Tra poco meno di un mese sarà l’80esimo compleanno di Leonard Peltier. Abbiamo chiesto all’amico e compagno Andrea De Lotto di scriverci un articolo di presentazione della campagna in corso per ottenere il suo rilascio. Lo ringraziamo infinitamente per questo contributo. A tutti/e voi lettori/lettrici una preghiera di agire: informare i vostri amici e conoscenti del caso Peltier. Chi vuole fare di più, può partecipare alle iniziative in preparazione attorno al 12 settembre, data della nascita di Peltier. Infine chi vuole impegnarsi, può partecipare alle manifestazioni davanti alle rappresentanze diplomatiche USA. Un’azione che non costa tanta fatica e tempo è una mail al presidente Biden per chiedere la grazia presidenziale prima della scadenza del suo mandato.

Per saperne di più non abbiate timori, contattateci!

La Redazione Anbamed.

di Andrea De Lotto

Mi chiamo Andrea De Lotto, sono un maestro elementare di Milano. Ho 59 anni e nella mia vita ho accompagnato, seguito, spinto, tante battaglie per un mondo più giusto.
Da più di 13 anni, tra le altre vicende, mi batto per la liberazione di un uomo che si chiama Leonard Peltier. Busso a tutte le porte, piccole e grandi, e chiedo: “Sapete chi è Leonard Peltier? Volete saperlo? E’ una storia incredibile!” Molti non aprono neppure la porta, altri rispondono che non c’è nessuno, qualcuno mi dice che non compra niente. Qualcuno la socchiude e porge un orecchio. Io inizio: “Si tratta di una nativo americano che ha quasi 80 anni ed è in carcere da 49 anni…” Mi interrompono: “E perché?”
Riprendo: “Dicono che avrebbe ucciso due agenti dell’FBI….” La porta si richiude violentemente.
Sono pochi coloro che mi lasciano continuare a parlare ed anzi, aprono bene la porta, mi fanno entrare, accomodare, e si siedono con me ad ascoltare.
Gli amici ed i compagni della redazione di Anbamed sono tra questi.
Grazie infinite quindi, perché nulla è scontato.
Bene. Leonard Peltier nasce il 12 settembre del 1944 nel Sud Dakota, fa parte dei Lakota, vive la sua infanzia come molti altri bimbi indiani, in parte anche dentro quelle “fantastiche” boarding school dove lui ricorda “ebbi la mia prima esperienza di detenzione…”. Cresce nell’impossibilità di poter continuare a studiare (gli piaceva molto disegnare e dipingere…) e quindi a guadagnarsi la vita con lavoretti per poi diventare, come molti indiani, meccanico che da “relitti di auto” ne aggiustano un’altra. Famiglie sconquassate, nonni che si occupano di nipoti, razzismo respirato e subito, fin da bimbi.
Ma nel 1968 nasce l’American Indian Movement, AIM, parallelamente alle Black Panthers dei neri e ai movimenti contro la guerra in Vietnam. Le azioni dell’AIM colpiscono subito nel segno e oltre al grande effetto fanno conoscere il movimento in mezzo mondo. Occupano per un anno l’Isola di Alcatraz, per 3 giorni gli uffici centrali del Bureau for Indian Affairs (a due passi dalla casa Bianca e a pochi giorni dall’elezione di Nixon) e poi per 73 giorni la spianata di Wounded Knee dove meno di 100 anni fa si era svolto uno dei più grandi massacri della storia indiana.
Leonard Peltier entra nel movimento, affascinato dalla capacità di questo di restituire dignità alle nazioni indiane sottomesse da quasi 5 secoli. Le loro lotte sono per rivendicare diritti sanciti da trattati bistrattati, per recuperare le loro tradizioni, i loro riti, la loro cultura, lingue, acque, montagne sacre.
Vengono attaccati frontalmente dal governo Usa che non puo’ tollerare che un gruppo di “cenciosi” metta in cattiva luce il crescere mito degli Usa che vanno sulla luna.
Se gli studenti bianchi dei movimenti pacifisti non si possono tanto ammazzare, i neri e i nativi la pagheranno anche per gli altri. Così nasce un programma, Contelpro, che punta a decapitare questi due movimenti: Black Panthers e AIM. Agenti, esercito, FBI ma anche squadracce assoldate fra i nativi stessi, devono incastrare, ammazzare, incarcerare tutti coloro che, oltre a vestirsi con i costumi delle tradizioni, hanno delle belle teste pensanti. Decine e decine vengono ammazzati, molti di più quelli incarcerati.
Per farla breve: nel Giugno del 1975 da una riserva di Pine Ridge, la comunità locale chiede aiuto all’AIM perché la tensione nella zona è altissima. Arrivano in 17, di cui 6 uomini. Tra questi Leonard Peltier. I nuovi arrivati si uniscono alla comunità e aiutano in tutti i compiti di sopravvivenza e gestione, le armi certo che ce le hanno, ma negli Usa, si sa, ce le hanno tutti.
È la mattina del 26 Giugno quando arriva una macchina ad alta velocità, sgommando, nei pressi del campo. Scendono due uomini, non vi è nessun segno di riconoscimento. Inizia una sparatoria tremenda al termine della quale quei primi due uomini bianchi arrivati e uno dei nativi resteranno a terra, morti. A posteriori verrà detto che quei due uomini (rivelatisi ben presto due agenti dell’FBI) stavano cercando un nativo che aveva rubato un paio di stivali.
Dopo poco arrivarono decine di agenti e quel giorno vennero sparati 35.000 colpi!

Il gruppo degli indiani, pur se con vecchi e bambini, riuscì miracolosamente a dileguarsi. Vennero ricercati in tre: Bob Robideau, Dino Butler e Leonard Peltier. Dopo poche settimane, vennero arrestati i primi due, il processo fu giusto e vennero assolti. Il giudice disse: “Non vi sono prove che siano stati loro, ma anche fossero stati loro sarebbe stata legittima difesa.” Quando quindi fu catturato Peltier, rifugiatosi in Canada, l’FBI procurò in breve tempo delle prove (poi rivelatesi assolutamente false, tanto che a posteriori il governo canadese contestò) e organizzò un processo in altra città, con altra giuria e un altro giudice e ottenne in poco tempo quello che voleva: la vendetta. Due ergastoli per Peltier.
Stavolta al termine, il giudice disse: “E’ vero non avevamo alcuna prova, ma qualcuno dovevamo pur mettere dentro.”
Peltier è entrato in carcere il 6 febbraio del 1976, da allora non è mai uscito se non per una brevissima fuga, di quelle in cui “ti aiutano” a scappare per poi spararti alla schiena. Non è altrimenti uscito nemmeno per i funerali dei suoi cari. Sta in Florida a migliaia di chilometri di distanza dalla sua gente, in carcere di massima sicurezza.

Per lui vi sono state campagne su campagne e a leggere sul web si vede la stratificazione di queste che ogni volta ripartono, ma che non sono, fino ad ora, mai riuscite a scalfire
quei portoni di ferro e quelle pareti di cemento armato.
Lui si è sempre dichiarato innocente e, soprattutto, non ha mai rinnegato i suoi ideali. Forse se lo avesse fatto sarebbe fuori.
Quando Clinton, a fine mandato, era ad un passo da firmare la sua liberazione, 500 tra agenti dell’FBI e famigliari manifestarono sotto la Casa Bianca e la penna rimase appoggiata sulla scrivania del Presidente.
Obama, dopo 8 anni di presidenza e le lacrime spese nella cella di Mandela nell’isoletta in Sud Africa, fu la delusione più forte per tutto il movimento che si batte da generazioni, per la liberazione di Peltier


Ora si avvicinano due date importantissime (dopo l’ulteriore feroce delusione di una commissione che in luglio 2024 avrebbe potuto liberarlo per motivi di salute e che invece ha negato il diritto di Peltier di uscire):

  • Leonard compie 80 anni (12 settembre 2024);
  • e Biden lascia la Casa Bianca.
  • Per questo il movimento internazionale farà tutto il possibile perché nei prossimi mesi emerga dal silenzio la vicenda di Peltier; le pressioni sul presidente Biden, perché firmi la sua liberazione, dovranno essere il più forte possibile.
    Prima di arrivare al “da farsi”, qualcuno potrà chiedere: “Si vabbè, ma cosa c’entra la questione dei nativi e di questo prigioniero con i temi di Anbamed?” Invece crediamo che, per esempio, la storia di Usa e Israele (pur con le dovute proporzioni) nascano da un’occupazione, una colonizzazione, un massacro. Si basino su un razzismo profondo e vogliano tener nascoste “le loro origini”. Sarà un caso che a Malpensa i controlli alla dogana si dividono in questo modo: “Usa e Israele” da una parte, resto del mondo
    dall’altra?
    Leonard Peltier è un simbolo, di una lotta che pesca lontano nel tempo.
    La memoria e la capacità di resistere sono essenziali in questi casi.
    Ecco, quindi, quello che si farà:
  • nella settimana che comprende il 12 settembre vi saranno presidi in varie città davanti agli uffici Usa: 10 Milano, 11 Genova, 12 Roma, 13 Napoli, 14 Firenze (date aggiornate nella locandina qui sotto pubblicata). E verranno organizzate in altre città (per ora vi sono Massa, Torino, Acquedolci-Me) le proiezioni del recente documentario “Mitakuye Oyasin” (sulla storia di Peltier) del regista Andrea Galafassi.
  • QUI il trailer: Rise Up per Leonard Peltier (youtube.com);
  • In parallelo invitiamo tutti e tutte a scrivere alla Casa Bianca in questo modo:
    aprire la pagina del sito della Casa Bianca attraverso cui inviare brevi lettere o anche semplici messaggi che chiedano FREEDOM FOR LEONARD PELTIER : https://www.whitehouse.gov/contact/   
    Chiunque voglia organizzare incontri o proiezioni sul tema contatti: bigoni.gastone@gmail.com
    Ogni aiuto è importantissimo, grazie.

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