Per ascoltare l’audio di oggi, 1° novembre 2024:
Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo
(testata giornalistica online fondata da Farid Adly.
Direttore responsabile Federico Pedrocchi)
Rassegna anno V/n. 297 (1548)
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Le notizie:
Genocidio a Gaza
Oltre 100 civili palestinesi uccisi nei bombardamenti di ieri sul nord della Striscia di Gaza. I cacci di Tel Aviv hanno bombardato anche l’ospedale indonesiano, già fuori servizio e usato come rifugio per sfollati. In tutto il nord di Gaza non ci sono più strutture mediche per curare i feriti, dopo la devastazione e bombardamento dell’ospedale Kamal Adwan. Un annientamento scientificamente studiato come al tempo delle occupazioni naziste in Europa durante la seconda guerra mondiale.
Ieri, l’esercito israeliano è tornato a bombardare anche il centro di Gaza. Il campo di Nuseirat è stato preso di mira, all’alba di oggi, dall’artiglieria navale. 13 uccisi.
l nostro commento quotidiano fisso: Ci sono ancora coloro che obiettano che non si tratti di genocidio, basandosi su congetture
storiche e non guardando la realtà delle cifre e delle intenzioni dichiarate dai politici e generali israeliani. Chiudono gli occhi e dicono: “Dire che Israele commette genocidio è una bestemmia”.
Pronunciare una frase simile è la vera bestemmia nei confronti della memoria dei sei milioni di ebrei assassinati dal nazismo tedesco.
Situazione umanitaria
Un grido di allarme del rappresentante palestinese all’ONU, Riad Mansour, durante la seduta del Consiglio di Sicurezza dell’ONU: “La popolazione palestinese del nord di Gaza è sottoposta ad un’opera di annientamento e nessuno si muove in soccorso per fermare la mano degli assassini. Chi rifiuta lo sfollamento forzato, viene assassinato. Deportazione e sterminio sotto gli occhi del mondo. Quando vi muovete, per fermare questa carneficina?”.
Sono 4 settimane che Israele assedia il nord della Striscia, impedendo l’ingresso di qualsiasi aiuto umanitario, affamando la popolazione e sottoponendola ad un bombardamento continuo.
Libano
Dalla mezzanotte, 13 raids aerei israeliani su Beirut. Nessuna tregua mentre sono in corso le trattative con la mediazione USA. Proprio nel momento di arrivo a Tel Aviv del “negoziatore” Hockestien, ex soldato israeliano, l’esercito di Netanyahu ha compiuto una strage con 13 civili assassinati nella capitale libanese. Un messaggio del governo di Tel Aviv al premier libanese Miqati: non ci sarà nessuna tregua mentre sono in corso le trattative indirette. La proposta israeliana si rivela un’occupazione camuffata del sud Libano, perché ammette all’esercito israeliano di entrare in territorio libanese a suo piacimento. Non solo, ma dopo il suo incontro con Netanyahu, Hockestien ha chiesto a Beirut un cessate il fuoco unilaterale. Nessun governo accetterebbe una condizione simile e in effetti, il premier Miqati ha respinto la proposta affermando che chiede l’applicazione delle tre condizioni avanzate in precedenza: un cessate il fuoco immediato e ritiro israeliano entro una settimana, entrata dell’esercito libanese a sud del fiume Litany da completare entro 60 giorni e applicazione della risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU del 2006, che prevede una fascia di sicurezza smilitarizzata sui due lati della linea di demarcazione in territorio libanese e israeliano.
Cisgiordania
Tre giovani palestinesi assassinati dall’esercito israeliano a Tulkarem. Nel campo di Nour Shams, sono avvenuti scontri tra resistenti palestinesi e le truppe dell’esercito occupante. Droni israeliani hanno bombardato con missili teleguidati la casa dove erano asserragliati i combattenti palestinesi, uccidendone due. Un terzo palestinese è stato ucciso dalle pallottole dei soldati durante un’operazione di rastrellamento a Tulkarem.
Altre incursioni dell’esercito israeliano con diversi feriti sono avvenute a Beit Amer, nella provincia di El-Khalil, a Qalqilia, a Nablus e a Betunia, nei pressi di Ramallah. Decine di feriti e arrestati.
Unrwa
È guerra israeliana contro l’ONU. Non solo diplomatica. L’ufficio dell’Unrwa nel campo profughi di Nour Shams, a Tulkarem, è stato distrutto dall’esercito di occupazione israeliano. Dopo l’entrata delle truppe e l’evacuazione del personale, l’esercito ha fatto entrare in funzione i bulldozer, distruggendo tutti gli uffici con la demolizione di muri e devastazione delle suppellettili. La grave sfida alla comunità internazionale arriva dopo l’approvazione nel parlamento israeliano, a grande maggioranza, della legge che vieta le attività dell’Unrwa in Israele. L’applicazione dei militari, però, va oltre, perché Tulkarem non è territorio israeliano.
I piani del governo delle destre fasciste israeliane contro l’ONU sono in avanzata fase di pianificazione anche a Gaza. Dopo la distruzione materiale di scuole, ambulatori, uffici e sedi dell’ONU, l’esercito di Tel Aviv sta preparando un piano per la sostituzione della distribuzione degli aiuti umanitari alla popolazione di Gaza. Il piano prevede – secondo il giornale svizzero Les Temps – di appaltare la distribuzione degli aiuti ad una società privata di proprietà del miliardario israelo-statunitense e con il supporto di mercenari britannici e statunitensi, per la gestione della sicurezza. Secondo il quotidiano di Ginevra, “Questo progetto combina organizzazioni private, mercenari, ex agenti segreti e tecnologie di riconoscimento facciale su larga scala. Manca soltanto il via libera politico – israeliano e americano – per avviarlo”.
Il mini consiglio israeliano di sicurezza ha esaminato la proposta di Global delivery company (Gdc), società Usa dell’israelo-statunitense Moti Kahane. Il «taxi per le zone di guerra», come si definisce l’azienda, è pronta – come ha spiegato lo stesso AD – a mettere a frutto a Gaza l’esperienza maturata in Afghanistan dopo l’11 settembre e perfezionata in altri tre teatri bellici: Iraq, Siria e Ucraina. In quest’ultima, ha lavorato insieme a Constellis, erede della Blackwater, famigerata compagnia di contractor USA, denunciata per gli assassinii e torture sui civili iracheni a Baghdad. Anche nella Striscia di Gaza, dovrebbero lavorare in partnership con l’obiettivo di creare «comunità recintate col filo spinato», praticamente campi di concentramento. Li chiamano luoghi “liberi di Hamas” in cui i gazawi potrebbero trasferirsi, dopo essere stati sottoposti a esami biometrici in modo da escludere che si tratti di combattenti. All’interno di questi campi di concentramento, riceverebbero assistenza umanitaria e potrebbero anche dotarsi di una sorta di amministrazione locale per gli affari correnti. Gpc, insieme ai contractor di Constellis, garantirebbero la sicurezza, consentendo l’entrata solo ai residenti. Il progetto pilota dovrebbe essere realizzato nel nord di Gaza per poi estendere le “comunità recintate” a sud del corridoio centrale, la strada con i posti di blocco dell’esercito di occupazione, che attualmente spezza in due la Striscia. Il piano ha suscitato forti perplessità nelle organizzazioni umanitarie internazionali, compresa la Croce Rossa Internazionale, che si sono rifiutate di collaborare, perché il piano è la conferma delle intenzioni israeliane di riportare la Striscia sotto il controllo di Tel Aviv. Non direttamente, però, ma appaltando «la responsabilità morale e legale» a compagnie di sicurezza private. È la solita storia di colonialisti cowboy e comunità native.
(QUI, L’ARTICOLO ORGINALE IN FRANCESE)
Israele
Il regime d’Apartheid israeliano si allarga per discriminare i palestinesi cittadini di Israele anche in politica, vietando il diritto al voto ed alla candidatura, per coloro che esprimono un’opinione di appartenenza alla propria storia palestinese. Secondo la legge in discussione in parlamento e che è passata, in prima lettura, con 61 voti a favore e 30 contrari, non potranno votare o candidarsi tutti gli israeliani di origine palestinese che esprimono posizioni critiche alla politica dello stato israeliano. La legge prevede che questo divieto non sarà emesso da una commissione giudiziaria, ma parlamentare e non ammette ricorso all’alta corte israeliana. I deputati dell’opposizione che hanno votato contro contestano questa parte del disegno di legge presentato dal Likud e non il suo contenuto razzista.
Arabia Saudita
Si è svolto, mercoledì e giovedì, in Arabia Saudita l’incontro preliminare “dell’Alleanza per la soluzione dei due Stati”. Secondo il ministro degli esteri saudita che ha guidato i lavori, vi hanno partecipato rappresentanti di 149 stati e organizzazioni internazionali. Oltre ai paesi arabi e islamici, vi sono anche l’UE e la Norvegia. L’offensiva diplomatica saudita avviene a pochi giorni prima delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, per prevenire le politiche dei due forni e due tempi, utilizzate dalle diplomazie dei paesi amici di Israele. Il piano saudita fa parte della politica di Riad denominata “zero problemi”, e tende a coniugare gli interessi del regno con quelli di garantire la stabilità della regione, che “si potrà raggiungere soltanto se sarà garantita una soluzione giusta alla causa palestinese”, ha detto Bin Farhan. Il piano saudita si basa sulla proposta di pace araba approvata nel vertice di Beirut nel lontano 2002, che garantiva il riconoscimento di Israele in cambio del ritiro israeliano dai territori palestinesi occupati nel 1967 e la creazione di uno stato palestinese indipendente e sovrano con Gerusalemme capitale.
Siria
Un bombardamento israeliano su Al-Qassir, nella provincia di Aleppo ha provocato l’uccisione di 10 persone, tutti civili, tra i quali tre profughi libanesi. Altri 10 sono stati feriti, alcuni gravemente. I caccia israeliani hanno compiuto tre raids sulla zona di confine con il Libano, il terzo dei quali ha preso di mira i soccorritori. L’esercito israeliano come al solito sostiene di aver colpito depositi di munizioni e armi di Hezbollah.
Migranti
I corpi di 12 migranti tutti egiziani sono stati riportati a terra dalla marina libica di Tobruk, nell’est libico. Un solo superstite. La barca di legno era partita, nei giorni scorsi, da una spiaggia vicina alla città libica, con a bordo 13 migranti, tutti provenienti da una stessa città egiziana, Kafr Zayyat. Alcuni corpi sono stati ritrovati in mare e altri sulla spiaggia a 60 km ad est di Tobruk. Nessuno dei corpi è stato identificato per mancanza di documenti. La polizia di Tobruk ha affermato che si sta lavorando in collaborazione con quella egiziana per l’identificazione delle vittime. L’unico superstite è sotto interrogatorio per scoprire l’identità del trafficante di essere umani che ha organizzato la spedizione clandestina. La polizia è sulle tracce di un altro ragazzo egiziano che ha dichiarato, in un’intervista ad una tv araba, di essersi salvato dalla morte certa, perché il trafficante aveva rinviato il suo viaggio. In Liba e Egitto, malgrado le pene detentive pesanti per i trafficanti, l’attività altamente lucrosa è a pieno regime. In Libia, secondo studi dell’ONU, ci sono oltre 750 mila immigrati africani e asiatici non regolari e senza lavoro e potrebbero essere un bacino di utenza per trafficanti di essere umani senza scrupoli.
Notizie dal Mondo
Sono passati due anni, otto mesi e 7 giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Russia ed Iran hanno firmato un accordo di cooperazione strategica, che prevede assistenza in materia nucleare. Un altro passettino verso la quarta guerra mondiale. La terza c’è già, in Europe, tra Nato e Russia in terra ucraina.
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