di Farid Adly

L’11 febbraio è l’anniversario della scomparsa del prof. Guido Valabrega. Sono passati 24 anni e si sente la mancanza di uno studioso e storico come lui, in questi tempi bui della storia del Vicino Oriente, come piaceva a lui chiamare la regione a sud est del Mediterraneo.

Ho conosciuto Guido Valabrega prima di incontrarlo. È stato infatti l’autore del primo libro uscito in Italia sulla resistenza palestinese, subito dopo il 1967. Io appena sbarcato a Milano acquistai il suo libro “La lotta del popolo Palestinese” edizioni Feltrinelli, che è stato alla base dei mille convegni e conferenze realizzate in solidarietà con la lotta di liberazione nazionale palestinese.

Il nostro primo incontro è stato poi nel 1970 ai tempi del massacro di Amman (settembre 1970), durante un’iniziativa del Partito Comunista Italiano. Da quel tempo non ci siamo mai persi di vista. L’ho sempre considerato come mio maestro negli studi storici, per la sua ricerca approfondita delle fonti e per il suo rigore nell’analisi e nell’esposizione. Innumerevoli momenti di incontro e di dibattito nel GRMOC (gruppo di ricerca del M.O. contemporaneo) che lui fondò e diresse per lunghi anni, inglobando molti studiosi e ricercatori, studenti e giornalisti oltre che di molti attivisti del mondo della solidarietà. Tra di loro ricordo il compianto Massimo Massara, l’archivista e studioso Gilberto Gilberti, l’attivista Roberto Giudici, la giornalista Cecilia Zecchinelli, la prof. Mirella Galletti e molti altri. Aveva una grande capacità di aggregare le persone, anche con opinioni diverse, mettendo in campo la sua pacatezza e capacità di moderare le discussioni.

Mi ricordo di avergli parlato una sera durante un incontro del GRMOC, all’inizio degli anni Ottanta, del film sulle vicende coloniali italiane in Libia intitolato “Omar Mukhtar”, eroe della resistenza anticoloniale libica, assassinato con l’impiccagione a Solouk, il 16 settembre 1931, dopo un processo farsa a Bengasi per alto tradimento; lui che non è mai stato cittadino italiano. Si era appassionato all’idea e mi ha chiesto la cassetta VHS per proiettarlo ai suoi studenti dell’Università di Bologna. Il film era censurato in Italia. Poi mi ha sorpreso un giorno raccontandomi che era riuscito a convincere il suo PCI a sfidare la censura e proiettare il film alla festa dell’Unità. Il film era in arabo e bisognava tradurlo e soprattutto trovare una soluzione per il doppiaggio. Con la sua flemmatica calma, mi ha proposto di tradurre i dialoghi del film e poi ha organizzato il doppiaggio in diretta. Era il 5 giugno 1982, una giornata che mi ricordo particolarmente per i risvolti entusiasmanti che ha avuto. Una gioia immensa per il calore umano ricevuto, malgrado la data nefasta della Naksa (5 giugno 1967) e l’invasione israeliana del Libano del giorno dopo, il 6 giugno 1982, con l’occupazione della prima capitale araba, Beirut, dall’esercito israeliano e la conseguente cacciata dell’OLP verso Tunisi.

Oltre all’assonanza culturale e ideale ci ha legato una forte amicizia di famiglia. Anche dopo la sua dipartita sono rimasto in contatto con Piera Orsi, sua vedova (scomparsa lo scorso 23 novembre 2023) e con i suoi figli Paolo e Piero.

Conservo gelosamente i suoi libri. La sua produzione storica è immensa. Oltre al già citato “La resistenza palestinese”, mi ricordo di: La rivoluzione araba, dall’Oglio editore, 1967; Ebrei Fascismo e sionismo. Studi storici, dall’Oglio editore, 1974; Medio oriente, aspetti e problemi, 1980; Ebrei e sionismo, Teti editore, 1986; Palestina e Israele. Un confronto lungo un secolo tra miti e storia, 1999, Teti editore.

Ecco alcune schede recuperate in siti di enti ed istituzioni dove lui ha collaborato:

Foto dell’Archivio CDEC

Da CDEC (Centro documentazione ebraica contemporanea)

Guido Valabrega nasce a Torino da famiglia ebrea nel 1931. Durante gli anni del liceo è militante del movimento sionista e attivo nel promuovere la conoscenza della cultura ebraica e della costruzione dello stato ebraico in Palestina. Nel 1953 si iscrive all’Università di Torino, laureandosi nel 1957 in storia contemporanea. Dal 1959 al 1963 è segretario della Fondazione CDEC di Milano e poi della Casa della cultura. Tra i fondatori del Gruppo di ricerca sul medio-oriente (GRMOC) di cui rimane presidente dal 1978 fin verso la metà degli anni ’80. Muore a Milano nel 2000.

Da ISTITUTO NAZIONALE PER LA STORIA DEL MOVIMENTO DI LIBERAZIONE IN ITALIA

Guido Valabrega (Torino, 5 febbraio 1931 – Milano, 11 febbraio 2000), rifugiatosi nel novembre 1942 a Rubiana, in Val di Susa, rientra a Torino nel 1945 dove frequenta il liceo classico e partecipa all’attività promossa dalla Brigata ebraica impegnata, oltre in compiti di natura assistenziale, nella diffusione di idee sionistiche e nel raccogliere in centri di attività giovani e giovanissimi ebrei italiani cui far conoscere le vicende del sionismo, la lingua e la cultura ebraica. Entrato a far parte del movimento Hechaluz, nel 1950 risiede nella Fattoria San Marco di Cevoli preparandosi al trasferimento in Israele che avverrà nel novembre dello stesso anno, con destinazione il kibbuz di Ruchama. L’iniziale entusiasmo per la vita del kibbuz e per il giovane Stato di Israele cedono progressivamente il passo a un atteggiamento critico nei confronti della politica interna di Israele e del Mapam (Partito operaio unificato) e, nell’agosto 1953, Valabrega è espulso dal kibbuz. Rientrato in Italia nel novembre 1953, si iscrive alla Facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Torino dove nel 1957 si laurea in storia contemporanea con una tesi dal titolo: Questioni del movimento operaio e contadino in Palestina dal 1920 al 1948. Specializzatosi poi in Storia contemporanea, dal 1958 lavora all’Ispi, interessandosi ai settori dell’Europa balcanica e orientale e del Vicino e Medio Oriente. Dal 1959 al 1963 ricopre la carica di segretario del Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano e, dalla metà degli anni Sessanta ai primi anni Settanta, di segretario della Casa della cultura. Trasferitosi a Milano e sposatosi nel 1966 con Pieraugusta Orsi, Valabrega insegna all’Itis Feltrinelli di Milano (1965-1975), collabora nello stesso periodo con la cattedra di Storia dell’Islam della Facoltà di scienze politiche di Torino e con la cattedra di Storia dei movimenti e dei partiti politici dell’Università di Milano, prestando attività didattica e seminariale. Docente incaricato di storia dei paesi del Vicino Oriente prima all’Università di Pisa (aa. 1974-1975) e dal 1975-1976 all’Università di Bologna, nel 1982 diviene professore associato di Storia dei paesi afroasiatici presso la Facoltà di Storia e filosofia della stessa Università. Studioso e ricercatore di storia del Medio Oriente e in particolare della questione israelo-palestinese, pubblica numerosi studi sull’argomento e accompagna la ricerca scientifica con un considerevole impegno personale, culturale e politico che si è espresso, oltre che in una rilevante promozione e partecipazione a convegni e seminari, con la costituzione e la guida del Gruppo di ricerca sul Medio Oriente contemporaneo (Grmoc) di cui è stato presidente dal 1978 fino alla seconda metà degli anni Ottanta. Militante del Pci dal 1953, Valabrega aderisce nel 1989 a Democrazia proletaria e successivamente al Partito della Rifondazione comunista.

Dal sito dell’Università di Bologna

RICORDO DI GUIDO VALABREGA

Guido Valabrega, docente di storia dei paesi afro-asiatici all’Università di Bologna, fu per alcuni di noi dell’Archivio Storico “Marco Pezzi” che ebbero l’occasione di conoscerlo, un amico ed un maestro.
Soprattutto ci colpiva la sua capacità di pensare con la propria testa, senza schemi preconcetti. Per questo, mentre tutti cantavano le lodi del sionismo, egli dopo una breve esperienza in Israele rifiutò l’ideologia nazionalistica sionista e tornò in Italia. Per questo, quando tutti a sinistra mettevano gli interessi nazionali davanti agli interessi di classe, accettando senza riserve che l’unica soluzione al problema palestinese fosse la fondazione di uno stato autonomo, egli pensava che forse questo sarebbe stato forse utile nel passato, e che ora forse era meglio per i palestinesi combattere per avere pieni diritti nello stato di Israele, piuttosto che avere il falso mito del nazionalismo. Guido non ebbe mai fiducia nei nazionalismi di ogni genere, meno che mai quando erano oppressivi come il sionismo, ma anche quando erano degli oppressi come quello palestinese, perchè credeva che occultassero le vere questioni, i diritti e le libertà. Questo lo diceva sommessamente, come era nel suo stile, uno stile che non gridava ma ragionava. Crediamo che Guido, persona che ragionava con la sua testa e che nel suo piccolo faceva quanto gli era possibile per la pace, i diritti e le libertà, possa essere un piccolo grande maestro per l’oggi e il domani.

Per ricordare Guido Valabrega pubblichiamo il ricordo che ha scritto di lui Fabio Uncini sulla rivista “Alternative” di marzo 2000.

Guido Valabrega è un esempio raro in un panorama intellettuale segnato dalla propensione al compromesso e alla sudditanza. Altri, meglio di me, potranno ricordarne la cultura, il rigore dello studioso, il valore dello storico. Per me, amo ricordare di questo uomo schivo la grande umanità e modestia, la straordinaria disponibilità, il coraggio, il rigore inflessibile del giusto.
Nato a Torino nel 1931, conobbe la persecuzione antisemita. Fu tra coloro che scelsero la via della Palestina. In Israele si formò e portò a maturazione la conoscenza profonda e umanamente attenta del Vicino Oriente e della sua tragedia. Sperimentata La vita dei kibbutzim, avvertì subito, a contatto con le contraddizioni della nascita d’lsraele, la necessità di rompere con un progetto che, mentre si concretava, tradiva quegli ideali di libertà e di rinascita umana che lo avevano infiammato.
Tornato in Italia, militante a Milano del Pci, direttore della Casa della Cultura, conobbe come molti la tempesta del 1956, ma fu tra i pochi, come Lelio Basso che da quella vicenda seppero uscire con una più calda consapevalezza critica e comunista.
Sulla fine degli anni ’70, mentre il Pci assumeva orientamenti che, legittimando il sionismo, relegavano la tragedia palestinese sullo sfondo, egli costituiva il Grmoc, Gruppo di Ricerca sul Medio Oriente Contemporaneo, un’associazione che seppe mantenere viva l’attenzione sui nodi irrisolti del Vicino Oriente. Fu Guido infatti uno dei maggiori studiosi italiani della storia di questa regione strategica, autore di contributi fondamentali, docente di Storia dei Paesi afro-asiatici presso l’Università degli Studi di Bologna.
Di fronte alla deriva del Pci, evidente negli anni ’80, Guido, prima di altri, fece la scelta più difficile: si avvicinò a Democrazia Proletaria ed accettò di candidarsi per questo partito alle elezioni europee del 1989. Infaticabile, lo troviamo tra i fondatori del Partito della Rifondazione Comunista, più attento di altri alle esigenze dell’unità di una formazione in cui aveva veduto una risposta ad un potere arrogante e spregevole.
Fisicamente minuto ebbe la tempra del lottatore. Non ricordo in lui segni d’incertezza o di sconforto, ma temo che gli eventi più recenti abbiano segnato la sua coscienza sensibile all’impotenza della giustizia. Egli ha veduto chiudersi gli spazi della politica la lacerazione grave della formazione nella quale aveva molto sperato, lo scoppio dopo un cinquantennio di una guerra europea, la vittoria di una formazione vicina al nazismo in Austria.
Guido preferiva tacere. Ma era un piacere ascoltarlo quando analizzava la situazione politica. Coglievi allora l’aspetto più stimolante della sua intelligenza: aveva l’arte di trovare nelle affermazioni stesse degli avversari gli argomenti contro di loro, nella realtà la contraddizione progressiva. Tale è la firma di tutti i suoi interventi, anche dei minori.
Stare a fianco di Guido, lottare con Guido, fu sempre, per quanti lo conobbero, la certezza di operare in ogni situazione per difendere valori grandi, contro le piccinerie miserabili alle quali ormai ci eravamo assuefatti. Per chi, come me, era alla ricerca di figure intellettuali esemplari, Guido, che sapeva coniugare intelligenza e passione civile, e stato, davvero, un maestro.
 

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