Per ascoltare l’audio di oggi, 10 aprile 2024:
Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo
(testata giornalistica online fondata da Farid Adly.
Direttore responsabile Federico Pedrocchi)
Rassegna anno V/n. 099 (1350)
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Le notizie
Genocidio a Gaza
Anche nel giorno di festa di Eid El-Fitr, la macchina dei massacri dell’esercito israeliana non si è presa un riposo. Nelle prime ore dell’alba di oggi sono stati compiuti due massacri a Rafah, nel sud, e Nuseirat, nel centro, con decine di morti e feriti. Nella giornata di ieri, negli ospedali sono arrivati i corpi di 153 uccisi e 63 feriti.
Secondo i dati forniti dal ministero della sanità palestinese a Gaza, in sei mesi di aggressione, il numero degli uccisi è di 33,360 e i feriti sono 75,993.
Qualcuno argomenta che non è un genocidio.
Ospedali nel mirino
La mezzaluna rossa palestinese ha denunciato lo stato di vandalismo compiuto dai soldati israeliani nell’ospedale Amal di Khan Younis. “La distruzione deliberata effettuata dai soldati di occupazione israeliani all’interno del PRCS Al-Amal Hospital a Khan Yunis ha provocato una vasta devastazione, rendendo l’ospedale incapace di fornire servizi ai pazienti e ai feriti. Dopo l’invasione, i soldati hanno utilizzato la forza, armi da fuoco e fumogeni per costringere tutti all’evacuazione”.
(Vedi il filmato realizzato da un volontario della PRCS: Atallah Gaith).
Trattative per lo scambio prigionieri
Nessuna tregua in vista per il momento. L’insistenza di Biden, per fini elettorali, di realizzare un cessate il fuoco prima di Ramadan, poi nell’imminenza di Eid El-Fitr, è stata fatta naufragare dal rifiuto di Netanyahu di accettare un compromesso. Le pressioni su Hamas, con i bombardamenti e le minacce di invadere Rafah, non hanno convinto il movimento a cedere sulle sue richieste di un mese fa: ritiro dell’esercito israeliano, ritorno degli sfollati nel nord di Gaza, distribuzione regolare degli aiuti, fine dell’aggressione e scambio dei prigionieri. Israele vuole ottenere il rilascio degli ostaggi e poi riprendere la mattanza a Gaza e la risposta dei negoziatori palestinesi è stata negativa.
Come al solito, l’inganno si nasconde nei dettagli. Netanyahu ha accettato il ritorno dei gazzawi alle loro case, ma lo ha condizionato a numeri ridotti e per categorie di popolazione limitate ai vecchi, donne e bambini e in un periodo successivo alla prima fase di scambio; il tutto sotto il controllo dell’esercito israeliano. Fallita questa mediazione, il capo della Cia ha tirato fuori dal cappello l’ultima proposta, rivelata stamattina dal canale Kan della TV pubblica israeliana: a controllare il ritorno dei palestinesi nel nord della Striscia saranno soldati egiziani. Da Tel Aviv sembra che ci sia un consenso, condizionato alla presenza di osservatori non armati dell’esercito israeliano. Dopo la riunione di ieri del comitato stretto del governo israeliano, il ministro delle finanze, il fascista Smotrich, ha chiesto che l’amministrazione Biden dichiari che Israele è libero di riprendere la guerra dopo la conclusione della tregua, compresa l’occupazione di Rafah.
Cisgiordania e Gerusalemme est
Le truppe di occupazione israeliane hanno invaso la spianata delle moschee di Al-Aqsa a Gerusalemme mentre era in corso la preghiera della festa di El-Eid. Un’arroganza provocatoria che tradisce le intenzioni di Israele di dare al conflitto sempre di più il carattere religioso e non di lotto di liberazione nazionale. È un’interpretazione che collima con l’ideologia sionista estremista della redenzione messianica nella terra che il loro Dio ha destinato a loro.
I rastrellamenti e gli arresti nelle città e villaggi della Cisgiordania sono continuati anche nella giornata di festa. I detenuti nelle carceri israeliane hanno superato il numero di novemila.
Deir Yassin
I palestinesi in ogni luogo, in Palestina o nella diaspora, hanno commemorato ieri il massacro di Deir Yassin, compiuto il 9 aprile 1948 dalle bande sioniste di Irgun e Stern, guidate da Begin, definito allora dai colonialisti inglesi terrorista, diventato poi primo ministro di Israele. È un massacro che i sionisti hanno sempre acclarato, si sono vantati di averlo compiuto e non lo hanno nascosto o smentito, come tanti altri massacri dei civili inermi, in quella che era stata la pulizia etnica all’origine della creazione dello Stato di Israele. I libri di storia palestinesi parlano di “245 civili sono stati assassinati in maggioranza donne, bambini e anziani”. Il totale degli abitanti era 750 persone. Il 10 aprile 1948 non è rimasto nessun palestinese nel villaggio. Chi non è stato ucciso è stato costretto alla deportazione verso altri villaggi o Gerusalemme. Un gruppo di 70 donne e bambini è stato portato a piedi a Gerusalemme e consegnato all’esercito britannico. Tra questi deportati vi è ancora in vita Mohammed Hamida, che adesso vive a sud di Gerusalemme. Racconta che all’epoca aveva 8 anni. “è stato un viaggio doloroso e duro. Senza scarpe e sotto la minaccia delle armi. Quando siamo stati consegnati ai soldati inglesi, ci hanno portato in una scuola, trasformata in rifugio per sfollati… Mi ricordo quei momenti; il dramma di Gaza in questi giorni ha riportato alla mente quella ferita con molta più nitidezza. Abbiamo subito diversi sfollamenti e nel 1967 siamo stati cacciati in Giordania, questo dove viviamo a sud di Gerusalemme è l’ottavo luogo di sfollamento…
Sono tornato a Deir Yassin diverse volte e due anni fa ho ritrovato la nostra casa di allora. È tutta intatta, costruita in pietra. È abitata da un medico ebreo emigrato dalla Russia. Quando gli ho detto: ‘questa è casa mia, io sono nato qui’, mi ha risposto: ‘Era casa tua, adesso è mia’. Non mi ha lasciato neanche entrare a vedere l’atrio e osservare l’ulivo in mezzo. Io le chiavi di quel portone di ferro, li conservo ancora e un giorno ritorneremo. Se non io, i miei figli e nipoti”. (Vedi foto e leggi maggiori informazioni storiche qui).
Israele
Confusione nel governo israeliano sulla trattativa e sui preparativi della guerra. Il ministro della guerra Gallant ha negato che sia stata già fissata la data dell’avanzata di terra contro Rafah. Il giorno prima Netanyahu aveva detto che tutto è pronto e piani e data sono stati già fissati. Il capo di Stato maggiore dell’esercito ha affermato che non sono stati informati di nessuna data. La mossa del premier era quindi soltanto per calmare Bin Gvir e Smotrich, che avevano minacciato di far cadere il governo in caso di rinuncia a completare il lavoro di macelleria a Gaza, con l’occupazione di Rafah.
I capi dei servizi di sicurezza hanno chiesto il rinvio della riunione del comitato ristretto del governo, nel timore di dichiarazioni che potrebbero ostacolare la trattativa con Hamas. Netnayahu invece l’ha confermata.
Diplomazia
Il governo spagnolo sta prendendo contatti diplomatici per allargare la platea dei paesi che riconosceranno lo stato di Palestina. Il premier Sanchez ha in programma incontri con i capi di governo di alcuni paesi dell’UE per una posizione avanzata sulla futura soluzione del conflitto. Tra i paesi che hanno aperto a questa prospettiva di dialogo ci sono, secondo una dichiarazione della portavoce del governo di Madrid, Norvegia, Irlanda, Portogallo, Slovenia e Belgio. Anche la piccola Malta aderisce a questo gruppo, l’Italia, invece, no.
La ministra degli esteri dell’Australia, Penelope Ying-Yen Wong, ha dichiarato davanti al parlamento che il governo di Canberra è orientato a operare nella direzione di riconoscere diplomaticamente lo stato di Palestina, per spingere verso una soluzione del conflitto mediorientale. In una risposta indiretta alle farneticazioni del ministro degli esteri di Tel Aviv, ha aggiunto: “Sbaglia chi pensa che il riconoscimento dello Stato palestinese ostacoli la soluzione del conflitto. È l’unica condizione per smuovere la situazione verso una soluzione permanente e garantire la pace per tutti gli Stati ed i popoli della regione”.
Dal 1988, anno di annuncio della creazione dello Stato di Palestina (Consiglio nazionale dell’OLP, Algeri, 15 novembre 1988) 139 paesi hanno riconosciuto la Palestina, su un totale di 193 stati membri dell’ONU. Al Consiglio di Sicurezza è in discussione l’ammissione della Palestina come membro effettivo dell’ONU).
Libano
L’esercito libanese ha dichiarato di aver arrestato la banda che ha rapito e ucciso il coordinatore del partito delle Forze libanesi nella regione di Jbeil, Pasqal Soliman. La banda sarebbe formata di rifugiati siriani che volevano rubare l’auto della vittima, ma a causa della sua morte hanno trasportato il suo corpo in Siria. La versione sembra far buchi da ogni lato: che bisogno c’era di trasportate il corpo in Siria, da parte di gente che è scappata dalla Siria per motivi politici ed economici? Il partito delle forze libanesi (destra maronita) ha pubblicato un comunicato nel quale ha messo in dubbio la versione dell’esercito sostenendo che Soliman è stato rapito e trasportato in Siria per interrogarlo e carpire segreti militari e ha fatto cenno sulle “responsabilità politiche di una nota milizia legata a potenze regionali straniere”, un identikit che calza a pennello su Hezbollah. Nella serata di ieri si sono svolte manifestazioni nella zona e blocchi stradali da parte di cittadini libanesi di Jbeil, con atti di vessazioni nei confronti di profughi siriani che non c’entrano nulla con l’accaduto. Si rischia la miccia di una nuova guerra civile.
Iraq
Scoperto un altro caso di corruzione milionaria in dollari. Nel governatorato di Diyale sono stati arrestati due funzionari dell’amministrazione regionale. Molti altri sono ricercati ma si teme che siano già fuggiti all’estero. Le cifre rubate accertate sono circa 7 milioni di dollari, ma alcuni inquirenti parlano di una cifra molto più alta. Soltanto una parte esigua del malloppo è stata recuperata. Il fondo derubato questa volta è quello delle vittime del terrorismo.
Nel 2022 era stata scoperta la più grande truffa nella storia irachena: 2,5 miliardi di dollari erano stati sottratti alle case del fondo di previdenza. Erano implicati direttori della Banca centrale, ministri e sottosegretari ed alti funzionari dello Stato. Inchiesta sbandierata prima delle ultime elezioni, ma poi il sistema corruttivo è tornato a funzionare a pieno regime.
BDS
La conduttrice della televisione e radio tedesca SWR (suedwestrundfunk) Helen Fares è stata licenziata, perché aveva registrato un video in cui chiedeva il boicottaggio dei prodotti israeliani e lo aveva postato sui social. Fares, giornalista tedesca di origine siriana, ha commentato che in Germania si vuole togliere la parola ai sostenitori della Palestina e a tutti coloro che si oppongono a questo genocidio. Per questo è necessario alzare la voce per sommergere i negazionisti.
Notizie dal Mondo
Sono passati due anni e un mese e 16 giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. 777 giorni per l’esattezza. In fiamme nave militare russa a Kaliningrad. Droni su Zaporizhzhia, la città con la centrale nucleare più grande d’Europa.
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