Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo
(testata giornalistica fondata da Farid Adly.
Direttore responsabile Federico Pedrocchi)
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Rassegna anno IV/n. 230 (1117)
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I Titoli:
Siria: Continua l’aggressione turca contro l’autonomia curda.
Palestina Occupata: Sospeso lo sciopero dei detenuti palestinesi nelle carceri israeliane.
Turchia: Caccia sistematica ai rifugiati siriani e espulsioni di massa.
Sudan: Accuse documentate dell’ONU alle milizie di violenze e stupri contro le donne.
Pakistan: Chiese e case bruciate da estremisti musulmani, dopo la diffusione di presunte notizie di blasfemia.
Libia: La guerra a Tripoli mette sotto i riflettori il dramma delle sparizioni forzate.
Le Notizie:
Siria
Un drone turco ha lanciato un missile contro un’auto delle forze democratiche siriane (FDS), sulla strada rurale nel nord della provincia di Aleppo, tra le cittadine di Nubl e Zahraa, a nord del capoluogo. Sono rimasti uccisi tre ufficiali delle FDS. È uno stillicidio quotidiano contro le unità curde nelle zone di confine. L’ultimo attacco risale al 15 agosto, avvenuto nella provincia di Hasaka, contro un’auto civile che trasportava funzionari dell’autonomia curda.
Palestina Occupata
I detenuti politici palestinesi nelle carceri israeliane hanno sospeso il loro sciopero della fame, “dopo l’incontro dei rappresentanti del movimento di lotta con la direzione delle prigioni che ha dato risultati postivi”, scrive in un comunicato il Consiglio per la difesa dei detenuti. Oltre mille detenuti, in diverse prigioni, avevano aderito all’azione di protesta, rifiutando di ricevere il cibo. La protesta è stata organizzata contro le misure restrittive imposte dal ministro estremista Bin Gvir. Nelle scorse settimane, unità speciali hanno fatto irruzione nelle celle, trasferendo da una prigione all’altra i detenuti più attivi nell’organizzazione delle proteste. L’intento di fiaccare lo spirito di solidarietà interna, invece, non ha ottenuto i risultati prefissati dal ministro.
Turchia
Continua la caccia della polizia contro i rifugiati siriani. Ogni giorno centinaia di loro vengono rimpatriati forzatamente ed abbandonati nelle cittadine di confine, senza assistenza. Secondo l’Osservatorio siriano, “molti dei rimpatriati avevano un permesso di soggiorno regolare, ma malgrado questo sono stati cacciati, smembrando le famiglie”. Un giovane padre di famiglia ha raccontato che è stato fermato durante una retata della polizia mentre era in autobus ed è stato espulso immediatamente, senza dargli l’opportunità di informare moglie e figli, che sono rimasti a Ganziatep, dove viveva e lavorava da 8 anni, con regolare permesso.
La presenza dei 3 milioni di rifugiati siriani in Turchia è diventata un argomento di scontro politico ed ha accresciuto xenofobia e atti di violenza razziale nei loro confronti. Finita la campagna elettorale, il governo islamista di Erdogan ha svelato i suoi piani per la deportazione dei rifugiati in un modo sistematico. Erdogan lo ha chiamato il “modello Aleppo”, dove la Turchia sta costruendo, nelle zone abitate da curdi, intere città per ospitare rifugiati siriani. Una sostituzione etnica che è il preludio all’occupazione permanente del nord della Siria da parte dell’esercito di Ankara.
Sudan
La missione ONU ha accusato, in un rapporto dettagliato, le forze di Pronto intervento (RSF) di aver compiuto violenze e stupri contro ragazze, in diverse località ed in particolare in Darfur. Il rapporto descrive le testimonianze di oltre 100 ragazze vittime della violenza sessuale dei miliziani. Alcune hanno raccontato di aver subito stupri di gruppo sotto la minaccia delle armi.
Un altro rapporto dell’ONU afferma che il Sudan è diventato il posto più pericoloso per le attività di soccorso umanitario: “19 operatori sono stati uccisi durante il compimento del loro lavoro, 53 depositi sono stati saccheggiati, 87 uffici hanno subito irruzioni armate, oltre 200 auto rubate e diverse migliaia di tonnellate di aiuti sequestrate dai miliziani”.
Pakistan
19 chiese e oltre 80 case, nel Punjab, sono state attaccate da centinaia di estremisti musulmani, in seguito alla diffusione di notizie che dei cristiani avevano bruciato il corano. È avvenuto a Jaranwala, a sudovest di Lahore. Il capo della polizia, Othman Anour, ha espresso solidarietà con la popolazione cristiana ed ha predisposto un servizio di protezione per il quartiere dove sono avvenuti gli attacchi e per oltre 3 mila chiese nella provincia. “Sono atti imperdonabili contro una popolazione pacifica – ha detto Anour – ed abbiamo arrestato 128 persone tra i piromani”.
Libia
L’arresto di Hamza, capo delle Brigate 444, ed il suo successivo rilascio dopo sanguinosi scontri nella capitale Tripoli, con oltre 50 morti e centinaia di feriti, hanno riportato alla luce il dramma delle famiglie delle centinaia di persone oggetto di sparizioni forzate. L’Associazione “Dhahaya” (Vittime) ha fatto un appello al governo, ai due parlamenti libici ed all’UNSMIL, la missione ONU in Libia, di agire per la loro liberazione, inserendo un elenco di decine di casi noti, tra i quali un ingegnere parente lontano della famiglia Gheddafi: “Abu-Zaid Giabbou è stato prelevato da casa sua da un gruppo di armati in abiti civili, arrivati su 3 auto militari con targa oscurata e senza nessuna insegna, e da una settimana non si sa nulla della sua sorte”. Un’altra vittima delle sparizioni forzate per mano delle milizie a Tripoli è un procuratore aggiunto della Corte penale militare, Farouq Bin Said, 51 anni, rapito dalla “Forza speciale Rada”, a giugno, insieme ai suoi due bimbi piccoli. I bambini sono stati riaccompagnati a casa, ma di lui finora non si conosce traccia. La stampa libica è piena di comunicati simili su casi di arresti e sparizioni per mano delle milizie che agiscono non sulla base di un interesse pubblico e ordini della magistratura, ma per motivi politici o di concorrenza.
Notizie dal mondo
Sono passati 17 mesi e 24 giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Intercettato e deviato un drone su Mosca. Il numero delle vittime nella guerra ucraina – secondo fonti USA – è di 190 mila morti.
In Niger, il vertice militare di ECOWAS ha deciso il giorno dell’intervento, ma lo tiene segreto fino alla conclusione delle trattative diplomatiche.
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