Per ascoltare l’audio di oggi, 28 gennaio 2025:

Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo

(testata giornalistica online fondata da Farid Adly.

Direttore responsabile Federico Pedrocchi)

Rassegna anno VI/n. 027 (1629)

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Le notizie:

Genocidio a Gaza

L’esercito israeliano continua la sua mattanza di civili innocenti. Anche se il cessate il fuoco sta obbligando i soldati a ritirarsi dal corridoio dello Wadi (Netzarim nella denominazione coloniale israeliana), le vittime delle loro pallottole cadono tutti i giorni. In modo sempre minore, ma ci sono e sono vite umane uccise per l’arroganza di un potere militare che ha dalla sua parte soltanto la forza bruta. Ieri, 27 gennaio, sono stati portati negli ospedali 11 corpi, 9 estratti da sotto le macerie e 2 assassinati dalle pallottole vaganti dei soldati mentre tentavano di impedire il ritorno degli sfollati alle loro case nel nord della Striscia.

Continua il flusso di palestinesi di ritorno alle loro case nel nord della Striscia. Un fiume di persone che trascinano le loro cose a piedi. Una dimostrazione di attaccamento alla propria terra e una determinazione a non accettare la deportazione, che sono una sfida ai piani del governo Netanyahu e ai proclami disumani di Trump.

Il nostro commento quotidiano fisso: Ci sono ancora coloro che obiettano che non si tratti di genocidio, basandosi su congetture

storiche e non guardando la realtà delle cifre e delle intenzioni, dicono: “Dire che Israele commette genocidio è una bestemmia”.

Pronunciare una frase simile è la vera bestemmia nei confronti della memoria dei sei milioni di ebrei assassinati dal nazismo tedesco.

Se questo è un uomo.

Cisgiordania

Mentre continua l’attacco contro Jenin e il suo campo profughi, le truppe israeliane hanno intrapreso ieri una nuova offensiva contro Tulkarem ed i campi profughi limitrofi. È stata interrotta l’energia elettrica e la rete idrica, i bulldozer militari hanno distrutto il manto stradale di arterie fondamentale per la mobilità. Gli ospedali sono stati accerchiati, impedendo il lavoro di soccorso a malati e feriti.

Operazioni simili hanno toccato molti centri minori. È una forma di punizione collettiva che mira alla deportazione della popolazione.

Nella giornata di ieri l’esercito israeliano ha arrestato 27 palestinesi in diverse città. Il numero dei rilasciati per lo scambio di prigionieri risulta minori rispetto agli arrestati nella stessa settimana.

Alla repressione militari si aggiungono le aggressioni dei coloni. Nella valle del Giordano hanno occupato terreni di famiglie palestinesi per la costruzione di strade di collegamento alle colonie illegali. Nelle province i Nablus, Ramallah e Betlemme coloni piromani hanno appiccato il fuoco in auto di villaggi palestinesi. Hanno scritto in ebraico e inglese frasi razziste che ordinano ai palestinesi di scappare per salvare la pelle.  

Appello per il dott. Abu Safiya

L’ufficio di difesa del dott. Abu Safiya ha comunicato ad Anbamed che ancora oggi, ad una settimana dalla data annunciata per la visita dell’avvocato (il 22 gennaio), non è stata autorizzata la visita da parte dell’esercito. La famiglia ha espresso forti preoccupazioni: “sicuramente ci sono impedimenti di tipo fisico da far nascondere. I militari israeliani vogliono nascondere gli effetti delle torture inflitte alla vittima. Non vogliono testimoni”.

Appello urgente per il Dott. Hussam Abu Safiya, direttore dell’ospedale Kamal Adwan, clicca  per aderire.

Libano

6 combattenti di Hezbollah sono ostaggi nelle mani di Israele. Lo ha dichiarato un esponente del partito: “I nostri martiri ed i nostri prigionieri non saranno dimenticati”.

24 civili libanesi assassinato dai soldati nell’ultimo giorno della tregua, mentre erano sulla via del ritorno verso i loro villaggi. I soldati israeliani hanno sparato sulla folla e contro le postazioni dell’esercito libanese.

Gli Stati Uniti hanno assecondato le pretese israeliane di non ritiro secondo le date dell’accordo e il governo libanese non ha potuto fare altro che accettare i diktat di Tel Aviv.

Siria

Il nuovo potere siriano ha di fronte diverse sfide, politiche, economiche, militari e sociali. La ricostruzione secondo stime di commissioni ONU richiede 400 miliardi di dollari e tempi lunghi; le sanzioni di USA e Ue sono un ostacolo alla ripresa economica e nell’immediato saranno ridotte soltanto parzialmente. È una prova da parte dei paesi ex coloniali a dettare legge, con l’obiettivo dichiarato di cacciare le basi russe ed imporre il riconoscimento di Israele, anche prima del ritiro dal Golan.

La sfida maggiore alla stabilizzazione del paese però rimane la sicurezza interna. Le azioni di vendetta compiute da bande armate, legate alle varie milizie incontrollate, stanno minando i presupposti di pacificazione dichiarati dai capi di Tahrir Sham, che si sono insediati nei palazzi di Damasco. Le organizzazioni per i diritti umani stanno denunciando decine di casi di giustizialismo di piazza contro famiglie di ex militari del vecchio regime.

La questione politica più rilevante rimane quella del contenzioso con i curdi dell’autonomia nel nord est (il Rojava nella denominazione curda). I capi di Tahrir Sham dichiarano di voler arrivare ad un accordo con il negoziato, ma poi minacciano di intervenire con la forza. Ad ogni caso non hanno bloccato il pericolo incombente nella provincia di Aleppo dove milizie filo turche stanno attaccando le unità curde per la conquista della diga di Tichreen.   

Deportazione

La presidente del consiglio italiana ha minimizzato la portata delle dichiarazioni di Trump, sulla deportazione dei palestinesi di Gaza verso Egitto e Giordania. Una sottovalutazione che si rivela complice dei piani genocidari di Netanyahu, sostenuti adesso anche dal presidente col ciuffo. Mentre la ministra degli esteri tedesca ha criticato lo stesso principio di pensare ad una soluzione finale simile, la premier di Roma non affronta il tema politico, ma parla di altro. Il mantra è minimizzare o meglio ancora non vedere, come avvenne per i treni blindati carichi di ebrei italiani spediti ai campi di concentramento tedeschi. Il sangue politico non mente.

Notizie dal mondo

Sono passati due anni, 11 mesi e 3 giorno dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina.

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