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“A Gaza i bisogni umanitari sono a livelli catastrofici. Ora servono aiuti massicci, le persone hanno disperata necessità di acqua e cibo”

L’appello delle ong: “La tregua non vuol dire che tutto è finito. La situazione umanitaria è disastrosa”. E per questo è “urgente” aumentare gli aiuti

Un livello di distruzione “enorme” che richiede “aiuti massici” per sostenere la popolazione. Dopo l’accordo di cessate il fuoco, le associazioni umanitarie lanciano un appello per la condizione delle persone nella Striscia di Gaza. Per Medici senza frontiere, la situazione è “catrastrofica” e serve un incremento degli aiuti perché “c’è un disperato bisogno di acqua, cibo e riparo dal freddo”. E Azione contro la fame ha detto di accogliere con favore l’accordo “sui 600 camion giornalieri previsti”, ma “è importare che già prima del conflitto la comunità riteneva insufficienti 500 camion al giorno”. “Ora è più urgente aumentare la quantità di aiuti”. Stessa posizione anche per Emergency, secondo cui “i problemi generati da quindici mesi di violenza sono enormi”: “La situazione umanitaria è disastrosa e prima di poter raggiungere la normalità sarà necessario un cammino lungo e difficile“.

Medici senza frontiere: “I bisogni umanitari sono saliti a livelli catrastrofici” – La ong Medici senza frontiere (Msf) ha accolto oggi “con sollievo” l’accordo per un cessate il fuoco temporaneo a Gaza, ma ha anche ribadito che adesso è necessario “un rapido e massiccio aumento degli aiuti umanitari in tutta” la Striscia. L’accordo, hanno scritto in una nota, “arriva con un ritardo di 465 giorni e oltre 46.000 persone uccise. Il governo israeliano, Hamas e i leader mondiali hanno tragicamente fallito nel proteggere la popolazione di Gaza. Il conforto che genera questo accordo non è sufficiente alle persone per ricostruire le proprie vite, recuperare la propria dignità e piangere le vittime e tutto ciò che è andato perduto”, prosegue la nota. A preoccupare è la situazione di chi è rimasto: “I bisogni umanitari sono saliti a livelli catastrofici, soddisfarne anche solo una parte sarà possibile solamente attraverso un rapido e massiccio aumento degli aiuti umanitari in tutta Gaza”, sottolinea l’organizzazione. La presidente Monica Minardi ha quindi aggiunto: “Chiediamo alle autorità israeliane di porre fine al blocco e di garantire un massiccio aumento degli aiuti umanitari, le evacuazioni mediche e l’accesso al nord della Striscia, che è sotto assedio dall’ottobre 2024″, ha detto. “Chiediamo anche a Israele, ad Hamas e agli altri gruppi e organizzazioni che controllano Gaza di rispettare l’accordo e di garantire la sicurezza dell’assistenza umanitaria alla popolazione”.

Perché “ci sono milioni di persone sfollate che ora hanno un disperato bisogno di acqua, cibo e riparo dal freddo inverno – si legge ancora nel comunicato -. L’enorme distruzione ha causato dolore e sofferenza a milioni di persone nella Striscia, mentre molte famiglie in Israele continuano ad aspettare disperatamente il ritorno dei loro cari presi in ostaggio il 7 ottobre 2023″. Per più di 15 mesi, “le stanze degli ospedali sono state piene di pazienti con arti amputati e altri traumi causati dagli attacchi, e da persone angosciate alla ricerca dei corpi dei loro familiari. Le strutture sanitarie e il personale medico sono stati attaccati e 8 membri dello staff di Msf sono stati uccisi durante questa guerra. Infine, anche il numero di persone detenute arbitrariamente a Gaza e in Cisgiordania è spaventoso”.

Azione contro la fame: “La situazione è più grave rispetto a prima di ottobre 2023” – Chiedono che ci sia un’attenzione maggiore agli aiuti per la popolazione anche gli esponenti di Azione contro la fame in Medio Orienete: “Accogliamo con favore l’accordo sui 600 camion giornalieri previsto dal cessate il fuoco”, ha dichiarato la responsabile Natalia Anguera, “ma è importante ricordare che già prima del conflitto la comunità umanitaria considerava insufficienti i 500 camion al giorno. Ora è più urgente che mai aumentare la quantità di aiuti, dato che il livello di distruzione e i bisogni umanitari sono straordinariamente più gravi rispetto a prima di ottobre 2023″. Inoltre, “al momento, – osserva – ci sono numerose limitazioni sull’importazione di alcuni tipi di merci. Oltre all’ingresso dei camion, dunque, è necessario allentare le restrizioni sui tipi di forniture consentite, in particolare quelle necessarie per riabilitare i servizi idrici e sanitari, nonché gli articoli essenziali per l’inverno, come tende e abbigliamento impermeabile”. Quindi, continua Anguera, “è fondamentale che tutte le attività umanitarie future siano complementari a quelle delle organizzazioni della società civile palestinese e delle ong. Se forniamo il supporto per riabilitare panetterie e ospedali riusciremmo, per esempio, ad ampliare il nostro sostegno alle cooperative femminili a Gaza o a intensificare le nostre attività di nutrizione nelle aree più colpite, come il nord di Gaza. Il livello di distruzione a Gaza è enorme e dovremo supportare gli spazi di accoglienza per le persone che hanno perso le loro case, oltre a fornire aiuto nella ricostruzione di strutture e abitazioni” conclude Anguera. Per il direttore generale di Azione contro la Fame Simone Garroni è “essenziale che la comunità internazionale si impegni a garantire i necessari interventi di emergenza e l’ingresso di tutti i materiali utili alla riabilitazione dei servizi idrici e sanitari e delle infrastrutture distrutte, in modo da ripristinare un modello di sviluppo autonomo della comunità locale”.

Emergency: “La tregua non vuol dire che tutto è finito” – L’accordo “è un grande traguardo”, ha detto anche il capomissione di Emergency a Gaza, Francesco Sacchi. “Ma purtroppo non significa che tutto sia finito”. “I problemi generati da quindici mesi di violenza sono enormi”, ha continuato, “la situazione umanitaria è disastrosa e prima di poter raggiungere la normalità sarà necessario un cammino lungo e difficile. Anche il ritorno nel nord della Striscia per chi ha dovuto abbandonare le proprie case in questi mesi sembra davvero difficile perché gran parte del territorio è stato completamente distrutto dai bombardamenti”, ha proseguito. Da quando Emergency è entrata all’interno della Striscia di Gaza, nell’agosto 2024, ha assistito all’aggravarsi della situazione umanitaria giorno dopo giorno. All’interno della clinica, si legge in una nota, i medici e infermieri che supportano lo staff palestinese della ong locale Cfta (Culture & Free Thought Association), ad al-Mawasi nella cosiddetta ‘zona umanitaria’, assistono ogni giorno pazienti e a volte intere famiglie che hanno patologie dell’apparato respiratorio e patologie della pelle, dovute alle gravi condizioni igienico sanitarie, conseguenze della vita in tende e baracche sovraffollate. Oltre l’80% del territorio della Striscia è infatti stato sottoposto a ordini di evacuazione e circa il 90% della popolazione vive in tende e sistemazioni di fortuna. “Alla notizia del raggiungimento della tregua, centinaia di persone si sono riversate per le strade vicino alla nostra clinica e a casa: bambini, adulti, con grida, fischi, clacson di automobili, ma purtroppo sentiamo ancora tante esplosioni in lontananza”, racconta Eleonora Colpo, infermiera di Emergency nella Striscia di Gaza. “Auspichiamo che questo accordo permetta un maggiore ingresso di aiuti umanitari nel territorio della Striscia perché fin dall’inizio abbiamo riscontrato quotidianamente difficoltà nel far entrare beni di prima necessità quali cibo e acqua, ma anche medicinali e strumenti con cui fornire alla popolazione l’assistenza sanitaria necessaria”.

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