Da una comunicazione dell’Ufficio d’Informazione del Kurdistan in Italia riceviamo questo documento, che con piacere pubblichiamo:
Abbiamo appreso questa mattina dell’arresto della giornalista Cecilia Sala avvenuto il 19 Dicembre a Teheran.
Purtroppo siamo ben consapevoli della repressione sistematica che il governo iraniano riserva ad attivisti, giornalisti e alla società civile tutta, in particolare alle donne.
Specialmente alla luce delle recenti condanne a morte delle attiviste curde Verishe Moradi e Pakshan Azizi, anche loro prigioniere nel carcere di Evin, in cui abbiamo appreso dalla stampa si trovi anche la giornalista italiana, non possiamo che esprimere la nostra massima solidarietà a Cecilia Sala, ai suoi colleghi e alla sua famiglia.
Questo arresto rappresenta un attacco inaccettabile alla libertà di informazione in un paese da cui è cruciale che continuino a emergere voci libere e indipendenti.
Rinnoviamo quindi la nostra piena solidarietà e ci auguriamo che sia presto rilasciata, così che possa continuare a svolgere il suo lavoro in totale libertà.
In allegato troverà due dossier di approfondimento sulla situazione delle donne curde attualmente prigioniere politiche in Iran, con particolare attenzione ai casi di Verishe Moradi, Pakshan Azizi e Zeinab Jalalian, condannate a morte.
Le tre attiviste, come molte altre, sono accusate in varie forme di ribellione contro lo stato, accuse spesso supportate da confessioni estorte sotto tortura.
Questi casi emblematici mettono in risalto non solo la condizione di oppressione di genere imposta dallo stato iraniano, ma anche l’aggravamento di questa oppressione quando la vittima è un’attivista politica o sociale e appartiene ad una minoranza etnica, religiosa o linguistica.
è fondamentale un’azione immediata per salvare la vita di queste donne, che rischiano di essere giustiziate per impiccagione in qualsiasi momento, come avviene quotidianamente a decine di prigionieri politici.
Ufficio d’Informazione del Kurdistan in Italia
Dossier sulle donne prigioniere politiche in Iran
Introduzione
Le donne in Iran devono affrontare una complessa combinazione di sfide e opportunità. Da
un lato, sono stati raggiunti risultati significativi nei campi dell’istruzione, dell’arte e della
scienza. D’altro canto, leggi e politiche governative restrittive, unite a discriminazioni sociali
e culturali, hanno reso difficile la loro situazione. Questa realtà è particolarmente accentuata
per le donne appartenenti a minoranze etniche, religiose e politiche, come le donne curde o
baluci.
Le donne attive politicamente e socialmente sono particolarmente a rischio di arresto,
tortura e detenzione. Casi come quelli di Narges Mohammadi, Atena Daemi, Zeinab Jalalian
e Pakhshan Azizi sono esempi importanti della repressione delle donne attive e che
protestano.
Il movimento “Donna, vita, libertà”, che negli ultimi anni è stato accompagnato da proteste
diffuse, simboleggia le richieste delle donne per ottenere pari diritti e maggiori libertà.
Questo movimento è diventato una delle icone della lotta per la giustizia sociale e
l’uguaglianza in Iran.
Le donne appartenenti a minoranze etniche, religiose e politiche in Iran subiscono
un’ulteriore discriminazione:
Donne curde e baluci: Queste donne sono spesso alle prese con problemi quali la
povertà, la violenza di Stato e la discriminazione nell’accesso all’istruzione e ai servizi
sanitari.
Donne bahá’í e cristiane: Le donne appartenenti a minoranze religiose devono
affrontare restrizioni legali e sociali e sono spesso private di opportunità di lavoro e di
istruzione.
Le donne prigioniere politiche in Iran simboleggiano l’intersezione tra l’oppressione di
genere e la persecuzione del dissenso sancita dallo Stato. Tra i casi più significativi ci sono
Verishe Moradi, Pakshan Azizi e Zeinab Jalalian, tre donne curde le cui vite e le cui lotte
evidenziano la condizione delle donne colpite dal fuoco incrociato della discriminazione
etnica, della disuguaglianza sistemica di genere e della repressione autoritaria.
This dossier provides a comprehensive overview of their lives, activism, imprisonment, and
the broader context of women’s political imprisonment in Iran.
- Background e attivismo
1.1 Verishe Moradi
Verishe Moradi, attivista curda e sostenitrice dei diritti delle donne, si è impegnata ad
affrontare l’emarginazione delle donne curde. Come leader della comunità, l’attivismo di
Verishe si è concentrato sul rafforzamento delle donne attraverso l’istruzione e la resistenza
contro le restrizioni culturali e imposte dallo Stato. Arrestata durante le proteste del 2021, è
stata accusata di “Baghi” (ribellione armata) senza che vi fossero prove che la collegassero a
tali atti.
1.2 Pakshan Azizi
Pakshan Azizi, assistente sociale e femminista, ha lavorato per sostenere le vittime di
violenza domestica e promuovere la parità di genere nelle regioni curde. Ha organizzato
programmi di educazione delle donne sui loro diritti e ha sfidato attivamente la violenza
patriarcale e statale. Arrestata nell’agosto del 2023, Pakshan è stata torturata e accusata
ingiustamente di ribellione al regime, ricevendo una condanna a morte.
1.3 Zeinab Jalalian
Zeinab Jalalian è una delle donne curde prigioniere politiche da più tempo in Iran. Arrestata
nel 2008, è stata accusata di appartenere al PJAK (Partito della Vita Libera del Kurdistan),
accusa che lei nega. Zeinab è stata sottoposta a gravi torture e alla negazione delle cure
mediche, anche se soffre di malattie potenzialmente letali. Il suo caso ha attirato l’attenzione
internazionale sulla condizione delle donne curde nelle carceri iraniane.
- Arresto e accuse
L’arresto di queste donne riflette i difetti sistemici del processo giudiziario iraniano:
Accuse inventate: Accuse come “Baghi”, “diffusione di propaganda contro lo Stato” o
“corruzione sulla Terra” sono spesso formulate senza prove.
Tortura e confessioni forzate: Tutte e tre le donne hanno riferito di essere state
sottoposte a torture, tra cui abusi fisici, intimidazioni psicologiche e isolamento
prolungato.
Processi non trasparenti: È stato negato loro l’accesso all’assistenza legale durante le
fasi cruciali dei processi. I procedimenti giudiziari sono stati brevi, segreti e
predeterminati, violando gli standard internazionali di un processo equo. - Condizioni di detenzione
Le condizioni di queste donne riflettono la dura realtà della detenzione politica in Iran:
Torture fisiche e psicologiche: La tortura rimane una pratica diffusa nei centri di
detenzione iraniani, in particolare per i prigionieri politici.
Negazione di cure mediche: A Zeinab Jalalian sono state negate le cure mediche per
gravi malattie. Anche Pakshan Azizi e Verishe Moradi soffrono di ferite non curate a
causa delle torture.
Isolamento e molestie: I prigionieri politici, soprattutto le donne, sono isolati dalle
loro famiglie e sottoposti ad abusi verbali da parte delle autorità carcerarie.
Comunicazione limitata: L’accesso alle visite dei familiari e all’assistenza legale è
fortemente limitato. - Il contesto più ampio delle donne prigioniere politiche
L’Iran utilizza l’incarcerazione come strumento per reprimere il dissenso, e le donne spesso devono affrontare il doppio onere della persecuzione politica e della discriminazione di genere:
Presa di mira degli attivisti: Le donne coinvolte nei movimenti sociali, nella difesa dei
diritti umani o nelle proteste sono prese di mira in modo sproporzionato.
Discriminazione etnica e di genere: Le donne curde, in particolare, subiscono
un’ulteriore discriminazione a causa della loro etnia e del loro genere.
Aumento delle esecuzioni: Dopo le proteste di “Donna, vita, libertà”, le esecuzioni di
donne sono aumentate drasticamente. Solo nel 2023 sono state giustiziate almeno
24 donne, molte delle quali curde. - Reazioni globali e solidarietà
La comunità internazionale ha condannato il trattamento riservato dall’Iran alle donne
prigioniere politiche:
Organizzazioni per i diritti umani: Gruppi come Amnesty International e Human
Rights Watch hanno chiesto l’immediata cessazione della tortura e dei processi
iniqui.
Campagne globali: Si sono intensificati gli appelli per l’abolizione della pena di morte
in Iran e per il rilascio di tutti i prigionieri politici.
Movimenti di solidarietà: Le organizzazioni per i diritti delle donne a livello globale si
sono riunite intorno a questi casi come emblematici della più ampia lotta per la
libertà in Iran. - Importanza dei loro casi
I casi di Verishe Moradi, Pakshan Azizi e Zeinab Jalalian sono significativi perché:
Simboli di resistenza: Rappresentano la resistenza delle donne curde contro
l’oppressione sistemica.
Ingiustizia evidente: La loro situazione sottolinea le diffuse violazioni giudiziarie e dei
diritti umani in Iran.
Ispirazione per i movimenti: Il loro coraggio ispira il movimento globale “Donna,
Vita, Libertà”. - Richieste di giustizia
I seguenti passi sono essenziali per affrontare le ingiustizie subite da queste donne: - Azione immediata: Revoca delle condanne a morte e rilascio di tutti i prigionieri
politici. - Responsabilità: Indagini su accuse di tortura e cattiva condotta giudiziaria.
- Abolizione della pena di morte: Una campagna globale per porre fine alle esecuzioni
in Iran, soprattutto per i dissidenti politici. - Sostegno alle famiglie: Fornisce assistenza psicologica e finanziaria alle famiglie dei
prigionieri politici.
Conclusioni
Le storie di Verishe Moradi, Pakshan Azizi e Zeinab Jalalian esemplificano il coraggio e la
determinazione delle donne iraniane di fronte all’oppressione. La loro prigionia e la loro
persecuzione ci ricordano l’urgente necessità di una solidarietà globale nella lotta per la
giustizia e i diritti umani in Iran.
Il grido di battaglia “Donna, vita, libertà” continua a risuonare in tutto il mondo, ispirato dai sacrifici e dalle lotte di queste donne e di molte altre come loro.