di Francesca Fornario (da Il Fatto Quotidiano)

I social documentano la tragedia e anche i militari israeliani l’ammettono.

Caro direttore, facciamo un gioco. Ciascuno immagini di stare affogando in una piscina circondata da decine di bagnini. Immagini che, vedendoci affogare, nessuno dei bagnini si tuffi. Non preferiremmo affogare senza essere visti? Un ragazzo palestinese, uno delle migliaia di civili che in queste ore affidano ai social i loro messaggi di addio, spiega così come ci si sente oggi a Gaza. In quella piscina ci sono migliaia di neonati, donne e bambini. I bagnini siamo noi. “Ora basta, lasciateci soli”, dice. Non posterà più video per testimoniare l’orrore, non più cadaveri dei neonati, macerie, tendopoli in fiamme: “Prima pensavamo ‘Non ci vedono, non sanno cosa ci stanno facendo, dobbiamo riprendere tutto e postare’. Ora però sappiamo che sapete. Migliaia di video circolano nel mondo. Tutti avete visto cosa ci stanno facendo. Nessuno interviene. Ora penso che sarebbe meglio se nessuno ci vedesse. Sarebbe meno doloroso”.

Un testimone in meno. Israele ha già ammazzato oltre 200 giornalisti: più che in qualunque conflitto. Non può però sterminare i giornalisti israeliani. E sono sempre di più quelli che denunciano i crimini del loro esercito. Esce l’ultimo rapporto dell’ong Breaking the silence, fondata nel 2004 da tre ex soldati israeliani – Avichai Sharon, Yehuda Shaul e Noam Chayut – per raccogliere le testimonianze dei militari in servizio in Cisgiordania e svelare la distanza tra la propaganda della quale erano vittime – la difesa di Israele – e la realtà: lo sterminio del popolo palestinese.

Il rapporto contiene le testimonianze di soldati che hanno combattuto a Gaza nel 2023-2024. Raccontano l’annientamento sistematico di cose e persone durante la creazione della cosiddetta “zona cuscinetto” larga oltre un chilometro lungo tutto il confine di Gaza: ricavata violando ancora i confini (per ricordarlo a chi “C’è un invaso e un invasore”. Come mai stavolta armate l’invasore?). Tutto quello che si trovava all’interno è stato eliminato, senza fare distinzione tra neonati e combattenti, ambulanze e postazioni militari. confessa un sottufficiale: “L’ordine era di distruggere tutto”. “Cosa intendi per ‘tutto’?” “Tutto. Tutto quello c’è”. “Anche i frutteti? Le stalle, i pollai”. “Sì”. “Ogni edificio, struttura?”. “Tutto”. “Che aspetto ha la zona dopo?” “Hiroshima. Questo è quello che direi, Hiroshima”.

Sono stati distrutti villaggi, scuole, un terzo dei campi coltivati di Gaza. Fa parte del piano: usare la fame come arma. “Non un chicco di grano entrerà a Gaza”, ha promesso il ministro Smotrich: “Abbiamo il sostegno di Trump per aprire le porte dell’inferno a Gaza”. “Come facevano i civili a sapere qual era il confine da non oltrepassare?”. “Bella domanda. Direi che, quando vedevano che un buon numero di persone veniva ucciso, lo capivano”.

C’era però chi la linea invisibile insisteva a varcarla per fame, per raccogliere la malva cresciuta selvatica tra i resti di campi coltivati distrutti dai bulldozer: “Cercavano solo erbe, lo capivi, stavano morendo di fame. Anche se vedevamo una donna con la sporta. Sparavamo. Boom!”. Erano queste le regole di ingaggio? “Ci hanno spiegato che a Gaza non c’è popolazione civile, che i palestinesi sono tutti terroristi”, spiega un ufficiale, che al Guardian confessa: “Dopo il 7 ottobre sono andato a Gaza perché pensavo ‘Ci hanno ucciso: ora noi uccideremo loro!’. Ho scoperto che non stiamo uccidendo quelli che ci hanno ucciso. Stiamo uccidendo tutti. Le mogli, i figli, i gatti, i cani. Stiamo distruggendo le loro case e pisciando sulle loro tombe”.

Da bambini leggevamo il Diario di Anna Frank. Domandavamo perché gli adulti di quel tempo lì non avessero fatto niente, e come facessero a non sapere, e perché erano più quelli che davano la caccia ai bambini di quelli che li nascondevano. I bambini di domani ci domanderanno che cosa facevamo noi oggi. Se sapevamo, se fingevamo di non sapere. Chiunque ha una voce pubblica ha l’imperativo morale di usarla per denunciare il genocidio a Gaza. Dovremo darne conto ai direttori di tv e giornali: è quello che spinge tanti a restare in silenzio. Lo sguardo dei nostri figli non sarà più difficile da sostenere di quello del direttore?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *