
Riccardo Noury (Amnesty International – Italia) ha scritto sul suo account social:
Sala piena, di domenica mattina. Il senso di urgenza e di necessità di vedere questo documentario, da parte di così tante persone, restituisce un po’ di speranza.
Anna Bucca (ARCI Sicilia) ha scritto:
Ho visto #NoOtherLand stasera.
Siamo andate io e Claudia e alla fine della proiezione siamo state quasi 10 minuti in silenzio prima di riuscire a dirci qualcosa.
Io ho guardato il film desiderando che finisse quanto prima, quasi che non vedere più quelle distruzioni criminali, quegli abusi di potere e quel disprezzo delle vite degli altri significasse magicamente far cessare tutto ciò.
Tornando a casa ho pensato a un disegno che ho con me da tanti anni, credo ormai dal 2005.
Ero a Hebron per coordinare uno dei summer camp che l’Arci all’epoca organizzava a Gerusalemme e in West Bank. Una mattina Riad Arar, amico carissimo, mi ha portato a visitare altri summer camp organizzati da Defence for Children International per i bambini fino a 11/ 12 anni nell’area circostante Hebron: non nell’area di Masafer Yatta ma comunque in un’area dove i coloni spalleggiati dall’esercito regnavano e regnano sovrani. Tra le attività del summer camp, i bambini avevano realizzato dei disegni: non riuscivo a togliere gli occhi da uno di questi disegni e Riad mi ha detto di prenderlo, se volevo. Io l’ho preso e da quando è a casa mia lo guardo spesso, e mi chiedo ogni volta per quanto tempo ancora questa intollerabile ingiustizia debba andare avanti.
Paolo Manacorda:
Sabato ho visto “No Other Land”, film vincitore del premio Oscar 2025 come miglior documentario, che a Milano è in programmazione in sole due sale d’essai, il resto dei circuiti di distribuzione lo boicottano. Pur, purtroppo, abituato negli ultimi quarant’anni di impegno pro Palestina a vederne e pubblicarne di ogni, tra violenze ed eccidi, due ore di atrocità e repressione continue mi hanno sfinito nell’animo.
Poi si apprende che il co-regista Hamdan Ballal è stato massacrato di botte in Cisgiordania dai coloni nazisti e poi prelevato dall’esercito sionazista dall’ambulanza e poi portato via. Ad oggi non ci sono più notizie di lui.
Il problema è che il silenzio attorno a tutto ciò, nei media tradizionali, è assordante.
Io non credo ci sarà mai pace…
Il Centro veneto per la psicanalisi scrive:
“È così che il trauma si manifesta: non in una narrazione lineare, ma in frammenti, flashback, discontinuità” (Marchiori).
“No Other Land” ha vinto l’Oscar come miglior documentario. Elisabetta Marchiori ne fa un commento intenso e profondo.
“C’è questa bambina dai capelli biondi, avrà tre o quattro anni…gioca tra le pietre della sua terra brulla e pietrosa, si dondola su un’altalena — che è un mistero come possa stare appesa dentro una specie di tenda — scrolla lo schermo del suo smartphone avvolta nelle coperte. Poi c’è questo bambino dagli occhi enormi, scuri, è un po’ più piccolo di lei..sta imparando a parlare, indica quello che vede intorno a sé in braccio al papà, offre un dattero a qualcuno di famiglia, mentre mangiano intorno al fuoco.
Noi li vediamo entrambi crescere, questi due esseri umani, continuare a vivere e sorridere, malgrado tutto, per cinque anni…ma chissà se lo stanno facendo ancora — crescere e vivere e sorridere — lì dove sono nati. O se alla fine hanno dovuto cedere, sopraffatti, e andarsene con le loro famiglie. Hanno visto le loro case demolite dalle ruspe scortate da soldati armati in assetto di guerra — una, due, tre, chissà quante volte — la loro scuola rasa al suolo, i loro pozzi d’acqua coperti da colate di cemento, i loro animali — polli, capre, piccioni — ammazzati o scappati con la distruzione dei loro recinti.
Hanno visto la gente del loro villaggio insultata, malmenata, derubata, ferita, uccisa, le madri piangere, i padri coperti di polvere ricostruire ancora e ancora, di notte, fino a quando gli attrezzi sono stati sequestrati. Conoscono quel ragazzo rimasto completamente paralizzato, che vive sdraiato su un giaciglio nella polvere, in una caverna, urlante di dolore, preda delle infezioni. Non può avere un letto e non può essere portato in ospedale, le auto sono state sequestrate. Sono neri i palloncini che volano in cielo, sfuggiti dalle mani dei manifestanti di un corteo pacifico di protesta, disperso con la forza.”
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