• 13 Settembre 2024
  • di Toni Muzzioli – articolo ripreso dalla newsletter IdeeInFormazione.

16 settembre 2024. Finalmente gli italiani possono vedere al cinema “Il leone del deserto”

Che la memoria storica degli italiani in merito ai crimini del nostro colonialismo (in epoca fascista ma anche liberale) sia assai debole è cosa abbastanza nota. Meno diffusa è la consapevolezza che tale “smemoratezza” è stata sempre accuratamente coltivata dalle autorità e dalle istituzioni culturali del nostro paese. Emblematica in questo senso è la vicenda del Leone del deserto, un film del 1981 (regia di Moustapha Akkad, coproduzione Usa-Libia – Gheddafi non era ancora diventato il nemico numero uno e contribuì al budget), dedicato alla “riconquista” della Cirenaica, ovvero alla repressione, ordinata da Mussolini ed eseguita tra 1930 e 1931 dal generale Rodolfo Graziani, della guerriglia anticoloniale guidata dal leader religioso (senussita) Omar al-Mukhtar. Forte di un cast di altissimo livello (tra gli altri, Anthony Quinn, Irene Papas, Rod Steiger ancora nei panni del duce, dopo Mussolini ultimo atto di Lizzani), il film si presenta come una documentata ricostruzione storica di quella vicenda.
A suo tempo elogiato dallo storico Denis Mack Smith per la buona aderenza ai fatti storici, il kolossal non manca di alcuni elementi di imprecisione, ma quel che conta sottolineare è che propone una descrizione molto precisa delle modalità da “guerra di sterminio” adottate dalle autorità italiane per avere ragione della intensa guerriglia, che da oltre un decennio impegnava le forze di occupazione: l’affamamento della popolazione, la creazione di un sistema di campi di concentramento (in cui saranno portate decine di migliaia di persone), le esecuzioni pubbliche ecc. Si trattava del resto di schiacciare la resistenza libica anche al costo di massacri indiscriminati, come dice apertamente lo stesso Pietro Badoglio, governatore di Cirenaica e Tripolitania: «Non mi nascondo la portata e la gravità di questo provvedimento che vorrà dire la rovina della popolazione cosiddetta sottomessa. Ma ormai la via è stata tracciata e noi dobbiamo proseguirla sino alla fine anche se dovesse perire tutta la popolazione della Cirenaica» [così Badoglio in un telegramma del 1930 al generale Graziani, cit. in La menzogna della razza. Documenti e immagini del razzismo fascista, a cura del Centro Furio Jesi, Bologna, Grafis, 1994, p. 277].
Ebbene, Il leone del deserto fu subito denunciato dall’allora presidente del Consiglio Andreotti (attento alle questioni cinematografiche fin dall’immediato dopoguerra, quando la sua bestia nera – lo si ricorderà – era il neorealismo), scattò la censura, la televisione non lo mise in programmazione, e il film di fatto non potè essere visto da nessuno. La censura si è protratta fino a tempi molto recenti, quando fu finalmente trasmesso da Sky nel 2009 (ma la Rai ancora non lo ha mai trasmesso!), mentre oggi è visibile anche su Youtube (ma la Rete – si sa – è un mare magnum che tutto contiene e tutto confonde…).
Si può dire, comunque, che Il leone del deserto resta da quarant’anni un “film proibito” per gli spettatori italiani, come pochi altri. Se è vero, infatti, che alla fine anche le performance erotiche di Marlon Brando e Maria Schneider sul parquet sono state “sdoganate”, le operazioni di guerra di sterminio contro i libici condotte dal Regio Esercito restano tuttora un tabù insuperabile.
È allora da accogliere con grande entusiasmo l’iniziativa promossa dall’associazione “Un ponte per…”, che il 16 settembre, giornata libica in memoria delle vittime della colonizzazione, ne ha organizzato per la prima volta la proiezione in 11 sale cinematografiche di altrettante città italiane (informazioni dettagliate QUI ).

Segnaliamo, infine, per chi volesse approfondire, il dossier che nel 2011 ha dedicato a questo film la rivista online di studi cinematografici “Forma Cinema” (a cura di Monica Macchi), Il leone torna a ruggire

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