di Farid Adly (con un importante contributo del dr. Ziyad Fayyoumi)
“Anche l’Iran ha il diritto di difendersi”. Lo dice la diplomazia cinese che sta svolgendo un ruolo sempre più influente nella regione. Sono passate due settimane dall’assassinio a Teheran di Ismail Hanie, capo dell’ufficio politico di Hamas e negoziatore per il cessate il fuoco, ma finora nessuna reazione iraniana. Un’attesa snervante per i militari e i politici israeliani. Per il segretario di Hezbollah questa attesa fa parte della strategia della risposta del “Fronte della Resilienza”, cioè l’insieme dei paesi e forze politico-militari che si oppongono al dominio atlantico nella regione mediorientale, quello che la stampa scorta mediatica di Netanyahu chiama i filo iraniani.
Ogni giorno la stampa di Tel Aviv scrive che l’attacco iraniano sarebbe imminente, entro 24 ore, ma poi non succede nulla. L’unica cosa certa è che l’attacco avverrà. Con quale modalità e intensità nessuno lo sa.
Lo sciame informatico di origine israeliana mette, sui social, denunce contro l’attendismo di Teheran, che “manda al macello i combattenti arabi, libanesi, iracheni e yemeniti, con la logica: ‘armiamoci e partite!’”. Ma la propaganda non sembra funzionare. L’opinione pubblica araba è prudente e vorrebbe evitare l’estensione del conflitto. In effetti è opinione molto diffusa nel mondo arabo che una risposta iraniana fa il gioco di Netanyahu di estendere il conflitto in tutta la regione, con il relativo intervento militare statunitense.
Un amico medico libanese che vive in Italia, dr. Ziad Fayyoumi, ha scritto una riflessione che approvo appieno: “Tutto il mondo sta aspettando la risposta/vendetta dell’Iran; quanti missili, quanti droni saranno lanciati dall’ Iran contro obiettivi sensibili israeliani, quanti morti e quanta distruzione causeranno nello stato di Israele, quanta sarà efficace l’azione militare contemporanea dei Houthi dello Yemen, dall’Iraq, dell’esercito Siriano e di Hezbollah dal Libano. Dall’altra parte quale sarà la difesa e non credo solo difesa ma anche contrattacco della flotta Americana, francese, britannica ed eventuali altri alleati Nato presenti nell’area di conflitto (mar Rosso), per non parlare del possibile se non sicuro l’utilizzo della base militare americana in Qatar e dei territori arabi vicini ad Israele( Arabia Saudita, Gibuti, Iraq e Giordania) e infine della risposta distruttiva d’Israele soprattutto contro il Libano. In questo scenario qual è la forza più equipaggiata e capace a vincere oppure meglio dire a provocare più distruzione? Non c’è alcun dubbio che gli alleati di Israele avranno il meglio e la distruzione non sarà solo a Gaza ma sarà anche nello Yemen, in Iraq, in Siria e in Libano e quelli che avranno meno danni saranno gli israeliani e forse anche gli iraniani!!.
Se l’Iran ci tiene veramente alla causa palestinese e ai suoi poveri ( nel senso anche materiale) alleati arabi, dovrebbe fare, in questo momento,una proposta seria e storica nel segno della pace: rinunciare al presunto attacco contro Israele, che sembra come descritto spaventoso, in cambio del cessate il fuoco e del ritiro entro 24 ore dell’esercito israeliano da Gaza per una pace duratura. Sarà possibile?”
In Israele sono state avanzate anche idee di un attacco preventivo in Libano o contro l’Iran, ma da oltre Atlantico non è arrivata la luce verde. La Casa Bianca non ha bisogno di una guerra generalizzata a pochi mesi dalle elezioni presidenziali USA.
Nel frattempo continua la guerra di logoramento sul fronte libano-israeliano. L’esercito israeliano ha bombardato le località del Libano meridionale quasi tutti i giorni, con morti e feriti. La risposta di Hezbollah non si è fatta mai attendere con il lancio di missili e droni, che hanno colpito anche nella profondità del territorio israeliano. Un sindaco di una colonia del nord di Israele ha denunciato che riceve più messaggi SMS da Hezbollah che dal governo: “Hezbollah manda messaggi di avviso ai nostri cittadini, sui loro telefonini, riguardo l’imminenza di un attacco, chiedendo l’evacuazione. Mi hanno spedito la foto di un drone caduto nel nostro centro”.
Oltre a questa guerra sul campo, si gioca anche un’altra battaglia sui social con le fake news. L’ultima parla di un attacco congiunto israeliano statunitensi contro il territorio yemenita. “70 agneti speciali israeliani coadiuvati da mercenari statunitensi hanno sbarcato sulle coste yemenite, per colpire gli Houthi o forse rapirne alcuni dirigenti”. La fake news poi entra nei particolari di come è stata fatta fallire questa operazione: “I russi con i loro satelliti hanno scoperto lo sbarco ed hanno informato Teheran che a sua volta ha girato le informazioni agli Houthi che hanno teso un agguato agli invasori e li hanno uccisi tutti”. E insieme alle parole per rafforzarne la credibilità hanno pubblicato immagini di corpi dilaniati in una zona desertica. Peccato che una semplice ricerca su Internet ha dimostrato che quele foto risalgono ad un periodo precedente e sono collocabili in Mali e le vittime sono mercenari russi.
Il bello è che queste false notizie non sono state diffuse da fonti arabe o iraniane, ma statunitensi. Un certo ex generale in pensione, Douglas MacGregor, molto attivo sui social, ha diffuso la notizia in un video e in’intervista con tv statunitensi (QUI). Ma la notizia non ha trovato credibilità da nessuna parte, anche perché gli Houthi non hanno mai parlato di un’azione di conrasto riuscita come la fake news ha raccontato. La grande stampa araba e iranaina non ci è cascata e la si potrebbe rintracciare soltanto in qualche sito non giornalistico e in media russi.