di Dino Greco
Pubblichiamo questo articolo di Dino Greco, riperito sui canali social. Chi ditiene i diritti ci può contattare per citare la testata e indicare il link al sito. La Redazione.
Cosa è successo sabato, a Roma, alla manifestazione indetta da alcune organizzazioni palestinesi per protestare contro il genocidio scientificamente attuato a Gaza dallo Stato di Israele? Andiamo con ordine.
Primo tempo: la manifestazione era stata vietata dal questore di Roma, ossequiosamente prono ai desiderata del governo Meloni, che finge di non sapere che la protesta non aveva nulla a che vedere con l’antisemitismo. Il divieto era dunque una scelta politica arbitraria e illegittima di chi non aveva il potere di adottarla perché palesemente in contrasto con la Costituzione (articolo 21).
Secondo tempo: nel corso della giornata il divieto assoluto viene rimosso e il questore autorizza lo svolgimento della manifestazione nella sola area della Piramide, mantenendo la proibizione per il corteo. L’accesso all’area, blindata da ogni lato da un imponente cordone di polizia, viene però consentito solo previa esibizione dei documenti di identità che vengono collocati, l’uno accanto all’altro, in serie di quattro, sul piano posteriore delle auto dei militi e da questi fotografati prima di essere restituiti ai legittimi proprietari. Si tratta una vera e propria schedatura di massa per una manifestazione alla fine autorizzata, sebbene nei limiti di cui si è detto: un vero e proprio atto intimidatorio e un’ulteriore violazione della Costituzione (articolo 16).
Terzo tempo: per oltre tre ore, circa 7 mila persone manifestano pacificamente, senza potersi allontanare di un palmo dal luogo cintato e senza alcun tentativo di farlo.
Quarto tempo: quando la manifestazione viene dichiarata conclusa dagli organizzatori e le persone lentamente defluiscono dalla piazza, una sessantina di giovani, seguendo un collaudato copione che con la causa palestinese non c’entrava una cippa, forzano il cordone entrando in conflitto con la polizia. Non accade nulla di particolarmente grave, ma, inconsapevolmente (o forse no) il gruppetto regala al governo e ai suoi corifei l’occasione di rivendicare la bontà delle norme penalmente repressive di ogni forma di dissenso che il parlamento si appresta ad approvare.
Quinto tempo: mentre la Meloni e La Russa strillano come aquile, rivendicando la bontà dei divieti, va in scena la rappresentazione fasulla, perfettamente rilanciata dai giornali e dai media mainstream, che fa della giornata un episodio di teppismo politico, dove le ragioni della mobilitazione, insieme allo sconvolgente dramma palestinese, vengono inabissate. E’ anche questo un aspetto, certo non secondario, dell’abisso morale in cui stiamo precipitando, un giorno dopo l’altro.
Dino Greco è giornalista e scrittore. Ha diretto per diversi anni Liberazione, il quotidiano di Rifondazione comunista. Prima aveva guidato la Camera del Lavoro di Brescia.