Per ascoltare l’audio di oggi, 12 aprile 2024:
Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo
(testata giornalistica online fondata da Farid Adly.
Direttore responsabile Federico Pedrocchi)
Rassegna anno V/n. 101 (1352)
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Le notizie
Genocidio a Gaza
Israele imperterrito continua ad uccidere gente innocente. Spara dal cielo, da terra e dal mare contro Rafah e i suoi campi profughi. È il modo per trattare con i capi di Hamas, per costringerli alla resa. Le diplomazie di USA, UE e Nato, suoi complici, stanno in silenzio e lo armano. Ieri, 188esimo giorno di aggressione, sono stati uccisi 63 civili e feriti altri 45.
Uccidere per fame
L’esercito israeliano ha attaccato ieri un convoglio dell’UNICEF che trasportava aiuti umanitari a Gaza nord. Tess Ingram, portavoce dell’UNICEF: “I colpi provenivano da un checkpoint israeliano. Siamo stati colpito dai proiettili e siamo stati davvero fortunati. La sicurezza non è garantita nemmeno quando adottiamo tutte le misure necessarie”.
Le automobili si trovavano in un punto d’attesa, prima di essere controllate dai soldati di un checkpoint israeliano: “Stavamo aspettando lì quando sono esplosi degli spari nelle vicinanze. I colpi provenivano dalla direzione del checkpoint. I nostri mezzi sono stati colpiti dai proiettili e siamo stati davvero fortunati se siamo ancora vivi”.
La sparatoria di ieri è stata l’incidente più grave che il personale dell’UNICEF abbia vissuto dall’inizio della guerra a Gaza, ma non è stato un caso isolato. La missione di consegna di aiuti umanitari da parte dell’UNICEF era stata autorizzata e le autorità israeliane sapevano del convoglio, che dopo la sparatoria è stato costretto a tornare a Rafah. “Quindi quelle forniture salvavita non sono mai arrivate ai bambini nel nord di Gaza”, ha detto la portavoce, Tess Ingram. (L’intera dichiarazione, in inglese, ad Al-Jazeera English).
Ospedali nel mirino
Dopo gli ospedali di Gaza città, di Jebalia, di Deir Balah e di Khan Younis, adesso tocca agli ospedali di Rafah di essere smantellati. È una pratica criminale dei generali israeliani, per impedire la cura dei malati e feriti. Politica di annientamento del popolo palestinese, che va di pari passo con quella delle bombe e dell’uso della fame come arma di guerra. L’ospedale Najaar di Rafah è sotto fuoco israeliano. Il reparto di dialisi è stato costretto dai bombardamenti subiti ad essere trasferito ed ha trovato ospitalità in una sala per cerimonie matrimoniali. L’ospedale Najjar è l’unico, in tutta la Striscia, rimasto disponibile a fornire queste cure, dopo la distruzione delle altre strutture. Prima dell’aggressione israeliana forniva assistenza a 110 malati al giorno, attualmente il numero è salito a 525 giornalieri.
Trattative per lo scambio prigionieri
Proseguono senza risultati le trattative indirette al Cairo tra Hamas e Netanyahu. L’assassinio dei tre figli e tre nipoti di Ismail Hanie non hanno rallentato il negoziato, come sperava il premier israeliano. Non sono state esplicitati gli argomenti sui quali c’è ancora divergenza, ma dalle dichiarazioni rese in forma di anonimato è l’impianto complessivo ad essere messo in discussione. Hamas chiede la fine dell’aggressione, ritiro dell’esercito occupante e come mosse tangibili pretende il ritorno degli sfollati dal nord della Striscia alle loro case, anche se distrutte. Netanyahu vuole invece riprendere la guerra e occupare Rafah subito dopo il rilascio degli ostaggi.
La proposta statunitense di limitare il ritorno nella prima fase a 150 mila palestinesi è stata condizionata da Tel Aviv a limitare il ritorno a categorie precise, vecchi, bambini e donne, escludendo uomini adulti; tutti da sottomettere al controllo dell’esercito israeliano. Oltre a questa condizione, Netanyahu chiede anche che Hamas fornisca i nomi degli ostaggi ancora in vita. L’emittente televisiva israeliana canale12 ha riportato una dichiarazione, in anonimato, di un membro della delegazione di Tel Aviv al Cairo, che si lamentava delle interferenze del premier per smantellare qualsiasi proposta dei mediatori, avanzando dei correttivi che rallentavano la trattativa ed esasperavano la controparte. La richiesta dei nominativi è stata avanzata in contemporanea con le veline fatte passare alla stampa USA sulla probabile morte della maggior parte degli ostaggi durante i bombardamenti dell’esercito israeliano su Khan Younis. Hamas su questo punto mantiene il massimo riserbo e ricorda che “ogni informazione in merito ha il suo prezzo”. Uno stallo che lascia i familiari degli ostaggi e dei detenuti palestinesi in ansia per la sorte dei loro cari.
Cisgiordania e Gerusalemme est
Deportazione forzata per i pastori palestinesi dalla valle del Giordano, per mano dei coloni ebrei israeliani armati. L’ultimo di Ramadan, alla vigilia della festa dell’Eid Fitr, due famiglie si sono salvate in extremis dal rogo appiccato dagli aggressori nelle loro tende e baracche. Soliman Najadeh racconta che “prima del tramonto ho notato, nella collina di fronte al nostro accampamento, l’arrivo di un gruppo di una trentina di coloni armati con mitra. Ho allertato tutta la mia famiglia e quella di mio fratello per salvare gli animali. I maledetti hanno bruciato tutto, le nostre tende e le baracche degli animali”. Quando Najadeh è andato a denunciare all’esercito l’accaduto, i soldati gli hanno risposto: “Andatevene!”. Non è un caso isolato, ma è la pratica quotidiana che da anni avviene nel silenzio delle cancellerie, che si riempiono le bocche di bei paroloni sui diritti umani e poi finanziano i pogrom dei coloni contro la popolazione palestinese. Dall’inizio della guerra contra Gaza, sono 23 le comunità beduine deportate dalle loro terre.
Israele
Manifestazione a Gerusalemme ovest, ieri, dei religiosi ebrei ultraortodossi haredim. Si oppongono al servizio militare. Lo scorso 31 marzo era scaduto, per decisione dell’Alta corte israeliana, l’esonero per gli studenti delle scuole religiose haredim. I partiti laici chiedono che tutti gli israeliani siano arruolati allo stesso modo per contribuire allo sforzo bellico. I due partiti religiosi che fanno parte della maggioranza non sono d’accordo e minacciano di uscire dal governo e far cadere Netanyahu. Una trattativa segreta è in corso tra il Likud ed i partiti religiosi, per trovare una soluzione che salvi capra e cavolo.
Corte di Giustizia Int.
Managua ha chiuso la propria ambasciata a Berlino. È la logica conseguenza dopo le due sedute all’Aja per l’ascolto delle parti nella causa, intentata dal Nicaragua contro la Germania, per complicità nel genocidio in corso a Gaza, compiuto dal governo e dall’esercito israeliani. In futuro, le funzioni ufficiali saranno assunte dalla rappresentanza diplomatica di Managua in Austria.
ONU
La Francia ha presentato al Consiglio di Sicurezza una bozza di risoluzione per un cessate il fuoco permanente a Gaza. La bozza respinge l’ipotesi di deportazione della popolazione di Rafah e chiede l’ingresso degli aiuti alimentari alla popolazione stremata dalla fame.
Diplomazia Internazionale
La Cina appoggia l’ingresso della Palestina come Stato membro a pieno titolo all’ONU. Lo ha dichiarato la portavoce del ministero degli esteri di Pechino. “L’unica strada per mettere fine allo spaventoso circolo del conflitto palestino-israeliano è quella della completa applicazione della risoluzione dei due Stati con la creazione dello Stato palestinese, correggendo l’ingiustizia storica che i palestinesi subiscono da tempo”.
Sulla questione è in corso un procedimento al Consiglio di Sicurezza che ha cominciato la discussione l’8 aprile su richiesta della delegazione palestinese. Il dossier è stato trasferito alla Commissione competente, ma anche se si dovesse ottenere l’approvazione di 9 membri per mettere la risoluzione al voto, l’adesione della Palestina sarà bloccata dal veto USA.
BDS
È stato lanciato un appello contro la partecipazione israeliana al Giro d’Italia e al Tour de France. “Strade chiuse al genocidio”, si intitola la campagna di boicottaggio. Si legge nell’appello tra l’altro: “Il Giro d’Italia (4 – 26 maggio) e il Tour de France (29 giugno – 21 luglio) stanno premiando vergognosamente la squadra ciclistica sponsorizzata dal governo israeliano, anche mentre Israele uccide più di 33.000 palestinesi a Gaza, anche mentre utilizza intenzionalmente la fame come arma di guerra per provocare una carestia a Gaza, anche mentre spara deliberatamente sui palestinesi che cercano disperatamente i pochi aiuti che entrano a Gaza e sugli operatori umanitari che li forniscono, anche mentre commette uno sporticidio, uccidendo gli atleti palestinesi e distruggendo gli impianti sportivi palestinesi”.
Antisemitismo
Adesso, per una giornalista israeliana, anche la società Apple è antisemita. Rachele Relei scrive sul proprio account: “Ho appena aggiornato il mio software e ora, quando digito Gerusalemme, mi appare l’emoji della bandiera palestinese. Mostrare doppi standard rispetto a Israele è una forma di antisemitismo”. Ricordo alla distratta giornalista che su 193 nazioni presenti all’ONU soltanto 6 riconoscono Gerusalemme come capitale di Israele. Questo uso spregiudicato dell’accusa di antisemitismo rischia di svuotarne il verso significato. Se tutti sono antisemiti, nessuno è antisemita.
Migranti
“Non è possibile che un bambino di sei anni sia sottoposto a fotosegnalamento, che gli vengano presi i dati biometrici. Si trattano così i delinquenti, non i bambini”, così ha commentato l’eurodeputato Bartolo il Patto per l’immigrazione approvato due giorni fa al PE. Per poi proseguire: “È stato fornito un quadro giuridico a quello che oggi è illegale, come i respingimenti e la detenzione immotivata dei richiedenti asilo. Fino a ora almeno si poteva fare ricorso alla Corte di giustizia europea, o magari incalzare la Commissione Ue. Nel futuro no, sarà questa porcheria a legalizzare le nefandezze”. (Leggi l’intervista all’eurodeputato Bartollo sul manifesto dell’11 aprile 2024)
Notizie dal Mondo
Sono passati due anni, un mese e 18 giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Bombardata Kharkiv. 200 mila senza elettricità.
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