Per ascoltare l’audio di oggi, 09 novembre 2024:
Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo
(testata giornalistica online fondata da Farid Adly.
Direttore responsabile Federico Pedrocchi)
Rassegna anno V/n. 305 (1556)
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Le notizie:
Genocidio a Gaza
Due bombardamenti stamattina all’alba contro un campo di tende di plastica a Mawassi la zona costiera di Khan Younis e contro una scuola trasformata in rifugio per sfollati, a Gaza città. 10 almeno le persone uccise, tutti civili, donne e bambini. Continua inoltre l’assedio e le operazioni di deportazione dei civili del nord di Gaza. Oltre ai bombardamenti aerei sulle zone residenziali, le truppe penetrate nei campi profughi di Jebalia e Beit Lahia hanno lanciato dai carri armati obici contro le abitazioni. Migliaia di donne e bambini hanno lasciato le loro case diroccate per spostarsi verso Gaza città. Poco prima di mezzanotte, altre 12 vittime sono cadute sotto i bombardamenti israeliani in diverse località.
Ieri a mezzogiorno, il ministero della sanità palestinese ha emesso il suo rapporto giornaliero sulle vittime: tra giovedì e venerdi, sono state compiute tre stragi che hanno causato l’uccisione di 39 civili e il ferimento di altri 123. Il numero totale delle vittime dall’ottobre 2023 è di 43.508 uccisi e 102.684 feriti. Uno sterminio sotto la luce del sole che non trova un intervento risolutorio delle cancellerie, per fermare la mano degli assassini.
L’avvocata australiana Tirana Hassan, direttrice esecutiva di Human Rights Watch ha invitato a bloccare le esportazioni di armi verso Israele. “Stati Uniti, GB e Germania se decidessero di non inviare armi all’esercito israeliano, le operazioni sul campo cambierebbero completamente. Non farlo è un invito ad altri di seguire l’esempio di Israele nel compiere stragi di civili impunemente”.
Il nostro commento quotidiano fisso: Ci sono ancora coloro che obiettano che non si tratti di genocidio, basandosi su congetture
storiche e non guardando la realtà delle cifre e delle intenzioni dichiarate dai politici e generali israeliani. Chiudono gli occhi e dicono: “Dire che Israele commette genocidio è una bestemmia”.
Pronunciare una frase simile è la vera bestemmia nei confronti della memoria dei sei milioni di ebrei assassinati dal nazismo tedesco.
Situazione umanitaria
Un altro rapporto dell’ONU sulle atrocità israeliane nella guerra contro la popolazione di Gaza (che non troverà spazio sui giornaloni scorta mediatica di Netanyahu). “Il 70% delle vittime dei bombardamenti indiscriminati israeliani sono donne e bambini. Non è una stima, ma un’analisi approfondita dell’elenco di nomi e età delle vittime. Queste uccisioni indiscriminate sono una violazione delle norme internazionali di guerra e potrebbero rasentare i crimini di guerra e contro l’umanità e anche il genocidio”. Il rapporto aggiunge: “A queste uccisioni indiscriminate si aggiunge la pratica di ridurre i civili alla fame nelle zone occupate o assediate, impedendo il passaggio degli aiuti umanitari, la distruzione delle infrastrutture civili degli agglomerati urbani e la deportazione continua. Il risultato di questa politica israeliana contro la popolazione civile ha portato a morti e uccisioni, ferimento e sparizioni di migliaia di persone ed alla diffusione di malattie”.
Il direttore dell’ospedale “Kamal Adwan”, dottor Hossam Abu-Safieh, ha lanciato un appello video per denunciare la situazione drammatica in cui si trovano i due medici rimasti ancora in vita nella struttura: “ogni giorno arrivano centinaia di feriti che non possiamo curare, per mancanza di personale e di medicine. I feriti muoiono sotto i nostri occhi, per mancanza di cure. L’esercito occupante vieta l’ingresso di acqua e cibo. È una catastrofe”. Ricordiamo che l’esercito israeliano aveva fatto irruzione il 23 ottobre nella struttura ospedaliera e ha costretto malati e personal e medico ad evacuare. Sono stati denudati e ammanettati lasciati per terra diverse ore, per mandare ad una destinazione finora ignota decine di medici e infermieri.
Libano
Si rinnovano i bombardamenti intensi israeliani sulla zona sud della capitale libanese Beirut. Sono state colpite la zona dell’università e il quartiere Burj Al-Barajneh. La protezione civile libanese ha dichiarato che le bombe israeliane hanno colpito 6 palazzine radendole al suolo. “Le operazioni di soccorso sono continuate per tutta la notte e si continua ad estrarre corpi e feriti”.
È stata sottoposta a bombardamenti anche la città meridionale di Sour (Tiro). Ci sono 30 feriti, secondo il comunicato del ministero della sanità libanese.
L’avanzamento di terra delle truppe israeliane invece va a rilento a causa delle forti resistenze dei combattenti libanesi, che hanno causato morti e feriti tra i soldati invasori. La vendetta dei militari israeliani è stata quella di demolire con dinamite e bulldozer interi villaggi della zona a ridosso della linea di demarcazione. Secondo rapporti del governo di Beirut, sono 36 i villaggi interamente rasi al suolo. La chiamano “Striscia di sicurezza”, ma in realtà è una zona di morte della civiltà.
Anche i caschi blu internazionali schierati alla linea di demarcazione non si sono salvati dalla furia di Tel Aviv. Un portavoce dell’Unifil ha denunciato che l’esercito israeliano ha distrutto un muro di una caserma dei caschi blu e una rete di filo spinato che delimitava un terreno di operazioni delle forze internazionali. “è una violazione delle leggi internazionali”. Il comunicato ricorda anche che un bombardamento israeliano di giovedì aveva danneggiato un pullmino dell’Unifil che stava trasportando caschi blu, provocando 10 feriti. Secondo il rapporto dell’Unifil, “ci sono stati finora 40 attacchi contro le nostre basi, 10 di questi sono documentati da video. In prevalenza sono attacchi premeditati e non casuali”.
Cisgiordania
Un attacco militare contro il campo di Balata, vicino a Nablus. Come al solito i soldati israeliani erano accompagnati dai bulldozer che hanno iniziato a distruggere le infrastrutture urbane. Una punizione collettiva contro tutta la popolazione. Altre irruzioni militari sono avvenute in villaggi vicino a Ramallah e Betlemme.
Nei villaggi di Jenin, dopo i soldati entrano in azione i coloni. Diversi villaggi palestinesi, a sud della città simbolo della resistenza contro l’occupazione, sono stati devastati dalle aggressioni dei coloni spalleggiati dall’esercito. Hanno incendiato case e auto e poi sono fuggiti protetti dai soldati.
Una fatwa
Un duro attacco giuridico a Hamas è stato inferto dal dottor Salman Al-Dayya, ex rettore della facoltà di Sharia e legislazione islamica dell’Università islamica di Gaza. Sui suoi canali sociale in lingua araba (QUI) ha espresso un giudizio netto e senza attenuanti di condanna all’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre 2023. In una lettera aperta ai “signori politici”, il prof. Al-Dayya sostiene che “non ha nulla di lecito giuridicamente nella Sharia ogni azione non calcolata che causa danni e drammi alla gente. Chi ha architettato quelle azioni sapeva degli effetti disastrosi che avrebbe causato. Nessuna scusante per il mandare alla deriva tutta la popolazione, anche con i migliori e nobili motivi di lotta contro l’oppressione. Sono stati violati i principi del jihad”. Un lunghissimo ragionamento teologico argomentato con citazioni coraniche e della tradizione del profeta Mohammed. Il prof. Salman Al-Dayya è della corrente salafita moderata che si oppone all’estremismo dei movimenti politici sunniti e sciiti e sono note le sue posizioni di condanna di Al-qaeda e di Daiesh (ISIS). Al-Dayya ha rifiutato di sfollare da casa sua nel nord di Gaza e ha affermato che “resistere passivamente nella propria casa è una sfida all’esercito occupante invasore”.
Giornalismo
Si è tenuta ad Addis Abeba una Conferenza internazionale sulla libertà d’informazione. Sotto l’Egida dell’Unesco e dell’Unione Africana, centinaia di giornalisti provenienti da 40 nazioni hanno discusso dei pericoli della professione in tempo di guerra. L’iniziativa è stata intrapresa per i 10 anni della dichiarazione di Strasburgo del 2014 ‘Giornata internazionale per porre fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti’ con la risoluzione dell’Assemblea generale A/RES/68/163. La data è stata scelta per commemorare l’assassinio di due giornalisti francesi in Mali il 2 novembre 2013.
Nel messaggio rivolto ai presenti, il segretario generale dell’ONU ha sottolineato: “Si stima che, globalmente, 9 su 10 degli omicidi di giornalisti restino impuniti. L’impunità genera ulteriore violenza. Questo deve cambiare. L’impunità per i crimini contro i giornalisti è una delle sfide più urgenti del nostro tempo, particolarmente nei contesti di conflitto e crisi. Garantire la sicurezza di chi riporta i fatti è essenziale per il rispetto della libertà di espressione e per l’accesso ad informazioni corrette, diritti umani fondamentali che poggiano sulla protezione dei giornalisti”.
Nel panel dedicato al mondo arabo, la giornalista palestinese Shorouq Asaad ha sottolineato la determinazione dell’occupazione israeliana di Gaza a cancellare qualsiasi altra narrazione sul genocidio in corso da oltre un anno, prendendo di mira deliberatamente i giornalisti e gli operatori media. È stato ucciso il 10% dei 1700 giornalisti circa registrati nel sindacato, sono state bombardate 73 sedi di redazioni, 21 stazioni radio e tv sono state distrutte e cessate le loro trasmissioni. Centinaia di giornalisti sono stati costretti allo sfollamento con le loro famiglie per sette-otto volte almeno.
Ieri, venerdì, è stato assassinato il 184 esimo giornalista a Gaza. Khaled Abu-Zir di radio Saawt Shaab è stato ucciso mentre stava compiendo il suo lavoro di informare il pubblico sul genocidio in corso nel nord di Gaza.
Abdul Muniem Abu-Idris, presidente del sindacato dei giornalisti sudanesi, ha designato i tratti foschi della situazione nel suo paese. “fino allo scorso settembre sono stati uccisi 13 giornalisti e il 90% delle redazioni sono state saccheggiate. Circa 500 giornalisti sono stati costretti a fuggire all’estero. Altri 1000 sono praticamente senza lavoro e al momento attuale nelle zone di conflitto ci sono soltanto 260 giornalisti che operano in condizioni difficilissime; molte volte presentare la tessera di giornalista invece di garantire protezione, causa angherie e persecuzioni. Le due partii militari belligeranti non rispettano il diritto internazionale”.
Lo stesso si può affermare per la situazione dello Yemen. Yussif Hazeb, presidente dell’associazione dei giornalisti yemeniti (SADA) ha informato che 63 giornalisti sono stati assassinati in 10 anni di guerra nel suo paese. “Altri 520 hanno subito sparizioni coercitive. 150 redazioni sono state chiuse per mano dei due governi che controllano il paese. Un’altra sfida che i giornalisti yemeniti vivono con terrore è la clava dei processi penali. 25 giornalisti sono sottoposti attualmente a procedimenti penali per denunce pretestuose di diffamazione. Contro un giornalista è stata pronunciata una condanna a morte da un tribunale delle milizie Houthi”.
BDS
Il boicottaggio funziona. Molte società multinazionali sottoposte a boicottaggio hanno chiuso i loro bilanci con grandi perdite di mercato e alcune hanno dovuto chiudere le filiali in M.O. o cambiare nome.
Starbucks ha dichiarato una flessione del 7% del bilancio internazionale, con profitti fermati a 909 milioni di dollari nel terzo trimestre 2024 rispetto al 1,21 miliardi dello stesso periodo del 2023. Anche la quotazione in borsa ha subito un calo del 25%. La catena di ristoranti Americana ha perso il 50% dei clienti in Arabia Saudita. McDonald’s ha perso il 3% dei profitti, a livello globale, nei primi 9 mesi di quest’anno rispetto allo stesso periodo nel precedente anno. La società Coca Cola ha perso il 14% del mercato in Africa e Medio Oriente.
Manifestazioni di piazza in paesi arabi
Si sono svolte in Giordania e Marocco grandi manifestazioni in solidarietà con il popolo palestinese e sostegno al Libano. In Marocco, come tutti i venerdì, il Comitato per il sostegno a Gaza ha indetto decine di iniziative subito dopo la preghiera collettiva del venerdì. Decine di migliaia di persone hanno aderito in una decina di grandi città del paese. Queste manifestazioni di protesta vengono organizzate con la parola d’ordine: “Gaza vincerà”. È la 57esima settimana che si svolgono con grande partecipazione di massa. Il Marocco riconosce Israele e ha forti collaborazioni militari con Tel Aviv.
In Giordania, le due manifestazioni più partecipate sono state nella capitale Amman e nella città di Irbid. Nel regno è forte il movimento che chiede la rottura delle relazioni diplomatiche tra Amman e Tel Aviv. La monarchia invece si barcamena tra la sua fedele affiliazione alla politica di Washington e i forti sentimenti della popolazione, della quale la metà è di origine palestinese.
Le più partecipate manifestazioni arabe si sono svolte in Yemen sotto il controllo degli Houthi. Centinaia di migliaia di manifestanti sono scesi nelle principali piazze del paese. (GUARDA IL VIDEO).
Scontri ad Amsterdam
I tifosi della squadra israeliana ad Amsterdam hanno provocato gridando per le strade della capitale olandese slogan per la morte dei palestinesi ed hanno attaccato locali arabi, insegne, bandiere e striscioni a favore della causa Palestina, atti di vandalismo anti arabo ed antipalestinese non presi in considerazione dalla polizia olandese, ma i vandali israeliani li hanno postate sui loro account social (guarda questo video). Sono diversi video che mostrano le provocazioni degli ultras del Maccabi ad Amsterdam, prima della partita di calcio contro l’Ajax. In alcuni filmati gli ultras cantanocori offensivi nei confronti del popolo palestinese e altri cori offensivi nei confronti degli arabi. In un video, rimuovono unabandiera palestinese dalla facciata di un’abitazione. Poi quando è arrivata la risposta dei sostenitori della Palestina, apriti cielo! Piagnucolano da Tel Aviv gridando all’antisemitismo, dal presidente al premier e al ministro degli esteri e minacciano di perseguitare i responsabili ovunque si trovino. Citano la notte dei cristalli, di nazista memoria. Dichiarazioni del ministro dell’Interno olandese, del sindaco di Amsterdam e di altri che si sono riempiti la bocca della parola antisemitismo. Hanno parlato di strage, quando in realtà tutti i 10 feriti sono stati dimessi subito dopo il ricovero. L’esercito israeliano aveva pensato addirittura di mandare due aerei militari per “salvare i cittadini israeliani dall’aggressione subita”, ma poi dopo i contatti diplomatici hanno desistito. Una narrazione assolutamente fuori luogo, ma che molti imbecilli dei filo israeliani hanno bevuto. Un gruppetto di Milano ha organizzato in fretta e furia un flash-mob in piazza San Babila per dire no all’antisemitismo, che in realtà non c’entra per nulla. 43 mila uccisi, 103 mila feriti e 17 mila dispersi non hanno toccato le loro coscienze. 10 feriti in scontri tra tifosi causate da idee politiche e dopo provocazioni documentate, invece li hanno mobilitati. Con scarso effetto, perché lo spauracchio dell’antisemitismo non funziona più.
Mobilitazioni in Italia
Oggi, sabato, alle 14:00, si terrà a Roma l’Assemblea Nazionale per la Palestina. Il comitato promotore ha scritto un comunicato: “Dopo un anno di manifestazioni, azioni, campagne di solidarietà, l’assemblea, aperta a tutte le realtà solidali con la Palestina, si propone come obiettivo immediato la costruzione di una solida rete, in grado di agire con sempre maggior efficacia nel costruire, raccogliere e realizzare proposte, con parole d’ordine comuni, a cominciare da subito:
– Manifestazione nazionale
– Campagne locali e nazionali,
– azioni e presidi di denuncia dei responsabili e dei complici del genocidio, dei massacri, della distruzione umana e materiale, di vite e di civiltà
– iniziative di informazione e cultura
Al centro della assemblea ci sarà la necessità di mettere fine alle complicità di aziende e Istituzioni: del governo italiano come della Unione Europea subordinati alle politiche degli Stati Uniti e quindi garanti dell’impunita pluridecennale di Israele che è all’origine della sua attuale politica criminale, un pericolo per tutto il mondo”.
Anbamed ha aderito. (Per maggiori info e visionare la lista di tutte le realtà organizzative aderenti).
Cultura
Si è inaugurato giovedì e continua fino al 16 novembre il Salone del libro di Algeri. La sessione avviene nel 70esimo anniversario della lotta di liberazione guidata dal FLN e ha come slogan: “Leggiamo per vincere”. 1007 editori di 40 paesi, tra ii quali 293 editori algerini. Saranno esposti oltre 300 mila titoli di libri cartacei e digitali. Secondo gli organizzatori sono previsti 3 milioni di visitatori, una media di 300 mila visitatori al giorno. Ospite d’onore è il Qatar.
Notizie dal Mondo
Sono passati due anni, otto mesi e 15 giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Una telefonata di 25 minuti tra Trump e Zelensky alla quale ha partecipato Musk. Il presidente ucraino ha detto di essere meno preoccupato di prima, senza spiegare il perché.
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