e intimidazione in sé, anche quan-
do sono fuori dalla prigione. Essenzialmente un modo

per prendere la vita delle persone in ostaggio.

  • Tortura equamente per tutt*: tra i palestinesi il
    sistema non distingue per età, sesso o disabilità. I
    minori e le persone malate vengono trattenute e trattate
    male come gli adulti sani. Il caso di Ahmad Manasra
    è esemplare della tortura applicata anche ai minori
    (6).
  • Tortura come punizione: la tortura nelle carceri isra-
    eliane non è limitata solo al tempo degli interrogatori,

ma è usata come procedura prolungata e come punizio-
ne, raggiungendo forme estreme anche per i detenuti

amministrativi, come nel caso di Khader Adnan, che
è stato lasciato morire nel 2023 nel corso di uno
sciopero della fame nel quale chiedeva un processo

o la liberazione dalla sua 13esima reclusione ammi-
nistrativa e dal settimo anno di detenzione (7).

  • Tortura nella malattia: la tortura si attua anche
    tramite la negazione delle cure mediche e del ritorno
    a casa per i prigionieri malati terminali, come nel caso
    di Walid Daqqa che aveva scontato 38 anni su 40 di
    condanna ed è stato costretto a morire in carcere
    (8).
    Quanto sopra illustra come nel regime di tortura
    israeliano sia centrale il ruolo della complicità/
    inadeguatezza medica e della mancata assistenza
    sanitaria; nonostante ciò dal 7 ottobre la tortura ha
    raggiunto un picco diverso di intensità, pervasività e
    persistenza durante tutto il periodo di detenzione.
    I seguenti sono particolarmente approfonditi nel
    presente opuscolo.
  • Tortura per punire la comunità: l’incarcerazione

con finalità di tortura non serve solo a estorcere infor-
mazioni, ma ha anche il ruolo di punizione preventiva

e intimidazione di intere famiglie e comunità.

Questa caratteristica si è rafforzata a partire dal 7 otto-
bre comportando l’incarcerazione di 9.500 persone in

Cisgiordania e il rapimento di 3-5.000 palestinesi nel
corso di rastrellamenti effettuati dall’esercito israeliano
nelle strade, nelle case, nelle scuole, negli ospedali.

Per lo più non c’erano accuse nei confronti dei desapa-
recidos e la quasi totalità dei rilasciati ha subito torture.

  • Tortura e personale sanitario: nel contesto degli
    attacchi a Gaza un numero sproporzionato di personale
    medico e di operatori umanitari e assistenziali è stato
    ucciso o rapito in modo mirato; il personale sanitario

sequestrato è stato torturato con particolare aggressivi-
tà, provocando la morte di almeno due medici.

  • Il sequestro dei guaritori: la detenzione e l’abuso di
    operatori sanitari, un gruppo protetto dalle leggi e dalle
    convenzioni internazionali, ha un impatto profondo
    che priva l’intera popolazione delle cure perseguendo
    l’intento genocida di Israele.
  • Progetto genocida: La sproporzionata presa di mira
    di operatori sanitari va di pari passo con la deliberata
    distruzione di tutte le strutture sanitarie a Gaza e il
    blocco di forniture mediche, strumenti e carburante per
    gli ospedali.
    Si conferma anche in questo caso l’intenzionalità
    nell’ostruire il potenziale funzionamento e la futura
    ripresa del sistema sanitario gazawi. La disattivazione

del sistema sanitario ha cascate di conseguenze, au-
mentando l’insicurezza e la morte ed è comprensibile

solo come un tassello del progetto genocida comples-
sivo che l’attuale assalto militare criminale desidera

esplicitamente raggiungere.
Tutto quanto sopra pone Israele al di fuori dei confini
delle regole e delle leggi internazionali.

  • Metodi di tortura: mentre i metodi di tortura segna-
    lati di recente includono quelli noti da almeno 50 anni

(2), ciò che è cambiato radicalmente dal 7 ottobre è la
continuità nella coercizione, il fatto che la tortura non
è utilizzata solo per estorcere informazioni, ma come
mezzo per punire la resistenza pacifica civile, come

quella del personale sanitario che si rifiuta di abban-
donare i pazienti, e la tortura è imposta senza limiti

fino al punto di determinare la morte e la perdita della
mente.
Per le ferite inferte si arriva addirittura ad effettuare
amputazioni.

Tra i metodi di tortura testimoniati dai prigionieri rila-
sciati si contano: l’imposizione di privazioni estreme

nell’alimentazione, nell’igiene collettiva e personale;
la privazione e/o l’assalto sensoriale e la negazione
della libertà di posizionare il proprio corpo nello
spazio per lunghi periodi. Queste torture emergono
dalle parole e dalle cicatrici visibili sui loro corpi.
Anche il numero di morti in prigione in questi 9 mesi è
aumentato in un modo mai visto prima.

  • Segni di Tortura: la documentazione della tortura

attuale e passata è abbondante e la sua negazione è

impossibile. Dal 2023 tutti i prigionieri gazawi rilascia-
ti dal carcere, controllati dall’UNWRA e dalla Croce

Rossa Internazionale, mostrano una grave perdita di
peso, la maggior parte ha ferite su polsi e caviglie dove
sono stati applicate fascette di plastica 24 ore su 24.
Molti hanno segni di colpi, ustioni o morsi di cane,
hanno subito fratture, riportano perdita di orientamento
e disturbi alla vista. Numerose video-testimonianze
documentano il loro disagio fisico e psicologico.
Almeno 49 detenuti sono morti e tra loro 2 medici, i
cui corpi sono tuttora tenuti sotto sequestro da Israele.
Migliaia di persone rapite dopo il 7 ottobre sono state
rilasciate dopo periodi di tempo che variano dalle 2
settimane agli 8 mesi, la maggior parte è stata detenuta
senza accusa o processo. Un certo numero di operatori
sanitari rilasciati di recente corrobora e conferma le
testimonianze del personale dell’UNWRA e della gente
comune rapita da Gaza e dalla Cisgiordania (7).

  • Complicità medica: La complicità del personale me-
    dico israeliano è stata recentemente segnalata dai whi-
    stleblower medici che lavorano nelle carceri israeliane

(9) ed è documentata in numerosi rapporti di ONG e
articoli di testate israeliane e palestinesi (10).
La complicità medica assume varie forme in Israele:
partecipazione attiva alla tortura, consulenza su come

gestire la tortura, negazione delle cure necessarie ai de-
tenuti torturati. Inoltre, il personale medico che lavora

nelle carceri è protetto dalla responsabilità perché non
firma le proprie raccomandazioni.
Questa complicità non è certo una novità, ma non è
mai stata riconosciuta come una violazione dell’etica
medica e del giuramento ippocratico da parte di Israele
o dell’Associazione medica israeliana (11).

Tuttavia, i medici israeliani che sono partner e com-
piono torture non solo rinnegano il loro giuramento

professionale, ma anche le disposizioni internazionali
che regolano il comportamento degli operatori sanitari

KHADER ADNAN

come la dichiarazione di Tokyo (12); queste impongo-
no al personale medico di non causare danno a nessu-
no, nemmeno in un contesto di guerra.

Le regole di Tokyo possono essere riassunte in: non
essere presente in contesti di tortura, denunciare se si
è a conoscenza dell’uso della tortura, evitare di usare
qualsiasi intervento medico non richiesto dalla persona
e ignorare sempre le richieste restrittive delle autorità
che richiedono il tuo coinvolgimento sulla persona
detenuta.
La complicità medica nella tortura in Israele è stata

ampiamente denunciata da molto tempo, ma le associa-
zioni mediche locali e mondiali hanno ignorato queste

denunce dal 1994.
La complicità delle associazioni mediche in tutto il
mondo è una grave violazione della loro legittimità.

Promemoria: tutte le norme internazionali che proi-
biscono la tortura sono vincolanti anche in contesti di

guerra e conflitto (12).

  • La punizione del personale sanitario: Le ragioni
    e i mezzi della tortura sui prigionieri di Gaza e sugli
    operatori sanitari suggeriscono che una delle funzioni
    primarie della sua brutalità estesa 24 ore su 24 non sia
    solo quella di ottenere informazioni, ma sia quella di
    annientare le forze vitali, l’identità e la dignità dei
    capisaldi del sistema sanitario e provocare il suo
    collasso definitivo, quindi un corollario al genocidio e
    alla pulizia etnica di Gaza.
    Prendere di mira preferibilmente gli operatori sanitari
    nel 2023-24 è anche una punizione alla loro resistenza
    collettiva all’ordine di abbandonare gli ospedali e i
    pazienti all’esercito invasore.
    I nostri colleghi a Gaza hanno svolto al meglio e fino
    in fondo il loro dovere di cura, col rischio di venire
    uccisi dai cecchini o rapiti sotto la minaccia delle armi
    mentre facevano fronte alla mancanza di medicinali,
    materiali monouso, elettricità, cibo, acqua.
    I loro strumenti sono stari: bisturi, stetoscopio e mani
    guantate, mentre facevano fronte all’assedio con
    grande sforzo e compassione. Questa resistenza è stata
    ampiamente documentata dalla stampa.
    Riferimenti:

1- La Convenzione contro la tortura e altre pene o tratta-
menti crudeli, inumani o degradanti (la “Convenzione sulla

tortura”) https://www.ohchr.org/en/instruments-mechanisms/

instruments/convention-against-torture-and-other-cruel-inhu-
man-or-degrading.La Convenzione è entrata in vigore il 26

giugno 1987 https://legal.un.org/avl/ha/catcidtp/catcidtp.
html#:~:text=The%20Convention%20against%20Torture%20
and,been%20ratified%20by%2020%20States.
2- Indice AI: MDE 15/03/94
3-The Ethics of Torture: Definitions, History, and Institutions
https://doi.org/10.1093/acrefore/9780190846626.013.326
4- https://en.wikipedia.org/wiki/Landau_Commission

5-Amnesty International, July 1991. AI Index:MDE 15/34/91-
page 45. “Documento – Israele e i territori occupati: il sistema

giudiziario militare nei territori occupati: detenzione, interro-
gatorio e procedure processuali.” pagina 45.

6-https://english.elpais.com/international/2023-12-05/palesti-
nian-minors-imprisoned-in-israel-sooner-or-later-i-was-going-
to-lose-my-mind.html

https://resourcecentre.savethechildren.net/document/defence-less-impact-israeli-military-detention-palestinian-children

https://www.amnesty.org/en/latest/news/2022/06/israel-opt-pa-
lestinian-prisoner-arrested-as-a-child-ahmad-manasra-still-in-
prison- nonostante-il-peggioramento-della-salute-mentale/

https://www.instagram.com/ahmedeldin/reel/C1koGfWLeb5

https://www.change.org/p/freeahmadmanasra?recrui-ter=39332177&recruited_by_id=2f0a6ec0-4888-0130-b5dc-3c764e049c4f&utm_source=share_petition&utm_campaign

=share_petition&utm_term=share_petition&utm_mediu-
m=whatsapp&utm_content=washarecopy_32610692_en-U-
S%3A0

7-https://www.amnesty.org/en/latest/news/2023/05/

israel-opt-death-of-khader-adnan-highlights-isra-
els-cruel-treatment-of-palestinian-pris https://edition.cnn.

com/2024/05/10/middleeast/israel-sde-teiman-detention-whi-
stleblowers-intl-cmd/index.html oners/#:~:text=In%20to-
tal%2C%20he%20spent%20eight,muori%20da%20solo%20

nella%20sua%20cella.

8-https://www.aljazeera.com/news/2024/4/7/terminally-ill-pale-
stinian-prisoner-walid-daqqa-dies-in-israeli-custody

9-https://www.ohchr.org/en/press-releases/2024/05/isra-
el-un-expert-calls-probe-allegations-torture-and-mistreat-
ment-against

https://www.un.org/unispal/document/auto-insert-187447/
https://www.bbc.com/news/world-middle-east-68514816

https://www.unrwa.org/resources/reports/detention-and-alle-ged-ill-treatment-detainees-gaza-during-israel-hamas-war

https://mezan.org/en/ post/42548/FACTSHE-
ET:%C2%A0%C2%A0TORTURE-AND-CRUEL,-INHU-
MAN-AND-DEGRADING-TREATMENT

https://www.youtube.com/watch?v=UBcy9O2DuzI
https://www.youtube.com/watch?v=VnwUci-LLSA

https://www.aljazeera.com/news/2024/4/17/the-thou-sands-of-palestinians-israel-arrests-tortures-hold-even-in-de-ath

https://www.newarab.com/analysis/systematic-torture-gazans-i-sraels-secret-prisons

10-https://edition.cnn.com/2024/05/10/middleeast/isra-
el-sde-teiman-detention-whistleblowers-intl-cmd/index.html

11- D. Summerfield. La regolamentazione internazionale della

complicità medica con la tortura è in gran parte un abbelli-
mento? Il caso di Israele e le lezioni di un appello etico medico

durato 12 anni. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/34131004/

12-https://www.wma.net/policies-post/wma-declara-
tion-of-tokyo-guidelines-for-physicians-concerning-tortu-
re-and-other-cruel-inhuman-or-degrading-treatment-or-puni-
shment-in-relation-to-detention-and-imprisonment/

COMPLICITÀ MEDICA CON LA
TORTURA E LA ASSOCIAZIONE
MEDICA ISRAELIANA

Complicità medica nella tortura
La complicità medica nella tortura può comportare
una partecipazione attiva o passiva.
Gli esempi di partecipazione attiva includono l’uso
di conoscenze mediche per supportare le tecniche di
interrogatorio, la supervisione dell’uso di sostanze

chimiche per la tortura, la fornitura di rapporti medi-
ci falsi.

La partecipazione passiva, come la mancata de-
nuncia delle torture, è spesso meno riconosciuta e

punita.
Qualsiasi complicità medica nella tortura viola
fondamentalmente l’etica medica e la legge sui

diritti umani. I codici etici medici vietano agli ope-
ratori sanitari di assistere alla tortura.

In Cile, dopo la fine del regime di Pinochet, durante

il quale centinaia di cittadini furono torturati, l’Asso-
ciazione medica cilena indagò ed espulse numerosi

medici coinvolti nella tortura.
In Sud Africa due medici sono stati puniti per non
aver curato o denunciato le ferite mortali inflitte nei
confronti dell’attivista antiapartheid Steve Biko.
Gli esempi di complicità medica nella tortura e di
fallimento delle organizzazioni mediche nell’agire
in merito non sono solo storici. Il rapporto del PHR

“Aiding Torture” richiedeva un’indagine indipenden-
te sul ruolo degli operatori sanitari (medici e psico-
logi) in casi noti di tortura nelle carceri dove sono

detenuti sospetti terroristi.

Questo rapporto si avvaleva di un documento tra-
pelato dalla Croce Rossa Internazionale, in cui si

affermava che medici impiegati dalla CIA erano

presenti a Guantánamo per monitorare i meto-
di di tortura, tra cui il water boarding e l’incate-
namento. Il rapporto concludeva che “la presunta

partecipazione del personale sanitario al processo
di interrogatorio e, direttamente o indirettamente,
all’inflizione di maltrattamenti costituisce una grave

violazione dell’etica medica e, in alcuni casi, equiva-
le a partecipare alla tortura e/o a trattamenti crudeli,

inumani o degradanti».
Nel Regno Unito, Medical Justice ha documentato
il fallimento della “Regola 35”, la regola dei centri
di detenzione che dovrebbe garantire che le persone
vulnerabili, comprese le vittime di tortura, non siano

detenute. Medical Justice denuncia anche l’inade-
guata documentazione delle torture da parte degli

operatori sanitari che lavorano nei centri di detenzio-
ne e la conseguente mancanza di cure adeguate.

Il recente rapporto di Medact “Preventing Tortu-
re” affronta il divario tra i codici etici e la pratica

medica.
Fonte:

  • https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/
    PMC3526851/#:~:text=Medical%20complicity%20

in%20torture%20is%20active%20or%20passi-
ve%20participation%20by,and%20failure%20to%20

report%20torture.
Come i medici carcerari israeliani assistono
alla tortura dei detenuti palestinesi
“Non userò le mie conoscenze mediche per violare i
diritti umani e le libertà civili, anche sotto minaccia.”

Questa è una linea del The Physician’s Pledge adot-
tata dalla World Medical Association nel 1948, che

guida il lavoro dei medici di tutto il mondo.
Sfortunatamente, poiché la pratica della tortura

persiste in tutto il mondo, troppo spesso gli ope-
ratori sanitari corrono il rischio di diventarne

complici. Un paese che recentemente è finito sotto
i riflettori per quanto riguarda la complicità medica
nella tortura è stato Israele.

Sebbene trattata come un fenomeno recente o singo-
lare dai mezzi di informazione occidentali, come nel-
la recente denuncia della CNN sugli orrori praticati

nel famigerato centro di detenzione di Sde Teiman,
la tortura israeliana precede di molto il 7 ottobre.
L’uso della tortura in Israele come strumento
coloniale per soggiogare e esercitare il controllo

sui palestinesi è intrecciato con la sua stessa nasci-
ta. Come scrisse nel 2010 dal carcere Walid Daqqa,

icona rivoluzionaria e letteraria palestinese: “Ciò

che accade nelle [carceri israeliane] non è solo de-
tenzione e isolamento di un popolo considerato un

rischio per la sicurezza di Israele, ma fa parte di
uno schema generale, scientificamente pianificato

e calcolato per rimodellare la coscienza palestine-
se”. La tortura israeliana è quindi istituzionalizzata

e sistematica – portata avanti dal vasto regime di
“sicurezza” di Israele e sanzionata dalle sue braccia
legali e giudiziarie. A livello internazionale, l’uso
della tortura da parte di Israele continua incontrollato
nonostante sia firmataria della Convenzione delle
Nazioni Unite contro la tortura.
Una storia di complicità medica
Le prove degli ultimi 30 anni dimostrano dunque
che i medici israeliani non rispettano questi obblighi
etici regolarmente e operano in violazione del diritto
internazionale.

Come dettagliato nei rapporti di Human Rights Wa-
tch, Amnesty International, Physicians for Human

Rights-Israel e molti, molti altri, il coinvolgimento
medico israeliano nella tortura è sistematico – e
di fatto parte integrante del regime di tortura
israeliano.
La complicità medica nella tortura si manifesta in
vari modi. Per anni, le organizzazioni per i diritti

umani hanno denunciato l’uso “diffuso e sistemati-
co” della tortura da parte delle forze di sicurezza e

delle autorità carcerarie israeliane.
Dal 2001, il Comitato pubblico contro la tortura

in Israele (PCATI) ha presentato oltre 1.400 de-
nunce di tortura contro le autorità israeliane.

Nel 2007,lo stesso PCATI ha pubblicato testimonian-
ze in cui si affermava che tra una sessione di tortura

e l’altra le vittime venivano visitate da medici che
non documentavano né denunciavano la tortura.

Nel 2009, è stato inviato un appello a nome di più
di 700 medici di 43 paesi chiedendo alla World

Medical Association (WMA) di agire contro l’As-
sociazione medica israeliana sulla base delle prove

di complicità medica nella tortura raccolte da diverse
rispettabili organizzazioni internazionali per i diritti
umani, tra cui il PCATl.
La World Medical Association (WMA) non ha
intrapreso alcuna azione e ha rifiutato persino di
prendere atto della richiesta.
Nel 2011, Physicians for Human Rights Israel
(PHRI) ha documentato il coinvolgimento implicito
dei medici carcerari nei maltrattamenti restituendo le

vittime ai perpetratori dopo cure superficiali, con-
dividendo informazioni mediche con gli aguzzini

e omettendo di documentare e denunciare torture e
maltrattamenti.

Nonostante le richieste rivolte all’Associazione me-
dica israeliana di indagare sui medici accusati, non è

stato condotto alcun esame delle cartelle cliniche né
sono state interpellate le vittime.
Nel 2016, l’organizzazione palestinese per i diritti
umani, Addameer, ha pubblicato un rapporto in
cui denunciava la politica israeliana di deliberata
negligenza medica nei confronti dei palestinesi in
detenzione.
Ha fornito in dettaglio vari casi di palestinesi a cui
sono state negate le cure in carcere e di medici che

non hanno descritto segni fisici di tortura e maltratta-
mento nelle cartelle cliniche.

Nello stesso anno, anche il Comitato delle Nazioni

Unite contro la tortura ha espresso preoccupazio-
ne per il fatto che i medici carcerari non denun-
ciassero lesioni indicative di abusi. Si raccoman-
dava inoltre che i medici carcerari israeliani fossero

posti sotto alla supervisione del Ministero della
Sanità. Ciò tuttavia non è avvenuto.

Il personale medico che lavora nelle carceri israe-
liane non è tuttora sottoposto alla supervisione del

ministero della sanità o di qualsiasi altro organismo
medico e non fa parte dell’associazione medica

nazionale. Dato che fanno capo all’autorità peniten-
ziaria piuttosto che a un’autorità sanitaria, corrono

il rischio di compromettere l’assistenza sanitaria
dei loro pazienti per preservare la loro lealtà verso i
propri superiori.
Come spiegato nello studio globale di Addameer

del 2020, Cell 26, prima dell’inizio dell’interro-
gatorio di un detenuto, i medici israeliani colla-
borano con gli interrogatori dello Shin Bet per

“certificare” o approvare che sia “idoneo” ad
essere sottoposto alla tortura. Per tutta la durata
dell’interrogatorio, un medico fornisce il “via libera”
affinché la tortura possa continuare.

Ma l’autorizzazione alla tortura va oltre un superfi-
ciale “controllo sanitario”.

Nei loro esami, gli operatori sanitari cercano
i punti deboli fisici e psicologici da sfruttare
nell’individuo.
Queste debolezze vengono condivise attivamente
con gli interrogatori per aiutarli a spezzare lo spirito
del prigioniero.
I medici israeliani nascondono anche le ferite che
osservano durante le torture.

Invece di adempiere alle proprie responsabilità eti-
che nel denunciare gli abusi, i medici falsificano o si

astengono dal documentare gli effetti fisici e psicolo-
gici della tortura sul corpo e sulla mente dei detenuti,

privando le vittime della possibilità di utilizzare
potenziali prove contro i loro torturatori.

I detenuti palestinesi raccontano che gli interroga-
tori sono addestrati a metodi di abuso progettati per

infliggere il massimo danno.
Questa conoscenza non è innata; piuttosto, secondo

Cell 26, la ricerca medica è condivisa con gli in-
terrogatori dell’occupazione israeliana per armarli

con tecniche e programmi di tortura specifici intesi
a causare sofferenze estreme ai detenuti palestinesi
lasciando prove fisiche minime.
Quando i medici sono agenti del colonialismo
La partecipazione dei professionisti medici alla

tortura – coloro il cui dovere sarebbe apparentemen-
te quello di guarire, alleviare le sofferenze e agire

nel migliore interesse dei loro pazienti – non è una
contraddizione. Indipendentemente dall’etica o dalle

leggi, il personale medico israeliano opera innanzi-
tutto come agente del regime coloniale dei coloni

israeliani. Sotto il colonialismo, tutti gli aspetti
della società colonizzatorice hanno uno scopo:
favorire l’oppressione delle persone colonizzate.
La professione medica non è diversa. Nel suo saggio
“Medicina e colonialismo”, Frantz Fanon delinea
cosa significa praticare la medicina in un contesto
coloniale. Parlando dell’Algeria francese, scrive:

“Il medico stesso… ha deciso di escludersi dal cer-
chio protettivo che i principi e i valori della pro-
fessione medica hanno intrecciato intorno a lui…

In una data regione, il medico si rivela talvolta come
il più sanguinario dei colonizzatori… così diventa il
torturatore che sembra essere un medico.”
Fanon continua: “Sul piano strettamente tecnico, il
medico europeo collabora attivamente con le forze
coloniali nelle loro pratiche più spaventose e più
degradanti”.
Accanimento successivo al 7 ottobre
Le organizzazioni per i diritti umani sia in Israele
che nei territori palestinesi occupati hanno notato un
aumento dei casi di tortura, maltrattamenti e morte
in detenzione a partire dal 7 ottobre. Alcuni hanno
indicato che questa è una politica deliberatamente
perseguita delle autorità israeliane.
Dal 7 ottobre, le accuse di maltrattamenti e torture
nei confronti dei palestinesi detenuti da Israele sono
aumentate notevolmente. Secondo Haaretz, negli
ultimi otto mesi almeno 48 palestinesi sono morti
mentre sottoposti alla detenzione militare israeliana
e 16 detentuti sono morti in prigione.
Dal 7 ottobre, il coinvolgimento dei medici israeliani
nella tortura è stato confermato dalle indagini e dalle
testimonianze dei sopravvissuti alla tortura, dalle
organizzazioni per i diritti umani e persino da alcuni
informatori israeliani.
Il 16 aprile, un rapporto spaventoso dell’Agenzia

delle Nazioni Unite ha affermato che quando tenta-
vano di ricevere assistenza medica per curare le

ferite causate dalla tortura, i prigionieri palesti-
nesi venivano invece picchiati maggiormente dai

medici della prigione.
L’11 ottobre, il ministro della Sanità israeliano ha
chiesto agli ospedali di rifiutare le cure ai palestinesi
provenienti da Gaza. Da allora, i palestinesi nelle
carceri israeliane hanno riferito che le visite mediche

venivano cancellate e che le cure mediche veniva-
no loro negate. Le norme internazionali prevedono

una visita medica all’ingresso in carcere. Tuttavia, il
PHRI ha scoperto che questo procedimento non è
stato sistematicamente implementato con gli arresti
di massa nei confronti dei palestinesi successivi al 7
ottobre. Pertanto, le équipe mediche non identifica

no le persone con bisogni medici, né documentano
maltrattamenti o torture avvenuti durante il processo
di arresto.
A marzo, gruppi per i diritti dei palestinesi hanno
presentato un appello urgente a 11 gruppi di lavoro
speciali e ai relatori speciali delle Nazioni Unite,

esortandoli ad agire contro la tortura e i maltratta-
menti effettuati dall’esercito israeliano.

Tra le numerose prove dell’uso della tortura, sono
stati riportati anche casi di medici e infermieri che

“non hanno tenuto conto e hanno ignorato i biso-
gni dei prigionieri” e “hanno ordinato alle guardie

carcerarie di attaccare e aggredire ulteriormente i
prigionieri”.
Le autorità israeliane hanno allestito nuove strutture
di detenzione militare nel deserto del Negev per gli
arrestati provenienti da Gaza. Uno di questi si trova
nella base militare di Sde Teiman.
Questo sito è stato soprannominato la “Guantanamo
israeliana” con una copertura mediatica che descrive
in dettaglio le condizioni orribili della stessa grazie
alle testimonianze degli informatori anonimi e dei
prigionieri rilasciati.
Ad aprile, un medico che lavorava a Sde Teiman ha
inviato una lettera ai ministri israeliani della difesa e

della sanità, nonché al procuratore generale, affer-
mando che le operazioni della struttura “non rispet-
tano una sola sezione tra quelle riguardanti la salute

della legge sui centri di detenzione per i combattenti
illegali”. Secondo questa persona, tutti i pazienti
sono sempre ammanettati con tutti e quattro gli
arti e bendati, anche durante le cure, e devono
quindi indossare i pannolini.
La complicità medica nella tortura include anche la
negligenza medica, una pratica deliberata e di lunga
data nelle carceri israeliane.
Un rapporto di Physicians for Human Rights-Israel
descrive in dettaglio le orribili condizioni del centro
di detenzione di Sde Teiman. Secondo il rapporto, il

personale medico sta fornendo cure a pazienti immo-
bilizzati e bendati; esegue procedure mediche inva-
sive “senza che i pazienti ricevano in anticipo spie-
gazioni sufficienti o diano il loro consenso”; si rifiuta

di somministrare cure; si rifiuta di somministrare
farmaci antidolorifici e li fornisce “esclusivamente
nei casi in cui possano aiutare le forze di sicurezza a
interrogare i pazienti”.

Inoltre, al personale medico non è richiesto di de-
nunciare o documentare casi di violenza o tortura di

cui è stato testimone, né di firmare documenti medici

con il proprio nome o numero di licenza, proteggen-
do il personale medico da potenziali indagini riguar-
danti la violazione dell’etica medica.

Nell’indagine su Sde Teiman della CNN, altri tre

informatori israeliani presso il centro di detenzio-
ne israeliano hanno rivelato come le procedure

mediche nella struttura siano “a volte eseguite da
medici sottoqualificati, tanto che si è guadagnato

la reputazione di essere ‘un paradiso per gli stagi-
sti’”. Come ha detto uno degli informatori. CNN:

“Mi è stato chiesto di imparare come agire sui
pazienti, eseguendo procedure mediche minori che
sono totalmente al di fuori della mia competenza…
semplicemente essere lì faceva sentire complice di
abusi.” La stessa persona ha anche assistito ad
amputazioni eseguite su persone che
avevano subito ferite causate dalla
contenzione ininterrotta degli arti.

Israele ha sospeso l’accesso alle carce-
ri per il Comitato internazionale della

Croce Rossa (CICR) dal 7 ottobre e a
Sde Teiman non sono state consentite visite da parte

di avvocati o familiari se non in rarissimi casi. Per-
tanto, il controllo indipendente dei centri di deten-
zione è attualmente inesistente.

Ad aprile più di 600 operatori sanitari provenien-
ti da tutto il mondo hanno chiesto la chiusura del

centro di detenzione di Sde Teiman.
Si può accedere alla petizione scansionando il codice
QR a destra.

Il personale medico che tratta questi pazienti sen-
za opporsi alle condizioni in cui sono detenuti è a

rischio di complicità medica nella tortura, e viola
così non solo i diritti umani dei pazienti ma anche la
propria etica professionale per cui la dignità umana
va rispettata e bisognae sempre agire nel migliore
interesse del paziente.
Fonte:

  • https://mondoweiss.net/2024/05/how-israeli-prison-doc-
    tors-assist-in-the-torture-of-palestinian-detainees/ – https://

www.aljazeera.com/opinions/2024/6/18/action-must-be-ta-
ken-on-alleged-complicity-of-israeli-doctors-in-torture- https://

www.haaretz.com/israel-news/2024-06-03/ty-article/.premium/

idf-conducts-criminal-investigation-into-48-deaths-of-ga-
zans-in-the-war-mostly-detainees/0000018f-dd46-db0d-a98f-d-
d4f27950000

Il sistema sanitario palestinese preso di mira

da Israele perché parte cruciale della resi-
stenza contro il genocidio

Dichiarazione del Movimento per la salute popolare
Gli attacchi contro ospedali, ambulanze e personale

sanitario sono una tattica chiave nella guerra genoci-
da contro i palestinesi a Gaza. La distruzione totale

del sistema sanitario è una parte intenzionale del
progetto di pulizia etnica del regime di apartheid
israeliano contro il popolo palestinese.
L’esercito israeliano ha inoltre aumentato gli attacchi

alla sanità in Cisgiordania dal 7 ottobre 2023. Secon-
do l’OMS sono stati registrati 480 attacchi contro

il sistema sanitario in Cisgiordania, soprattutto nei
governatorati settentrionali di Tulkarem e Jenin.
Questa non è una novità. Gli operatori sanitari e le
infrastrutture palestinesi sono presi di mira da Israele
da decenni. Ad esempio, tra il 2019 e il 2021 ci sono
stati 463 operatori sanitari palestinesi feriti dalla
violenza dell’esercito israeliano (166 in Cisgiordania
e 297 a Gaza).

Secondo il dottor Mohamed Salha, chirurgo ortope-
dico e direttore ad interim dell’ospedale Al Awda,

prendere di mira sistematicamente e deliberatamente
gli operatori sanitari ha un obiettivo chiaro: “Alla
fine, il primo obiettivo dell’esercito israeliano è stato
il sistema sanitario di Gaza. Vogliono rendere la
Striscia di Gaza completamente invivibile, e lo fanno
attaccando il sistema sanitario. Senza operatori e
servizi sanitari le persone non rimarranno”.
Negli ultimi otto mesi gli operatori sanitari di Gaza

sono stati vittime di intimidazioni, arresti e detenzio-
ni arbitrari, torture e omicidi.

Secondo Medici senza Frontiere tra il 7 ottobre 2023
e il 31 maggio 2024 sono stati assassinati almeno
493 operatori sanitari.
[Secondo i dati del Ministero della Salute al

30/06/2024 risultano 885 martiri tra gli operato-
ri sanitari]. Secondo una nuova indagine Reuters,

durante la guerra sono stati uccisi 55 medici specia-
listi, pari al 4% degli specialisti in Gaza. L’impatto

di queste perdite sul sistema sanitario sarà molto più
profondo del loro effetto immediato sulla fornitura
di servizi, poiché l’uccisione di uno specialista può
paralizzare per anni i servizi ospedalieri di intere

aree. Secondo gli specialisti del settore sanitario, ci
vorranno decenni per ricostruire il sistema sanitario
a Gaza.
Quasi 10.000 palestinesi sono attualmente detenuti

nelle carceri israeliane, di cui circa 3.500 nella co-
siddetta “detenzione amministrativa”, il che significa

che sono imprigionati a tempo indeterminato senza
accusa. Almeno 214 operatori sanitari sono stati
detenuti dalle forze israeliane mentre erano in
servizio dal 7 ottobre, con almeno 128 operatori
sanitari rimasti in detenzione al 30 maggio 2024.
Uno di loro è il dottor Ahmed Muhanna, membro
della Al Awda Health and Community Association
(AWDA), e della rete PHM. Domenica 17 dicembre

2023, i soldati israeliani hanno fatto irruzione nell’o-
spedale Al Awda a Jabalia, nel nord di Gaza. Durante

il raid hanno arrestato 21 operatori sanitari, tra cui il

dottor Muhanna, direttore dell’ospedale, che è anco-
ra detenuto nella famigerata prigione israeliana nel

deserto di Naqab.

I parenti del dottor Muhanna hanno faticato a rice-
vere informazioni adeguate sul suo stato e sulle sue

condizioni a partire dalla sua detenzione.

IL RAPIMENTO, LA TORTURA E L’UCCISIONE
DEI PROFESSIONISTI SANITARI

Il Relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto

alla salute, Tlaleng Mofokent, ha denunciato que-
sti arresti e detenzioni arbitrarie dopo la scioccante

morte del dottor Al Bursh, capo del dipartimento
di ortopedia dell’ospedale Al Shifa, nella prigione
israeliana di Ofer. “È stato detenuto mentre svolgeva
il suo dovere nei confronti dei pazienti e si prendeva
cura di loro secondo il giuramento prestato come

medico”, ha affermato il Relatore speciale il 16 mag-
gio 2024. “È morto per aver tentato di proteggere

i diritti alla vita e alla salute dei pazienti”.
Il dottor Al Bursh è stato arrestato mentre eseguiva
un intervento chirurgico all’ospedale Al Awda di
Jabalia, durante lo stesso assedio israeliano che ha
portato all’arresto e alla detenzione continua del
dottor Ahmed Muhanna.
Il collasso totale del sistema sanitario a Gaza è
imminente. Con Israele che nega deliberatamente

l’accesso ai convogli di aiuti che trasportano me-
dicinali e attrezzature mediche, compreso il carbu-
rante essenziale per mantenere operative le strutture

sanitarie, la situazione a Gaza è diventata “un disa-
stro travolgente”, secondo il dottor Rik Peeperkorn,

rappresentante dell’OMS in Palestina.
Sappiamo che decine di migliaia di palestinesi a

Gaza sono stati uccisi dalla violenza militare israe-
liana dal 7 ottobre 2023. Ma, per ora, non è chiaro

quante persone siano morte a Gaza a causa del

mancato accesso a un’assistenza sanitaria ade-
guata, a causa del blocco deliberato delle forniture

mediche alla popolazione di Gaza e dell’insensibile
rifiuto di Israele di consentire l’evacuazione medica
di migliaia di palestinesi gravemente feriti e di altre
migliaia che soffrono di malattie croniche come il

cancro e il diabete.
Fonte:

  • https://phmovement.org/palestinian-health-sy-
    stem-targetted-israel-crucial-part-resistance-a-
    gainst-genocide

MORTI CONOSCIUTE DI MEDICI
PALESTINESI SOTTO TORTURA
Iyad Al-Rantisi
Il dottor Iyad Rantisi, 53 anni, era un consulente
ostetrico e ginecologo e direttore del Complesso
medico Kamal Adwan, a Beit Lahia, nel nord della
Striscia di Gaza.
All’inizio dell’aggressione, il dottor Iyad si rifiutava
di lasciare Gaza City, scegliendo di restare con i suoi
pazienti.
Ma dopo un mese di intensi bombardamenti e assedi,
dopo aver assistito alla presa di mira nei confronti
degli ospedali, il Dr Al Rantisi ha deciso di spostarsi
con la sua famiglia. Ancora in camice dopo aver

terminato un intervento chirurgico, si è incammi-
naro a sud con la moglie, i loro figli Ahmed, 23 anni,

Dina, 19, e Muhammad, 15, e sua sorella maggiore,
Ibtisam.
Ha preso la strada indicata dalle forze israeliane,
supponendo che gli avrebbe garantito un passaggio
sicuro.

Ma né quello né la sua uniforme medica identificabi-
le hanno fatto alcuna differenza.

“Infermiere, vieni”, ha detto un soldato quando lo ha
visto, è quanto riferisce sua figlia Dina.
Quella è stata l’ultima volta che ha visto suo padre.
La morte del dottor Iyad è stata riportata per la prima
volta da Haaretz il 18 giugno:

“È stato arrestato il 10 novembre ed è stato dichia-
rato morto sei giorni dopo nella prigione di Shikma,

sede di una struttura per gli interrogatori dello Shin
Bet”.
La notizia della sua morte è stata censurata dalle
autorità israeliane per oltre sei mesi e ai giornali

non è stato permesso di pubblicare nulla al ri-
guardo.

“Il tribunale di magistratura di Ashkelon ha emesso

un ordine di silenzio di sei mesi vietando la pubbli-
cazione di tutti i dettagli del caso, inclusa l’esistenza

dell’ordine di silenzio.
L’ordinanza del tribunale è scaduta a maggio”, ha
riferito Haaretz.

Durante tutto questo periodo, la famiglia di Iyad pre-
sumeva che fosse vivo e sperava di rivederlo presto.

Il dottor Hossam Abu Safiya, direttore dell’ospedale
Kamal Adwan, ha detto di essere “indescrivibilmente
ferito” nel sentire della morte del suo collega dottor
Iyad. Il dottor Iyad era un uomo sano prima del suo
arresto e non soffriva di alcuna malattia, ha detto.
Ha aggiunto di essere venuto a sapere che il 53enne
è stato “sottoposto a gravi percosse e torture”, che

hanno provocato un’emorragia interna al suo stoma-
co, la quale è stata trascurata dalle autorità israeliane,

e lo ha infine ucciso.
In un comunicato, lo Shin Bet ha confermato i
dettagli sull’arresto di Rantisi e ha affermato che
è morto nell’infermeria del centro di detenzione il
17 novembre 2023.
Secondo quanto riferito, la morte del dottor Rantisi
ha dato luogo a un’indagine da parte del Ministero
della Giustizia israeliano. Secondo Haaretz, “i suoi
risultati sono in fase di revisione”.
Il dottor Husam Abu Safia, direttore dell’ospedale
Kamal Adwan, ha detto ad Haaretz “che né lui né la

famiglia di Rantisi hanno ricevuto alcuna informa-
zione sulla sua sorte”.

La famiglia ha cercato instancabilmente di cercare
informazioni su dove si trovasse il medico di Gaza.

“Abbiamo provato a contattare il Comitato interna-
zionale della Croce Rossa per ottenere informazioni,

ma non abbiamo ricevuto nulla e siamo rimasti in
attesa”.

Attendono ancora che le autorità israeliane conse-
gnino il corpo del medico ucciso, il quale si trova

tuttora sotto sequestro.
I familiari chiedendo un’indagine immediata sulle

circostanze della morte e invitano i gruppi per i dirit-
ti umani e le organizzazioni mediche, tra cui l’Or-
ganizzazione Mondiale della Sanità e Medici Senza

Frontiere, a intervenire urgentemente per processare
Israele per i crimini che ha commesso.
Fonte:

  • https://www.aa.com.tr/en/middle-east/gazan-family-seeks-an-
    swers-after-doctor-dies-in-israeli-custody/3256176
  • https://www.palestinechronicle.com/prominent-palesti-
    nian-doctor-iyad-rantisi-killed-during-interrogation-in-israel/
  • https://www.middleeasteye.net/news/war-gaza-fa-
    mily-mourns-doctor-tortured-death-israeli-forces

Adnan al-Bursh

Adnan Al-Bursh è nato nel 1974 a Jabalia, nella Stri-
scia di Gaza occupata da Israele, e ha studiato lì pri-
ma di recarsi in Romania all’università di medicina.

Successivamente è diventato chirurgo ortopedico
e primario del reparto di ortopedia presso la più
grande struttura medica della Striscia di Gaza,
l’ospedale Al-Shifa.
Al-Bursh era sposato e aveva cinque figli. È stato
anche consigliere della squadra nazionale di calcio
palestinese. Durante l’invasione israeliana di Gaza,
Al-Bursh ha lavorato senza sosta:
“Dal 10 ottobre 2023, ha trascorso ogni momento

che ha avuto all’ospedale Al-Shifa. Non ha nem-
meno visto sua moglie fino a probabilmente due

settimane dopo”, ha detto suo nipote.
Il dottore si prendeva solo un’ora di svago al mattino
per fare jogging e port sulla spiaggia.
Dopo la prima invasione dell’ospedale Al Shifa è

stato costretto dall’esercito ad abbandonare l’ospeda-
le. Poi ha raccontato alla sorella:

“Abbiamo lasciato l’ospedale, sorella. Giuro che
siamo partiti con un nodo alla gola. L’esercito ci ha
tracciato un corridoio tra i carri armati e abbiamo
camminato in modo molto solenne. Ci ha ricordato
ciò che ci è stato raccontato riguardo alla Nakba,
alle esperienze vissute dai nostri nonni. Abbiamo
camminato con i feriti, gli anziani. Li abbiamo
informati che non avremmo lasciato l’ospedale Al
Shifa senza i nostri pazienti. Come medici abbiamo
la coscienza pulita perché abbiamo portato avanti la
nostra missione fino all’ultimo momento”.

L’esercito israeliano ha esortato il personale dell’o-
spedale a spostarsi a sud, ma Al-Bursh si è rifiutato

di obbedire e si è invece spostato a nord per lavorare
all’ospedale indonesiano. Lì Al-Bursh è stato ferito
da un missile israeliano mentre lavorava nella sala

operatoria. Dopo una tregua, si è trasferito nuova-
mente all’ospedale Al-Awda, sempre nel nord di

Gaza.

Il medico cinquantenne è stato arrestato dall’e-
sercito israeliano il 17 dicembre 2023 insieme

ad altri 10 lavoratori durante l’invasione dell’o-
spedale Al-Awda. Secondo fonti della sicurezza

israeliane, Al-Bursh è stato arrestato per motivi di
sicurezza nazionale; fonti dell’IDF hanno riferito che
era sospettato di terrorismo. Quattro mesi dopo, il 19
aprile 2024, il servizio penitenziario israeliano ha
confermato la morte di Al-Bursh mentre era in
custodia presso la prigione di Ofer, senza rivelare
la causa della sua morte. Le autorità palestinesi e i

gruppi di difesa hanno attribuito la sua morte a tortu-
ra o maltrattamenti durante la custodia. I prigionieri

rilasciati hanno detto alla famiglia di Al-Bursh che

era stato sottoposto a torture e che era stato ripetu-
tamente colpito alla testa dai soldati. Il suo corpo

è tuttora tenuto sotto sequestro dalle autorità
israeliane. Nel maggio 2024, la famiglia di Al-Bursh
ha incaricato un avvocato dell’Aia per indagare sulla
sua morte e contribuire a facilitare il ritorno del suo
corpo.
Il 15 maggio, la moglie di Al-Bursh e Medici per i

Diritti Umani – Israele hanno presentato una richie-
sta di indagine e autopsia alla Corte di Giustizia di

Gerusalemme. Alcuni giorni dopo, Israele ha ac-
cettato di eseguire un’autopsia, alla presenza di un

medico che rappresentava la famiglia.
L’ultimo post pubblicato dal dottor Al-Bursh su X
era un disegno del dottor Ghassan Abu Sitta che
indossava un camice tra lemacerie, con una nota in
arabo che diceva:
“Moriremo in piedi e non ci inginocchieremo…
Nella valle restano solo le sue pietre, e noi siamo
le sue pietre” I colleghi lo hanno elogiato come un
“individuo raro” e la “valvola di sicurezza” per i

reparti ortopedici degli ospedali di Gaza. La giorna-
lista Bisan Owda ha reso omaggio al medico come

ex paziente: in un video parla delle sue eccezionali

capacità come medico e della sua gentilezza. Rac-
conta inoltre che nel 2010 il dottor Adnan fu il primo

medico a eseguire con successo un’operazione al
platino nella Striscia di Gaza. Gli studenti in protesta

all’Università di Manchester hanno occupato Brun-
swick Park ribattezzandolo Dr Adnan Al-Bursh Park.

Fonti: – https://en.wikipedia.org/wiki/Adnan_al-Bursh – ht-
tps://edition.cnn.com/2024/05/03/middleeast/gaza-surgeon-a-
dnan-al-bursh-israeli-prison-intl-hnk/index.html – Instagram

Healthcareworkerswatch. Instagram wizard_bisan1

Healthcare Workers Watch – Palestine
Healthcare Workers Watch – Palestine (Osservatorio
Operatori Sanitari) è un’iniziativa degli operatori
sanitari palestinesi per monitorare e mettere in luce
gli attacchi contro le strutture sanitarie e gli operatori
sanitari in tutta la Palestina.

Il nostro obiettivo è colmare il vuoto di rendicon-
tazione e documentazione dovuto al collasso del

sistema sanitario palestinese. Raccogliamo i nostri
dati in modo indipendente attraverso il “social media
listening”, principalmente dagli account sui social
media – che verifichiamo – di parenti e colleghi delle
vittime. Controlliamo anche i rapporti del Ministero
della Salute palestinese, delle piattaforme di social

media degli ospedali, dei siti web delle associazio-
ni degli operatori sanitari e delle agenzie di media

locali. Ci assicuriamo di ricevere aggiornamenti
continui dalle famiglie degli operatori sanitari
detenuti e di ascoltare gli stessi operatori sanitari

una volta rilasciati. A questo punto, per la sicu-
rezza delle persone rilasciate, condividiamo queste

testimonianze alle organizzazioni interessate dopo
l’anonimizzazione. Per dati o richieste più estesi, vi
preghiamo di contattarci tramite e-mail.
Al 14 giugno 2024, abbiamo documentato 259 casi

di detenzione illegale di operatori sanitari in Pa-
lestina da parte delle forze di occupazione israeliane

dal 7 ottobre 2023.

  • 251 maschi, 8 femmine
  • 77 medici, 2 dentisti, 72 infermieri, 42 paramedici,

5 farmacisti, 1 optometrista, 18 tecnici, 20 ammi-
nistrativi sanitari, 8 studenti di sanità, 3 volontari,

1 nutrizionista, 1 operatore sanitario comunitario e
altri 9.

  • 2 uccisi durante la detenzione, 138 sono attual-
    mente in detenzione, 35 risultano dispersi e 35

rilasciati (2 di loro sono stati arrestati due volte e
poi rilasciati).

  • 237 detenuti illegalmente dalla Striscia di Gaza e
    22 dalla Cisgiordania.
  • Sono state raccolte 31
    testimonianze video, audio o
    scritte di tortura.
    Per il rapporto completo con

l’elenco dei nomi degli opera-
tori sanitari palestinesi rapiti

scansiona il QR Code
Fonte:

  • www.healthcareworkerswatch.org

I GUARITORI SEQUESTRATI DI GAZA
Khaled Al Serr
Khaled Al Serr, è un chirurgo dell’ospedale Nasser
nella città di Khan Younis, nel sud della Striscia di
Gaza.

Al Serr aveva creato un gruppo WhatsApp di tele-
medicina in cui lui e suo cugino Osaid, un chirurgo

residente negli Stati Uniti, reclutavano medici dagli
Stati Uniti, dal Regno Unito e dall’Europa per dare
consigli ai loro colleghi sotto pressione a Gaza.
Al Serr era un veicolo naturale per la conoscenza
medica collettiva della chat del gruppo. “Ha sempre
voluto dare una mano, gli è sempre piaciuto usare
le mani, per risolvere i problemi e avere un impatto
immediato”, riferisce Osaid.
Mentre le truppe di terra si facevano strada nel sud

di Gaza verso la fine dell’anno, gli attacchi nei con-
fronti degli ospedali nella città meridionale di Khan

Younis aumentavano. A febbraio, quando l’esercito
israeliano assediava l’ospedale Nasser, Al Serr era
l’unico chirurgo generale presente che operava
nella struttura.
L’attacco ha ridotto l’ospedale in un guscio di sé.

Per quanto riguarda Al Serr, poco dopo l’evacuazio-
ne di febbraio è andato a Rafah per visitare i suoi

genitori, ma è tornato all’ospedale Nasser per aiutare
a riaprirlo e per curarne i degenti.
Il suo ultimo post su Instagram è stato caricato a
metà marzo, un breve video che mostrava l’esterno
dell’ospedale:
Finalmente!! Dopo più di un mese di interruzione

dell’elettricità nell’ospedale Nasser, il nostro per-
sonale è stato in grado di riparare il generatore e

riportare l’elettricità. Nelle ultime due settimane
stiamo cercando di pulire e preparare i reparti
dell’ospedale per riaprirlo nuovamente.

Sei giorni dopo, il 24 marzo, le forze israeliane han-
no fatto irruzione nell’ospedale. Suo cugino Osaid

aveva chiesto qualche giorno prima se Al Serr stava
bene. Nessuna risposta è mai arrivata. Era il loro
ultimo scambio.
Da allora non si hanno quasi più notizie di Al Serr.

Le uniche informazioni receite sono state più al-
DESAPARECIDOS IN CAMICE

larmanti che rassicuranti. La prima notizia è che
Al Serr è stato visto l’ultima volta connesso al suo

WhatsApp a metà aprile. “È stato attivo online l’ulti-
ma volta il 12 aprile”, ha detto Osaid, “il che, a mio

avviso, mi dice che gli hanno confiscato il telefono e
che praticamente hanno avuto accesso anche al suo
telefono.”
Poi, pochi giorni dopo, il 17 aprile, il quotidiano Al

Mayadeen ha rilasciato un’intervista con un palesti-
nese che si è identificato come Ahmed Abu Aqel e

ha affermato di essere stato arrestato e rilasciato da
Israele. Il Dottor Ahmed Moghrabi ha detto a The

Intercept che Abu Aqel era in precedenza un infer-
miere all’ospedale Nasser.

Vestito con una felpa grigia e pantaloni da tuta, un
abito comune per i detenuti palestinesi rilasciati,
Abu Aqel ha detto di aver ricevuto un messaggio dai
medici dell’ospedale Nasser che erano detenuti.
“Un mio collega era detenuto accanto a me”, ha
detto Abu Aqel. “Il suo nome era Khaled. Davanti a
me gli hanno strappato tutta la barba con le pinze. La
sua barba è stata strappata.”
I parenti pensano si possa riferire a Khaled Al Serr.
“Era molto coraggioso. Stava facendo il suo lavoro.
In pratica il nostro lavoro come chirurghi non è solo

curare le ferite e farle rimarginare, ma anche difen-
dere i nostri pazienti. Lui li stava difendendo”.

AMNESTY INTERNATIONAL Campagna per la

Liberazione di Khaled Al Serr
Il 24 marzo 2024, il palestinese Khaled Al Serr è

stato arrestato dall’esercito israeliano presso l’ospe-
dale Nasser di Khan Yunis, nel sud della Striscia di

Gaza. Da allora è detenuto in condizioni equivalenti
a sparizione forzata. Più di due mesi dopo, le autorità
israeliane continuano a nascondere il suo destino e il
luogo in cui si trova; i frammenti di informazioni che
la sua famiglia ha potuto ricevere provengono solo
dai suoi colleghi e dai detenuti rilasciati. Le autorità
israeliane devono rilasciare immediatamente il dottor
Khaled Al Serr. Devono immediatamente rivelare
dove si trovano e lo status legale di tutti gli operatori
sanitari palestinesi di Gaza che sono stati fatti sparire

con la forza e rilasciarli a meno che non siano accu-
sati di un reato riconoscibile a livello internazionale

e perseguiti in procedimenti che rispettino gli stan-
dard internazionali di giusto processo. In attesa del

rilascio del dottor Khaled Al Serr, le autorità devono
rivelare alla famiglia del dottor Khaled Al Serr il
suo destino, il luogo in cui si trova e i motivi della
detenzione e garantire il suo accesso a un avvocato,
alle cure mediche e ai suoi familiari.

SI PREGA DI PRENDERE AZIONE IL PIÙ PRE-
STO POSSIBILE

FINO AL: 2 agosto 2024 QR Code
per accedere alla Campagna di
Amnesty
Fonti:

  • https://theintercept.

com/2024/05/24/gaza-palesti-
nian-doctors-hospital-detai-

ned-missing-disappeared/

  • https://www.amnestyusa.org/urgent-actions/

urgent-action-free-forcibly-disappeared-palesti-
nian-surgeon-iopt-53-24/

Ahmed Muhanna

Il dottor Ahmed Muhanna, direttore dell’ospeda-
le Al-Awda di Jabalya, era diventato un portavoce

non ufficiale degli operatori sanitari in Palestina
da quando Israele ha iniziato la sua ultima serie
di attacchi il 7 ottobre.

Fin dall’inizio dell’attacco israeliano a Gaza, il dot-
tor Muhanna ha mantenuto i contatti con le autorità

e le organizzazioni regionali e internazionali con-
dividendo rapporti sulla situazione per illustrare il

terribile stato degli ospedali nella Striscia di Gaza.
Venerdì 13 ottobre, l’ospedale Al Awda ha ricevuto

un messaggio dall’esercito israeliano affinché eva-
cuasse l’ospedale entro 2 ore. Israele ha successiva-
mente posticipato la scadenza alle 6 di sabato matti-
na (14 ottobre).

Il dottor Muhanna e il suo team hanno deciso di
rimanere in ospedale e con i pazienti.
“Ho ricevuto una chiamata dall’esercito israeliano
che ci chiedeva di evacuare l’ospedale”, ha detto il
dottor Muhanna. In un’intervista ha affermato che
“questo non è possibile. Alcuni pazienti sono stati

evacuati, ma altri pazienti non possono essere trasfe-
riti a causa delle loro gravi condizioni. Il personale

ospedaliero è determinato a restare e a fornire assi-
stenza sanitaria ai pazienti”.

Dal 5 dicembre l’ospedale Al Awda è stato circonda-
to da cecchini e carri armati israeliani che circonda-
vano l’edificio. Nessuno è riuscito a entrare o uscire

dall’edificio, un’infermiera è stata uccisa con un
colpo da un cecchino. Hanno sparato anche ad una
donna incinta e alla suocera che volevano entrare in
ospedale per partorire. La suocera è rimasta uccisa
nell’attacco.
L’ospedale Al Awda di Jabalia è uno dei pochi
ospedali nella Striscia di Gaza ad aver continuato a
fornire cure ostetriche e ginecologiche (chirurgiche)
dall’inizio della guerra.
Il dottor Muhanna e la sua squadra hanno resistito
all’assedio israeliano per più di due mesi fornendo
servizi sanitari essenziali ai pazienti.

Nel suo ultimo audio, un giorno prima del suo arre-
sto avvenuto il Dr Muhanna ha detto che “nessuno

può muoversi nell’ospedale a causa di un cecchino

[israeliano]. La situazione in ospedale è terribile. Ab-
biamo 38 pazienti, alcuni dei quali privi di medicine.

Non abbiamo ossigeno e solo pochissimo carburante
per un piccolo generatore. Abbiamo cibo per 2 o 3
giorni al massimo. La situazione è critica.”

Domenica 17 dicembre 2023, i soldati israeliani han-
no fatto irruzione nell’ospedale Al Awda. Durante il

raid hanno arrestato 21 operatori sanitari, compreso
il direttore dell’ospedale, dottor Ahmed Muhanna.

Dopo tre ore di interrogatorio in condizioni de-
gradanti, molti sono stati rilasciati mentre il dottor

Muhanna è stato posto
sotto sequestro e il suo

stato attuale rimane sco-
nosciuto.

Campagne e petizioni per
la sua liberazione sono
state diffuse da “Al Awda
Health and Community
Association”, “We Move
Europe”, “People’s Health
Movement”, “ActionAid”, “Viva Salud”
Fonti:

  • https://peoplesdispatch.org/2023/12/19/palesti-
    nian-and-international-networks-demand-israel-re-
    lease-hospital-director-dr-ahmed-muhanna/
  • https://www.vivasalud.be/en/viva-salud-cal-
    ls-for-the-immediate-release-of-dr-ahmed-muhanna/
  • https://phmovement.org/dr-ahmed-muhanna-pale-
    stine

STORIE DI DETENZIONE E TORTURA DA PARTE DEGLI OPERATORI SANITARI
Testimonianze di Tortura
Un accenno alle spaventose testimonianze di tortura

documentate da Healthcare Workers Watch – Palesti-
ne da parte di operatori sanitari palestinesi rilasciati

e detenuti dall’esercito israeliano.
“I soldati dell’esercito israeliano hanno preso la
mia carta d’identità e poi mi hanno chiesto il mio
nome e il mio lavoro, proprio quando ho detto
loro che sono un infermiere, tutti mi hanno colpito
in faccia con tutto ciò che avevano in mano, – ha
continuato piangendo- mi hanno interrogato per 10
minuti poi mi hanno lasciato e si sono trasferiti sui
miei colleghi, hanno scatenato i cani contro i miei

colleghi, ho sentito le loro voci urlare mentre veni-
vano colpiti. Poi ne presero un certo numero, lascia-
rono l’ospedale e ricominciarono a bombardare i

dintorni fino alle 17”

Infermiere Mohammed Al-Kahlout, Capo Inferi-
miere, Ospedale Indonesiano, Nord di Gaza

“È stato così difficile! Umiliazione assoluta! in ogni

senso della parola. Affrontare animali dannosi e pre-
datori è più delicato di quello che abbiamo incontra-
to! Siamo stati detenuti in diversi luoghi per diversi

giorni. Fummo trattenuti per lunghe notti nella zolla
all’aria aperta, sopra la ghiaia, coperti dal freddo
della valle. Le nostre mani sanguinavano a causa
delle manette strette. Abbiamo perso la sensibilità a
causa dell’intensa pressione sui nostri arti. Per due
giorni ci hanno impedito di fare i bisogni e anche di
bere un sorso d’acqua”.
Specialista unità di terapia intensiva, Ospedale
Indonesiano, Nord di Gaza
“Mi ha tirato i capelli, mi ha coperto la faccia con

la sabbia e me ne ha fatto mangiare. Poi mi ha chie-
sto: vuoi ammettere che sei Hamas o dovrei lasciare

che i giovani ti mettano un manganello elettrico nel
culo e ti taglino il cazzo? Gli ho detto: “Non sono
Hamas e tu mi accusi di essere Hamas. Non sono
Hamas”. Mi ha detto, ti farò confessare, porterò tua
madre e la spoglierò davanti ai ragazzi”
Infermiere, Ospedale Beit Hanoun Hospital, Nord
di Gaza
Fonte:

  • https://healthcareworkerswatch.org

MOHAMMED ABU SALMIYA
Nato nel 1973 nel campo profughi di Al-Shati, a
ovest di Gaza, il dottor Mohammad Abu Salmiya è
un illustre pediatra palestinese acclamato per la sua
dedizione alla medicina pediatrica e alla gestione
sanitaria, in particolare nel difficile ambiente della
Striscia di Gaza.
Il dottor Mohammed Abu Salmiya ha completato i
suoi studi di medicina a Kiev, Ucraina.

Nel 2015 assume la direzione dell’Ospedale Pedia-
trico Al Rantisi.

Nel 2019 è diventato Direttore dell’Ospedale Al

Shifa, la struttura medica più grande ed importan-
te della Striscia di Gaza. Nel 2023 ha contribuito

all’espansione del Pronto Soccorso dell’Ospedale
Al Shifa migliorandone la capacità e le strutture,
raddoppiando il numero di posti letto e di unità di
terapia intensiva.
Mentre dirigeva l’Ospedale avviò anche cruciali
progetti di ristrutturazione dell’edificio Maternità,
migliorando i servizi sanitari materno-infantili.
Ha anche guidato lo sviluppo di un dipartimento di
radiologia con il supporto internazionale.
Abu Saliya ha organizzato e partecipato a importanti

conferenze pediatriche a livello locale e internazio-
nale.

Ha poi dimostrato una dedizione e un coraggio ecce-
zionali rifiutandosi di lasciare i suoi pazienti durante

l’invasone dell’ospedale da parte dell’esercito israe-
liano. Abu Salmiya è stato arrestato il 23 novembre

2023, insieme a diversi membri del personale medi-
co mentre viaggiava attraverso Salah Al-Din Street

da Gaza City alle aree meridionali della Striscia

dopo che l’esercito israeliano aveva attaccato l’ospe-
dale Al-Shifa.

Il primo luglio, Israele ha rilasciato circa 54 palesti-
nesi, compresi medici che erano stati detenuti mentre

erano in servizio all’interno del complesso medico
Al-Shifa e di altri ospedali di Gaza durante varie
operazioni militari effettuate negli ultimi mesi.
Il capo dell’ospedale al-Shifa di Gaza, Mohammed
Abu Salmiya, è stato rilasciato quel giorno dopo più
di sette mesi di sequestro da parte di Israele.
Molte organizzazioni e colleghi si sono battuti in
quei 7 mesi per la sua liberazione.

In una conferenza stampa tenutasi al Complesso Me-
dico Nasser di Khan Yunis, nel sud di Gaza, poche

ore dopo il suo rilascio, Abu Salmiya ha detto:
“Ciò che sta accadendo ai prigionieri ora non è mai
accaduto nella storia del movimento dei prigionie-

ri dai tempi della Nakba nel 1948. Una sofferenza

estrema. I prigionieri sono sottoposti quotidiana-
mente a umiliazioni fisiche e psicologiche. Ci sono

prigionieri che sono stati uccisi durante gli interroga-
tori. Ci sono altri membri del personale medico che

sono stati uccisi. All’interno delle carceri non viene

fornito alcun servizio medico ai pazienti. Al contra-
rio, il personale medico aggredisce i prigionieri, in

violazione di tutti gli accordi internazionali e uma-
nitari. […] Anche quando un detenuto chiede una

pasticca, anche se si tratta della terapia più semplice,

gli viene negata. Non viene fornito alcun tipo di ser-
vizio medico. Tutti i prigionieri hanno perso alme-
no 25 chili del loro peso corporeo. Sono stati tutti

violati. La malattia ha violato i loro corpi. Stanno
tutti soffrendo! Un messaggio a tutti è che il caso dei
prigionieri deve essere presente nella discussione, in
tutte le trattative, finché tutte le prigioni non saranno
vuote, a Dio piacendo”.
Ha anche riferito:

“Siamo stati sottoposti a gravi torture e il mio mi-
gnolo è stato rotto. Sono stato ripetutamente colpito

alla testa, il che mi ha provocato molteplici emorra-
gie.”

“C’era tortura quasi ogni giorno nelle carceri israe-
liane. Quando le celle dei prigionieri venivano per-
quisite, venivano picchiati duramente ogni giorno”.

“I prigionieri nelle carceri israeliane subiscono

diversi tipi di tortura. L’esercito li tratta come se fos-
sero oggetti inanimati e i medici israeliani li aggredi-
scono fisicamente”.

“Nessuna organizzazione internazionale ci ha visi-
tato nelle carceri israeliane e ci è stato proibito di

incontrare qualsiasi avvocato. Molti detenuti sono

ancora lasciati indietro in pessime condizioni di salu-
te e psicologiche”, ha continuato Abu Salmiya.

“Il servizio carcerario israeliano non ha mai presen-
tato un’accusa chiara contro di me, nonostante abbia

subito tre processi in tribunale”, ha aggiunto.
Abu Salmiya ha poi esprimesso la sua sorpresa per le
dichiarazioni di ignoranza dei funzionari governativi
israeliani riguardo al suo rilascio, Abu Salmiya ha
sottolineato che il suo rilascio è avvenuto attraverso i
canali ufficiali

In Israele, diversi ministri e politici di spicco han-
no espresso indignazione per il rilascio del dottor

Abu Salmiya.
L’ex ministro del gabinetto di guerra, Benny Gantz,

ha affermato che un governo che ha liberato i so-
spettati accusati di aver dato rifugio ai responsabili

dell’attacco guidato da Hamas contro Israele il 7
ottobre dovrebbe dimettersi.
Il ministro della Sicurezza nazionale di estrema
destra, Itamar Ben-Gvir, ha chiesto le dimissioni del
capo del servizio di sicurezza interna israeliano, lo
Shin Bet.

Da parte sua, lo Shin Bet ha rilasciato una dichia-
razione in cui afferma che il sovraffollamento nelle

carceri israeliane sta costringendo il rilascio di dete-
nuti come il dottor Abu Salmiya.

Fonte:

  • https://www.middleeastmonitor.com/20240701-re-
    leased-head-of-gazas-al-shifa-hospital-says-tried-3-

times-by-israel-with-no-charges/

  • https://www.facebook.com/reel/484116587435712
  • https://www.facesofpalestine.org/profiles/moham-
    mad-abu-salmiya
  • https://www.youtube.com/watch?v=L4HMFIbEJSo
  • https://www.bbc.com/news/articles/cz47w24dld0o
    AHMED ABU SABHA
    Ahmed Abu Sabha, un medico dell’ospedale Nasser,
    ha raccontato il suo sequestro da parte dell’esercito
    israeliano: è stato trattenuto per una settimana in
    cui, ha detto, gli sono stati aizzati contro cani con
    la museruola, mentre la sua mano è stata rotta da un

soldato israeliano. Il suo racconto combacia mol-
to con quello di altri due medici che hanno voluto

restare anonimi per paura delle ritorsioni.

Hanno raccontato alla BBC di essere stati umilia-
ti, picchiati, bagnati con acqua fredda e costretti a

inginocchiarsi in posizioni scomode per ore. Hanno

detto di essere stati detenuti per giorni prima di veni-
re rilasciati.

La BBC ha fornito i dettagli delle loro accuse alle
Forze di Difesa Israeliane (IDF). Non hanno risposto
direttamente alle domande su questi resoconti, né

hanno negato specifiche accuse di maltrattamenti.
Ma hanno negato che il personale medico abbia
subito danni durante l’operazione.
L’IDF ha fatto irruzione nell’ospedale nella città di
Khan Younis, nel sud di Gaza, uno dei pochi nella
Striscia ancora funzionante, il 15 febbraio 2024.

Un filmato girato di nascosto in ospedale il 16 feb-
braio, il giorno in cui i medici sono stati arrestati, è

stato condiviso con la BBC.

Mostra una fila di uomini in mutande davanti all’edi-
ficio del pronto soccorso dell’ospedale, inginocchiati

con le mani dietro la testa. Davanti ad alcuni di loro
giacciono camici medici.
“Chiunque provasse a muovere la testa o a fare
qualsiasi movimento veniva colpito”, ha detto alla
BBC il direttore generale dell’ospedale, il dottor
Atef Al-Hout. “Li hanno lasciati per circa due ore in
questa posizione vergognosa”.

Il personale medico ha detto che sono stati poi porta-
ti in un edificio ospedaliero, picchiati e poi trasporta-
ti in una struttura di detenzione, il tutto mentre erano

spogliati.
Il dottor Abu Sabha, un medico 26enne appena

qualificato, volontario all’ospedale Nasser, ha de-
scritto alcuni elementi del suo trattamento durante

la detenzione, come costringere i detenuti a stare in

piedi per ore senza una pausa. Ha detto che altre pu-
nizioni inflitte ai detenuti includevano la costrizione

a giacere a pancia in giù per periodi prolungati e il
ritardo dei pasti.
Altri medici hanno detto alla BBC che l’edificio
della maternità, chiamato Mubarak, era diventato il

luogo in cui l’IDF interrogava e picchiava il perso-
nale. Il dottor Abu Sabha ha detto che inizialmente

era stato scelto per stare con i pazienti dopo il raid,
ma poi era stato portato a Mubarak, che secondo lui
era diventato “più simile a un luogo di tortura”.
“Mi hanno messo su una sedia ed era come una
forca”, ha detto. “Ho sentito il rumore delle corde,
quindi ho pensato che sarei stato giustiziato.
“Dopodiché hanno rotto una bottiglia e [il vetro] mi
ha tagliato la gamba e l’hanno lasciata sanguinare.
Poi hanno iniziato a portare dentro un medico dopo
l’altro e a metterli uno accanto all’altro. Sentivo i
loro nomi e le loro voci”.
Tutti e tre i detenuti con cui ha parlato la BBC hanno
affermato di essere stati stipati su veicoli militari e
picchiati mentre venivano trasportati in un grande

gruppo. I soldati li hanno picchiati con bastoni, ma-
nichette, calci di fucili e pugni, hanno detto.

“Eravamo nudi. Indossavamo solo i boxer. Ci hanno
ammassati uno sopra l’altro. E ci hanno portato fuori

da Gaza”, ha detto uno dei medici che ha voluto ri-
manere anonimo. “Per tutto il percorso siamo stati

picchiati, insultati e umiliati. E ci hanno versato
addosso l’acqua fredda”.
Il dottor Abu Sabha ha detto che durante il viaggio
i soldati hanno fatto scendere i detenuti dal veicolo.
“Ci hanno portato su un pezzo di terreno coperto di
ghiaia, ci hanno costretto a inginocchiarci e a farci
bendare gli occhi… C’era una fossa nel terreno e
pensavamo che ci avrebbero giustiziati e seppelliti lì.
Abbiamo iniziato tutti a pregare”.
È stato poi portato in un edificio dove lui e gli altri
detenuti sono stati trattenuti, ha detto.
Gli altri due detenuti rilasciati hanno detto che ad un
certo punto sono stati sottoposti a controlli medici
ma che non hanno ricevuto farmaci. Uno ha detto un
soldato lo ha colpito nel punto in cui era ferito uando
ha richiesto delle cure.
Il dottor Abu Sabha ha detto alla BBC che i detenuti
venivano regolarmente puniti.
“A un certo punto, la benda si è abbassata un po’ e le
mie mani erano ammanettate da dietro e non potevo
aggiustarla.
“Mi hanno portato fuori per punizione… sono
rimasto in piedi con le mani alzate sopra la testa e il
viso rivolto in basso per tre ore. Poi, un soldato mi
ha chiesto di andare da lui. Quando l’ho fatto, ha

continuato a colpirmi la mano finché non si è rot-
ta”. Più tardi quel giorno, è stato portato in bagno,

picchiato e gli hanno aizzato addosso cani con la

museruola, ha detto. Il giorno dopo, un medico isra-
eliano gli ha fatto un gesso e poi i soldati gli hanno

disegnato sopra una stella di David.
Il dottor Abu Sabha ha detto alla BBC di non essere
mai stato interrogato durante i suoi otto giorni di
detenzione. I tre medici con cui la BBC ha parlato
hanno affermato di essere stati trasportati bendati e
poi rilasciati al valico di Kerem Shalom controllato

da Israele, che si trova vicino al punto più meridio-
nale della Striscia dove Gaza, Israele ed Egitto si

incontrano.
Fonte:

  • https://www.bbc.com/news/world-middle-e-
    ast-68513408

SAID ABDULRAHMAN MAAROUF

Un medico palestinese afferma che le forze israelia-
ne a Gaza lo hanno arrestato quando hanno invaso l’

ospedale e lo hanno sottoposto ad abusi per 45 giorni

di prigionia, inclusa la privazione del sonno e co-
stanti incatenamenti e bendaggi.

Il dottor Said Abdulrahman Maarouf stava la-
vorando all’ospedale al-Ahli al-Arab di Gaza City

quando questo è stato circondato dall’esercito israe-
liano a dicembre.

Ha riferito di aver avuto le mani ammanettate, le
gambe incatenate e gli occhi bendati per la maggior
parte delle sette settimane della sua prigionia.
Lo hanno obbligato a dormire su un terreno
coperto di ciottoli, senza materasso, cuscino o
coperta e con la musica a tutto volume.

“Nelle carceri israeliane le torture erano molto seve-
re. Sono un medico. Il mio peso era di 87 chilogram-
mi. Ho perso, in 45 giorni, più di 25 chilogrammi.

Ho perso l’equilibrio. Ho perso la concentrazione.
Ho perso ogni sentimento”, ha detto.
“In qualunque modo si descrivano le sofferenze e
gli insulti in carcere non si potrà mai conoscerne

la realtà a meno che non si sia vissuta”, ha aggiun-
to.

Maarouf ha detto di non avere idea di dove sia stato
detenuto poiché è stato bendato per tutta la sua
detenzione, e non era sicuro se fosse stato trattenuto
all’interno o all’esterno di Gaza. È stato lasciato al

valico di Kerem Shalom ed è stato prelevato dalla
Croce Rossa.
L’arresto di Maarouf è stato l’ultimo momento in cui
ha avuto notizie della sua famiglia, e ancora non sa
se siano sopravvissuti all’assalto alla città di Gaza.
Maarouf ha trattenuto le lacrime mentre descriveva
la sua ultima conversazione telefonica con sua figlia

mentre i soldati israeliani invitavano con gli altopar-
lanti tutti i medici e il personale medico a lasciare

l’edificio dell’ospedale.
“Se vuoi andartene, vattene.
Se vuoi restare, resta. Sono nella tua stessa trincea e
ora vado dai soldati israeliani senza conoscere il mio
destino”, ricordava di aver detto alla figlia.

“Da quel momento fino ad oggi non ho più infor-
mazioni sui miei figli né su mia moglie”, ha detto

piangendo.
La devastazione a Gaza ha disperso le famiglie e
interrotto le comunicazioni, rendendo difficile per le

persone raggiungere fisicamente molte aree e im-
pedendo loro di contattarsi telefonicamente, con la

maggior parte delle reti di telecomunicazioni inatti-
ve.

Maarouf ritiene che fosse detenuto nello stesso luogo
con circa 100 prigionieri.
“Ciascuno di noi desiderava la morte… desiderava
morire per la gravità della sofferenza”, ha detto.

Ha detto che sentirsi dire di provare a dormire sdra-
iato sui ciottoli è stata la parte peggiore della sua

esperienza.
“Sono un pediatra che lavora da 23 anni in questo
campo. Non ho commesso alcun crimine umanitario.
La mia arma è la mia penna, il mio taccuino e il mio

stetoscopio. Non ho lasciato il posto. Curavo i bam-
bini all’interno degli ospedali”, ha detto.

“Quando siamo stati chiamati dove si trovavano i

carri armati, ho pensato che saremmo rimasti lì qual-
che ora e poi saremmo partiti. Pensavo che se aves-
sero preso me e i miei colleghi ci avrebbero trattato

bene perché siamo medici e non abbiamo commesso
alcun crimine”, ha detto.

Tornato a Gaza, lavora di nuovo in un reparto pe-
diatrico, con uno stetoscopio al collo, il suono dei

bambini che piangono e i sussurri preoccupati dei
genitori intorno a lui, ancora una volta.
Fonte:

–https://www.reuters.com/world/middle-east/ga-
za-doctor-describes-ordeal-detention-2024-02-04/

HAYTHAM AHMED

La tortura ti fa sentire così piccolo, così impoten-
te. È molto importante restituire dignità.

50 giorni di prigionia durante il genocidio di Gaza
L’occupazione mi ha arrestato mentre evacuavo

dall’ospedale Naser. Sono stato portato in una strut-
tura di detenzione israeliana, bendato e ammanettato

per tutti i 50 giorni, costretto a inginocchiarmi a terra
per ore di seguito, senza sapere dove fossi o quando
sarei stato rilasciato.
Durante la mia prigionia sono stato esposto a
molte azioni crudeli: i soldati trattenevano il cibo
come punizione, non abbiamo ricevuto alcuna
assistenza medica ed era impossibile contattare la
propria famiglia. Il mio telefono, i miei documenti

ufficiali e tutto ciò che possedevo era stato confisca-
to.

Gli interrogatori insistevano sempre nell’accusarci
di appartenere alla resistenza. Quando lo negavamo,

i soldati ci prendevano a calci e ci colpivano dura-
mente. Sembrava infinito, grazie a Dio finalmente

sono libero e circondato dai miei cari
“Grazie a tutti per essere stati lì per me durante tutto
questo, il vostro sostegno e le vostre parole gentili

hanno significato moltissimo per me. Le vostre pre-
ghiere hanno toccato profondamente il mio cuore”.

Fonte:

  • https://www.instagram.com/p/C5eYJ5eNu5C/
    @haytham_ahmed96

MOHAMMED AL-RON
Questa foto straziante è quella del dottor Mohammed
Ron. A destra, una foto scattata pochi giorni prima

della guerra. A sinistra, una sua foto dopo essere sta-
to rapito per quasi un mese dall’esercito israeliano.

Il dottor Mohammed era il primario del reparto di
chirurgia dell’ospedale Al-Shifa, è un caro vicino e
amico di famiglia che ha perso tanti membri della
sua famiglia all’inizio della guerra.
È uno dei pochi chirurghi a Gaza e la sua esperienza,
modestia e gentilezza lo hanno reso un uomo molto
speciale e molto rispettato nella comunità. Il dottor
Mohammed si è dedicato molto alla sua comunità;
ha la cittadinanza russa ma si è rifiutato di evacuare
e ha insistito nel servire la sua gente, fin dal primo
giorno di guerra è rimasto in ospedale a fare il suo
lavoro e a salvare la vita di migliaia di persone.
Questo eroe ha salvato la vita di mio cognato quando

gli hanno sparato all’addome, gli ha fatto un inter-
vento chirurgico importante senza anestesia e con

risorse molto limitate.
Non molti giorni dopo è stato rapito all’ospedale
Al-Ahli nel nord di Gaza. Oggi è stato rilasciato, ma
l’umiliazione e la tortura che ha vissuto vanno oltre
ogni immaginazione. Se ci fosse giustizia ed etica in
questo mondo questo non dovrebbe mai accadere ad
un chirurgo che fa il suo lavoro.

  • inviato da un amico a Gaza
    Fonte:
  • https://www.facebook.com/photo.php?fbi-
    d=937771887708439&id=100044269097698&-

set=a.291055705713397
@ahmedeldin

IYAD ZAQOUT
Le forze israeliane hanno rilasciato il dottor Iyad
Zaqout, un chirurgo generale dell’ospedale Kamal

Adwan nella Striscia di Gaza, dopo averlo detenu-
to per la seconda volta durante gli attacchi sferrati

dall’esercito israeliano sulla Striscia di Gaza a parti-
re da ottobre.

“Sono stato sottoposto a una serie di insulti: sdraiato
a terra nudo, poi incatenato. Le forze israeliane ci
hanno scattato delle foto umilianti dopo averci
sottoposto ad insulti, alcuni dei quali erano blasfemi.
Ci hanno anche spruzzato addosso dell’acqua.
Abbiamo chiesto ad alcuni soldati di allentare le
catene, ma loro le hanno rese ancora più strette.
Siamo stati detenuti per più di 48 ore e abbiamo
dimenticato il freddo che faceva fuori, A causa del
dolore alle mani, abbiamo dimenticato i pizzichi del
freddo.
C’erano alcuni di noi che desideravano morire.
Sembra che l’esercito israeliano sia giunto ad un
tale livello di intrattenimento e condiscendenza
nei confronti delle ferite delle persone”.
Dopo il suo rilascio, il dottor Zaqout è tornato al
Kamal Adwan per continuare il suo lavoro.
Fonte:

  • https://www.facebook.com/ajplusenglish/videos/

palestinian-surgeon-detained-twice-by-israeli-for-
ces-is-released/905970880752432/

@ajplus

ISAAM ABU AVE
Un medico di Gaza liberato dalla prigionia, riprende
il suo lavoro dopo 200 giorni di sequestro.
“La situazione era piuttosto difficile. C’erano molte

malattie tra i giovani (nella detenzione israelia-
na). Soffrivano la fame. Ma il nostro morale è ri-
masto alto. Indipendentemente dai metodi che hanno

usato contro di noi. Le condizioni dei prigionieri
all’interno delle carceri sono deplorevoli. Ho letto la
letteratura carceraria: sono un buon lettore. Tuttavia
nessun libro menzionava i metodi di tortura che gli
occupanti hanno impiegarono contro di noi.
Anche se ve lo dicessi.. io stesso non crederei mai
a quello che ci hanno fatto.
È molto strano.. Immagina: mi hanno rotto i denti.
Immagina: hanno preso lo scopino del WC e hanno
strofinato la suasporcizia sui miei denti. È questo un
metodo ragionevole di interrogatorio? Come medico
non ho alcun legame con alcuna organizzazione o

gruppo di resistenza. Sono un chirurgo. La mia accu-
sa è di possedere un bisturi e delle forbici.

Il mio peso era di 116 chilogrammi, ho perso 37
chilogrammi.
Quando sono entrato per la prima volta in ospedale, i

miei colleghi non mi hanno riconosciuto perché ave-
vo perso tanto peso a partire dai mei 116 chilogram-
mi. A causa di tutte queste rughe ed emaciamento

nel mio corpo, la maggior parte dei colleghi non mi
riconosceva”.
Fonte:

  • https://www.instagram.com/p/C9N0q-Yuixd/
    @anadoluagency

29 luglio 2024
Nota finale

Oggi si è saputo che, in quello che speriamo non sia un tentativo di ripulirsi la faccia, nove militari Israelia-
ni sono stati imputati per aver partecipato allo strupro di un prigioniero palestinese.

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