Per ascoltare l’audio di oggi, 19 gennaio 2025:
Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo
(testata giornalistica online fondata da Farid Adly.
Direttore responsabile Federico Pedrocchi)
Rassegna anno VI/n. 018 (1620)
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Le notizie:
Genocidio a Gaza
471 giorni, 15 mesi e due settimane di genocidio a Gaza non sono bastate a Netanyahu, che sta ancora fino all’ultimo minuto bombardando i campi di sfollati e minaccia di continuare a farlo. Il pretesto è un dettaglio del procedimento per lo scambio di prigionieri, ma il motivo vero è di mantenere il proprio governo a galla. Alza la voce e bombarda per salvare la sua poltrona. Una sindrome di onnipotenza di chi vede il terreno scricchiolare sotto i propri piedi.
All’alba di oggi 6 uccisi in due bombardamenti con l’artiglieria sul campo sfollati a Mawassi ed a est di Khan Younis.
Il nostro commento quotidiano fisso: Ci sono ancora coloro che obiettano che non si tratti di genocidio, basandosi su congetture
storiche e non guardando la realtà delle cifre e delle intenzioni, dicono: “Dire che Israele commette genocidio è una bestemmia”.
Pronunciare una frase simile è la vera bestemmia nei confronti della memoria dei sei milioni di ebrei assassinati dal nazismo tedesco.
Se questo è un uomo.
Trattative e accordo
La tregua a Gaza è stata di fatto posticipata di alcune ore. L’esercito israeliano ha iniziati nella notte il ritiro dei carri armati da Rafah, ma continua a bombardare alla cieca sui campi profughi. Sono state invece rafforzate le presenze di truppe ai corridoi di Salahuddine (Filadelfia nella denominazione israeliana) e Wadi (Netzarem nella denominazione israeliana che mira al nuovo colonialismo a Gaza). L’accordo prevede il ritiro da questi due luoghi alla fine della prima fase di 42 giorni (sei settimane). Nella notte sono avvenuti lanci di razzi da Gaza verso le colonie israeliane della cintura.
La tregua entrerà in vigore una volta superata l’empasse della consegna dell’elenco per lo scambio, dove oggi pomeriggio è previsto il rilascio di 3 donne israeliane, che finora non sono stati resi pubblici i loro nomi. Hamas dice per problemi tecnici, ma probabilmente il motivo vero è una sorta di braccio di ferro per affermare che l’accordo non è una resa. In cambio verranno rilasciati in serata 90 detenuti politici palestinesi (la lista dei loro nomi verrà consegnata in simultanea). Netanyahu per rispondere ai ministri critici continua a ripetere che la tregua è temporanea e la guerra non finirà prima del raggiungimento dell’obiettivo di distruggere Hamas. Dopo le dichiarazioni bellicose del premier, Smotrich ha annunciato che non si dimette e Ben Gvir ha spostato la decisione di ritirarsi alla fine della prima fase dell’accordo: “Se la guerra non riprenderà, mi dimetterò”.
La prima fase dell’accordo prevede operazioni di scambio una volta alla settimana. 1904 detenuti palestinesi (1167 dei quali arrestati a Gaza durante l’aggressione in corso) contro 33 ostaggi ancora vivi. Al 16° giorno di tregua inizia la trattativa indiretta per le condizioni delle altre due fasi nelle quali verranno scambiati gli ostaggi militari e infine i corpi di coloro che sono morti sotto i bombardamenti del loro esercito con detenuti palestinesi di lunghe condanne e corpi di combattenti palestinesi assassinati e tuttora trattenuti dall’esercito israeliano.
Gli altri punti dell’accordo parlano di non sorvolo del cielo di Gaza per 12 ore al giorno da parte di aerei e droni israeliani, il ritorno libero della popolazione verso le proprie case nel nord di Gaza e l’ingresso di aiuti umanitari per la popolazione fino a 600 camion al giorno. I meccanismi di controllo di questi due punti sono complessi e non garantiscono per il momento un’effettiva applicazione.
I trumpisti arabi sostengono che l’accordo è merito del presidente che si insedierà alla Casa Bianca domani. Malgrado il chiaro sostegno del governo israeliano ed in particolare Netanyahu all’elezione di Trump, questi – secondo la tesi strampalata – non avrebbe dimenticato gli auguri a Biden nel 2020 (Netanyahu è stato il primo capo di governo al mondo a congratularsi con Biden al momento della sua elezione 4 anni fa). Un’analisi miope sponsorizzata dai sostenitori governi arabi dei famigerati cosiddetti “accordi di Abramo”, che prevedono la liquidazione della causa nazionale palestinese, con lo slogan: “pace in cambi di pace” invece di “pace in cambio del ritiro dalle terre occupate”. Il fatto strano è di trovare tra questi alcuni dirigenti di Hamas e dell’Anp.
L’amministrazione Biden è complice del genocidio, con il sostegno militare, finanziario e politico all’aggressione israeliana contro la popolazione palestinese, ma la futura politica di Trump non sarà di meno.
Appello per il dott. Abu Safiya
Le speranze della famiglia del dott. Abu Safiya sono appese all’accordo di tregua. Tra i nomi pubblicati dall’amministrazione carceraria israeliana, il suo nome non compare, ma probabilmente – sostiene il suo avvocato – il motivo è che il direttore è ancora nelle mani dell’esercito.
- Appello urgente per il Dott. Hussam Abu Safiya, direttore dell’ospedale Kamal Adwan clicca
Situazione umanitaria a Gaza
Le organizzazioni umanitarie internazionali, sia quelle dell’Onu, sia quelle legate ai governi oppure Ong, sono in piena attività e pronte ad introdurre gli aiuti a Gaza. La Mezzaluna rossa egiziana ha informato che il valico di Rafah è stato riabilitato, i soldati israeliani si sono allontanati, secondo gli accordi, ed i funzionari egiziani e qatarioti sono sul posto.
La popolazione è in fase di attesa, ma la preoccupazione maggiore è la possibilità di tornare ai ruderi delle proprie case. “Anche se distrutta, è maglio la casa che una tenda di plastica. Vogliamo tornare ad una vita normale, invece del continuo sfollamento. Riprendere le scuole per i nostri bambini e ricostruire”, dice una donna attorniata dai suoi figli intervistata da una tv araba. Uno dei bambini dice: “Basta bombe, vogliamo che torni il sorriso”.
Cisgiordania
La tregua a Gaza non prevede la fine delle operazioni militari israeliane in Cisgiordania. Il baratto di Netanyahu con l’estrema destra all’interno del suo governo è l’intensificazione della morsa militare contro la popolazione e un piano graduale di annessione, che sarà reso pubblico più facilmente con la salita di Trump alla Casa Bianca. Nella giornata di ieri le truppe israeliane hanno compiuto rastrellamenti in tutte le principali città palestinesi. Ramallah e Betlemme sono state assediate con blocchi di cemento che ostruiscono le strade di accesso, intrappolando la popolazione e impedendo la mobilità esterna.
A Tel Aviv, un palestinese originario di Tulkarem ha accoltellato ieri un israeliano, ferendolo a morte. È stato ucciso a sua volta dall’intervento delle forze di sicurezza. È stata individuata la sua identità e l’esercito ha annunciato che la casa della sua famiglia sarà demolita per vendetta collettiva.
Solidarietà internazionale
Si sono tenute ieri e proseguiranno oggi manifestazioni in tutte le principali città del mondo, in solidarietà con il popolo palestinese ed in sostegno al cessate-il-fuoco. La più grande mobilitazione è avvenuta ieri a Londra, dove gli organizzatori hanno chiesto la fine delle esportazioni di armi a Israele. A Stoccolma la rivendicazione è di trasformare la tregua in un processo di pace, che garantisca al popolo palestinese la creazione di un suo Stato libero e indipendente, non un bantustan.
BDS
A Roma, il gruppo locale del BDS convoca attivistə.
Il BDS, come campagna internazionale promossa da palestines*, si organizza in gruppi locali che portano avanti, nei loro territori, le campagne di boicottaggio mirate a colpire l’economia dello Stato di Israele. Il gruppo di Roma scrive: “Il boicottaggio funziona! Artistə, professionistə, cittadinə organizziamoci e mettiamo in pratica le nostre idee in reti collettive. Proponiamo un incontro dal vivo per conoscerci e capire come collaborare in un gruppo orizzontale che parte dal basso. Contattaci sui nostri profili Instagram o Facebook BDS Roma”.
Nelson Mandela ha affermato: “Noi sappiamo che la nostra libertà è incompleta senza la libertà dei palestinesi.”
Libertà per Leonard Peltier
La campagna per la liberazione di Leonard, dopo 49 anni di reclusione, non cessa. Sono gli ultimi 3 giorni per un atto di clemenza da parte del presidente Biden.
Bufalofire è un sito indipendente di informazione dell’Indigenous Media Freedom Alliance. Pubblica notizie da tutto il mondo sulle mobilitazioni a favore di Leonard Peltier. Viene riportata la notizia del sit-in di mercoledì 15 davanti al consolato USA a Milano. clicca
Gli aggiornamenti sulla pagina FB: clicca.
Per approfondire la vicenda terribile dell’ingiusta incriminazione di Leonard Peltier e prendere contatti con il comitato: clicca qui.
Notizie dal mondo
Sono passati due anni, 10 mesi e 24 giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Mosca annuncia la liberazione del 60% del territorio occupato da Kiev nel Kursk.
Dal 1° gennaio stop ucraino al passaggio del gas russo attraverso il prprio territorio, rischio stangata sulle bollette.
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