Il 15 febbraio 2025 segnerà il 26° anniversario della cattura di Abdullah Öcalan, il leader storico del movimento curdo e figura centrale nella lotta per i diritti e l’autodeterminazione del popolo curdo. Dal 1999, Öcalan è detenuto in isolamento sull’isola-prigione di Imrali. La sua prigionia rappresenta un simbolo della più ampia repressione contro le rivendicazioni curde, ma anche della difficoltà della Turchia nell’affrontare una soluzione politica e pacifica a un conflitto che perdura da decenni.
La liberazione di Abdullah Öcalan non riguarda soltanto la giustizia per un uomo imprigionato in condizioni che violano il diritto internazionale e lo stesso sistema giuridico turco, ma costituisce anche un passo fondamentale per la costruzione di una pace duratura tra lo stato turco e il popolo curdo. Nel corso degli anni, Öcalan ha più volte espresso la sua disponibilità a negoziare e a promuovere la pace, avanzando proposte che prevedono il riconoscimento dei diritti dei curdi all’interno di una Turchia democratica e pluralista.
In tutto il paese, le pratiche utilizzate sull’isola di Imrali sono state estese per soffocare ogni forma di dissenso e di opposizione che veda nella soluzione politica della questione curda una possibile svolta verso una trasformazione democratica dell’intero Medio Oriente. Attraverso la prigionia di Abdullah Öcalan, lo Stato turco non solo cerca di isolarlo fisicamente come individuo, ma mira anche a soffocare i risultati democratici emersi dalle sue idee.
Il 28 dicembre scorso, una delegazione del Partito DEM, composta dai parlamentari Sırrı Süreyya Önder e Pervin Buldan, ha incontrato Abdullah Öcalan nell’isola-prigione di Imrali. Si trattava del primo incontro completo con Öcalan dopo nove anni, a seguito dei negoziati del 2015 tra lo stato turco e il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) interrotti da Erdogan. Questo incontro è stato preceduto da una visita familiare, avvenuta a ottobre, con il nipote Omer Öcalan.
Pur rappresentando un segnale positivo, considerando che Öcalan era stato sottoposto a un isolamento totale per quasi quattro anni, le condizioni della sua detenzione rimangono inaccettabili e continuano a costituire un ostacolo a un possibile nuovo processo di pace. Infatti, se i colloqui avviati a Imrali dovessero portare a una nuova fase negoziale, essi non sarebbero né equi né trasparenti se una delle parti fosse costretta a parteciparvi in condizioni di prigionia, senza la possibilità di comunicare liberamente con il proprio movimento politico e con il popolo curdo.
Le implicazioni di un nuovo processo di pace non si limitano ai confini turchi. Un possibile accordo potrebbe infatti rimuovere l’ostacolo maggiore per l’Amministrazione Autonoma della Siria del Nord-Est (Rojava) nella partecipazione alla costruzione di una nuova Siria, dopo la fine del regime di Assad. Le minacce, le pressioni e le operazioni militari turche, che attraverso i suoi mercenari ha già occupato vasti territori del Rojava, minacciano di distruggere la rivoluzione delle donne del Rojava e di sfollare i popoli che la portano avanti.
Il Confederalismo Democratico, proposto da Abdullah Öcalan, ha innescato un risveglio sociale in tutto il Kurdistan. I principi di uguaglianza di genere e la costruzione di una società democratica ed ecologica sono alla base di importanti processi di trasformazione, come quelli in atto in Rojava e nell’autogoverno ezida di Shengal.
Per queste ragioni invitiamo tutti i partiti, organizzazioni politiche e umanitarie, sindacati, collettivi e singoli solidali a partecipare alle manifestazioni che si terranno a Roma e Milano il 15 Febbraio 2025.
Ufficio d’informazione del Kurdistan in Italia
Rete Kurdistan Italia
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