Per ascoltare l’audio di oggi, 15 gennaio 2025:

Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo

(testata giornalistica online fondata da Farid Adly.

Direttore responsabile Federico Pedrocchi)

Rassegna anno VI/n. 014 (1616)

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Le notizie:

Genocidio a Gaza

In un solo bombardamento israeliano sui campi di sfollati nel centro della Striscia, compiuto nella notte, sono cadute altre 50 vittime. L’esercito occupante inasprisce l’offensiva, mentre sono in corso le ultime fasi della trattativa per lo scambio di prigionieri e la tregua. Una dimostrazione di forza criminale, per coprire le perdite subite negli scontri con i combattenti di Hamas.

Il rapporto del ministero della salute, emesso prima dell’ultima strage, denuncia l’uccisione di 61 civili e il ferimento di altri 281, in una sola giornata tra il 13 e 14 gennaio.

Il nostro commento quotidiano fisso: Ci sono ancora coloro che obiettano che non si tratti di genocidio, basandosi su congetture

storiche e non guardando la realtà delle cifre e delle intenzioni, dicono: “Dire che Israele commette genocidio è una bestemmia”.

Pronunciare una frase simile è la vera bestemmia nei confronti della memoria dei sei milioni di ebrei assassinati dal nazismo tedesco.

Se questo è un uomo.

Trattative

Nessuna fumata bianca nelle trattative per il cessate-il-fuoco a Gaza. Dopo una serie di incontri di Netanyahu con il proprio team di negoziatori e i capi dell’intelligence non è stato emesso nessun comunicato o dichiarazione diretta del premier. La posizione del governo è stata riferita ai media dai due gruppi di familiari degli ostaggi che si erano incontrati ieri separatamente con Netanyahu. “Sì all’accordo, ma a condizione che vengano rilasciati tutti gli ostaggi”. Cioè no. Netanyahu teme la caduta del suo governo per l’opposizione dei due ministri fascisti, Smotrich e Ben Gvir, che hanno ripetuto ieri la loro opposizione ad ogni accordo, annunciando il loro ritiro dal governo e dalla maggioranza, in caso della firma di un accordo, definito come “disastroso”.

Hamas aveva consegnato ai negoziatori egiziani il suo assenso preliminare all’accordo per lo scambio di prigionieri in tre fasi, ma attende le carte e la tempistica del ritiro delle truppe di occupazione. L’esercito israeliano invece sta inasprendo gli attacchi sui campii di sfollati come forma di pressione.  

I criminali scappano

Un gruppo di cittadini e giuristi italiani ha presentato un esposto alla procura di Roma, il giorno 13 gennaio, per chiedere un procedimento giudiziario contro il generale israeliano Ghassan Alian. Il generale Alian dal 2021 è a capo del Coordinamento delle attività del governo israeliano nei territori palestinesi occupati (Cogat) che gestisce al contagocce il flusso degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza, affamando la popolazione assediata e bombardata. Il generale, secondo l’ong belga per i diritti umani Fondazione Hind Rajab, si troverebbe a Roma “per alcuni meeting segreti”. Il ministero degli Esteri italiano ha smentito che il generale sia parte della delegazione del ministro degli Esteri Gideon Saar, ieri a Roma per incontrare Antonio Tajani. L’ambasciata israeliana in Italia, però, non esclude che la visita di Alian potrebbe essere avvenuta e già conclusa. La fondazione sostiene che Alian è il militare israeliano di più alto grado denunciato per i crimini di guerra in un’azione legale internazionale da essa intrapresa. clicca.

Appello per il dott. Abu Safiya

La rete Sanitari italiani per Gaza ha avviato una serie di iniziative di mobilitazioni, in diverse città italiane, con flash-mob e presidi per chiedere la liberazione dei sanitari palestinesi prigionieri nelle mani dell’esercito israeliano.

Sono trascorse più di due settimane dall’assalto israeliano che ha posto fine alla lunga resistenza dell’ospedale Kamal Adwan, nel nord di Gaza. Da allora le notizie che giungono sul destino del suo direttore, Hussam Abu Safiya, sono frammentate, affidate alle testimonianze di ex prigionieri.

Tra questi Hazem Alwan: racconta di averlo incontrato nella famigerata prigione di Sde Teiman. «Siamo stati insieme due giorni. Erano evidenti i segni di torture brutali. È in pericolo ed è stato abbandonato». «Si è presentato lui, nella cella non c’era luce – ha continuato – Ha l’animo a pezzi. Piangeva: quale sarà il mio destino?». Da Israele due giorni fa è arrivata la comunicazione del prolungamento della detenzione amministrativa (senza accuse) fino al 13 febbraio e del divieto a incontrare un avvocato fino al 22 gennaio.

E mentre nel mondo si moltiplicano presidi che ne chiedono il rilascio, ieri il direttore del dipartimento per i prigionieri di Physicians for Human Rights Israel, Naji Abbas, ha parlato delle condizioni degli operatori sanitari gazawi arrestati da Israele: «Raccontano di arresti brutali e delle torture subite durante gli interrogatori. Tutte le testimonianze ci danno un quadro orribile di quello che sta subendo in questo momento il dottor Hussam».

  • Appello urgente per il Dott. Hussam Abu Safia, direttore dell’ospedale Kamal Adwan clicca.

Gerusalemme

Sei ordini di sgombero consegnate dalle autorità di occupazione israeliane ad altrettante famiglie del quartiere Batn el-Hawa, a sud della moschea di Al-Aqsa, a Gerusalemme. Non si tratta di costruzioni senza licenza edilizia, ma abitazioni ricadenti in una zona destinata nel piano regolatore israeliano ad altro uso. Il comitato cittadino che si oppone alla pulizia etnica strisciante informa che le sei famiglie minacciate di sgombero sono costituite da 55 persone. La minaccia di sgombero cade inoltre su altre 87 famiglie, per un totale di circa 700 palestinesi da allontanare da Gerusalemme.

Cisgiordania

Sei palestinesi sono stati assassinati da un missile israeliano lanciato su Jenin. Appena è stato raggiunto l’accordo tra la polizia dell’Anp e i resistenti delle Brigate Jenin, con la mediazione della società civile locale, l’esercito ha colpito nel mucchio per mettere in difficoltà la stessa direzione del presidente Abbas. Il ministero della sanità di Ramallah ha pubblicato i nomi delle vittime: Mahmoud Mustafà (15 anni), Muomin Ibrahim (28 anni), Amir Ibrahim (27 anni), Hussam Hassan (34 anni), Ibrahim Qniri (23 anni), Bahaa Ibrahim (33 anni). Tutti civili, tra i qualii tre fratelli. Nessuno era armato. Per coprire i suoi crimini e piani di destabilizzazione, l’esercito di occupazione parla di jihadisti e la stampa scorta mediatica del genocidio lo segue a ruota libera.

Libano

Il premier libanese incaricato Nawaf Salam si è incontrato ieri con il presidente Joseph Aoun, dopo aver presentato le sue dimissioni da presidente della Corte di Giustizia Internazionale. Le sue prime dichiarazioni sono improntate alla moderazione e prudenza: “Il mio non sarà un governo di parte, ma inclusivo. Nessuno sarà escluso. Abbiamo di fronte grandi sfide, prima di tutto il ritiro dell’esercito di occupazione israeliano”. La sua nomina è stata accolta con soddisfazione nella società libanese, perché visto come estraneo alla solita politica affarista di Beirut. La scelta del suo nome, frutto della consultazione del neo presidente con i parlamentari, aveva però suscitato reazioni negative dai due partiti sciiti Amal e Hezbollah, che avrebbero preferito l’uscente Miqati.

Il nuovo governo avrà sfide enormi, dalla situazione economica e finanziaria disastrosa, alla questione giudiziaria sul caso dell’esplosione del porto e non ultimo il ritiro dell’esercito israeliano dal sud Libano.

(per sapere chi è il nuovo premier incaricato: clicca)

Afghanistan/Usa

Si sono arenate le trattative tra l’amministrazione Biden e i talibani per lo scambio di prigionieri. Kabul ha preferito proseguire le trattative con la futura amministrazione Trump. Per la liberazione del traduttore di Bin Laden, Mohammed Raheem, ultimo afghano ancora detenuto a Guantanamo, la Casa Bianca chiede la liberazione di tre cittadini statunitensi, implicati nella rivelazione del luogo di residenza del capo di Al-Qaida, Al-Zawahiri, che è stato assassinato da un missile lanciato da un drone statunitense contro l’appartamento dove viveva nella zona diplomatica di Kabul. Tra gli statunitensi vi è un ingegnere di origine afghana, Mahmoud-shah Habibi, che i talibani però negano che sia nelle loro mani.

Iran

Sono iniziate le trattative, a Ginevra, tra l’Iran e i tre paesi europei, Francia, GB e Germania sul nucleare di Teheran. Il ministro degli esteri di Teheran ha commentato positivamente “l’avvio del dialogo, che continuerà in un clima di fiducia”, ha affermato da Teheran.

Gli Stati uniti sono usciti dall’accordo sul nucleare iraniano nel 2018. Le trattative indirette tra i governi iraniani e l’amministrazione Biden non hanno portato a nessun risultato. Teheran ha più volte ribadito che non avrebbe trattato con gli USA prima del loro ritorno all’accordo del 2015. Trump ha annunciato che inasprirà le sanzioni contro l’Iran, per costringerlo a ridimensionare il suo piano nucleare e missilistico.

Turchia/Kurdistan

La Rete Kurdistan Italia ha indetto per sabato 15 febbraio un’iniziativa per la libertà di Ocalan. Ci saranno due manifestazioni a Milano e Roma. Nell’appello, si afferma: “Il 15 febbraio 2025 segnerà il 26° anniversario della cattura di Abdullah Öcalan, il leader storico del movimento curdo e figura centrale nella lotta per i diritti e l’autodeterminazione del popolo curdo. Dal 1999, Öcalan è detenuto in isolamento sull’isola-prigione di Imrali. La sua prigionia rappresenta un simbolo della più ampia repressione contro le rivendicazioni curde, ma anche della difficoltà della Turchia nell’affrontare una soluzione politica e pacifica a un conflitto che perdura da decenni. La liberazione di Abdullah Öcalan non riguarda soltanto la giustizia per un uomo imprigionato in condizioni che violano il diritto internazionale e lo stesso sistema giuridico turco, ma costituisce anche un passo fondamentale per la costruzione di una pace duratura tra lo stato turco e il popolo curdo. Nel corso degli anni, Öcalan ha più volte espresso la sua disponibilità a negoziare e a promuovere la pace, avanzando proposte che prevedono il riconoscimento dei diritti dei curdi all’interno di una Turchia democratica e pluralista”.

Tunisia

L’anniversario della caduta del regime di Ben Alì, in Tunisia il 14 gennaio del 2011, sarebbe passato quasi inosservato se non ci fossero state le manifestazioni dell’opposizione. Il centro della capitale Tunisi è stato massicciamente sorvegliato dalla polizia, che ha vietato il percorso sulla via Bourghiba, luogo delle grandi mobilitazioni del dicembre 2010- gennaio 2011 che avevano portato alla fuga del dittatore. Sono stati due i raduni delle opposizioni, uno del Fronte di Salvezza dominato dall’islamista Ennahda e l’altro delle forze laiche. Dalla salita al potere di Saied, i protagonisti principali della rivoluzione dei gelsomini o sono in carcere o in esilio. Durante il suo primo mandato, Saied ha dichiarato lo stato di emergenza, ha sciolto il parlamento, cambiato la Costituzione e imprigionato i leader dell’opposizione.

Libertà per Leonard Peltier

La campagna per la liberazione di Leonard, dopo 49 anni di reclusione, non cessa. Sono gli ultimi 6 giorni per un atto di clemenza da parte del presidente Biden.

Oggi a Milano, il Comitato organizzatore ha indetto, alle 18,30, un sit-in di solidarietà davanti al consolato USA, per chiedere con forza: “Free Leonard Peltier!”. Il consolato statunitense si trova in largo Donegani.

Per approfondire la vicenda terribile dell’ingiusta incriminazione di Leonard Peltier e prendere contatti con il comitato: clicca qui.

Notizie dal mondo

Sono passati due anni, 10 mesi e 21 giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina.

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