Per ascoltare l’audio di oggi, 17 aprile 2024:
Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo
(testata giornalistica online fondata da Farid Adly.
Direttore responsabile Federico Pedrocchi)
Rassegna anno V/n. 106 (1357)
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Le notizie
Genocidio a Gaza
La carneficina continua. Ieri, 5 stragi sono state compiute dalle truppe israeliane a Nuseirat, Beit Lahia e Rafah. 46 uccisi e 110 feriti.
Nella serata di ieri e all’alba di oggi, l’artiglieria israeliana ha continuato a martellare le zone nord e centrali della striscia, con l’intento di evacuare la popolazione da Jebalia e Beit Lahia e costringere i profughi che sono tornati nel centro della Striscia ad evacuare di nuovo verso sud. La popolazione accatastata nelle scuole di Jebalia ha raccontato che i carri armati israeliani sono tornati nella zona, dopo essersi ritirati nelle scorse settimane. Il nuovo campo di Nuseirat è stato colpito stamattina con bombe incendiarie che hanno ridotto in cenere centinaia di tende improvvisate costruite da listelli di legno e plastica. Nell’ospedale di Deir Balah sono arrivati 6 corpi carbonizzati e 20 feriti.
Ospedali
La testimonianza di un’infermiera operante nell’ospedale Shifà dà la misura dell’azione nazista compiuta dai soldati israeliani, durante l’ultima irruzione dello scorso marzo nel complesso ospedaliero. Hiba abu Hasira ha perso padre, madre Bushra, 55 anni, due sorelle, Razan di 25 e Rania di 20 e un fratello, Saif di 21 anni, uccisi davanti ai suoi occhi dai soldati israeliani che avevano fatto irruzione nella loro abitazione il 18 marzo. “Mi sono salvata perché ero in un’altra stanza. I soldati sono entrati con i mitra spianati, hanno ordinato in arabo ai miei di mettersi al muro con le mani alzate e poi hanno sparato. Tremavo, ma non potevo fare nulla. Quando se ne sono andati, ho constatato le dimensioni della tragedia. Sono momenti che non potrò mai dimenticare. Mio padre e mio fratello in canottiera e mutande, mia madre e le sorelle senza l’hijab, lì per terra con i corpi esanimi e coperti di sangue”. Alla conclusione dell’operazione militare israeliana contro l’ospedale e i suoi dintorni, Hiba è tornata alla propria casa, ma ha constatato che in realtà la casa non c’era più. I soldati l’hanno incendiata e poi l’hanno minata con la dinamite e rasa al suolo. “Non posso avere neanche una tomba sulla quale piangere i miei cari”. Hiba è tornata a compiere il suo lavoro di infermiera, per curare feriti e malati. “Anche questa è una resistenza, che mi dà la forza di andare avanti”.
Cisgiordania e Gerusalemme est
Proseguono le azioni militari israeliane nelle città palestinesi. I rastrellamenti violenti hanno toccato all’alba di oggi Nablus, Tulkarem, Jenin e El-Khalil. Operazioni che mirano a spaventare la popolazione e inibire ogni azione di resistenza contro l’occupazione militare, ma finora si sono dimostrate inutili. Le devastazioni alle reti urbane di elettricità, acqua, fognature e strade non hanno ridotto l’opposizione al dominio militare delle truppe di occupazione e la resistenza alle incursioni dei loro coloni armati.
La Commissione ONU per i diritti umani ha invitato l’esercito israeliano di contenere la violenza dei coloni invece di sostenerla. La portavoce in una conferenza stampa ha detto che “i rapporti corredati da immagini eloquenti dimostrano che i coloni armati agiscono indisturbati, supportati dai soldati, con aggressioni armate nei confronti della popolazione civile, con l’obiettivo di allontanarla ed occupare le terre”. In almeno due casi, queste aggressioni contro le comunità palestinesi si sono concluse con la creazione di nuove colonie ebraiche sulla terra dei villaggi palestinesi, a El-Khalil e nella Valle del Giordano.
Punizione collettiva
Un’intera palazzina a Gerusalemme est è stata svuotata dagli abitanti e sono stati chiusi con il calcestruzzo tutti gli ingressi e le finestre. È una punizione collettiva nei confronti della famiglia di un resistente palestinese, Khaled Muhtassib, 21 anni. Lo scorso 12 ottobre il giovane aveva imbracciato un fucile ed ha attaccato un posto di polizia ferendone alcuni, per essere poi ucciso dalla reazione degli agenti. È la terza casa presa di mira dalle forze di occupazione a Gerusalemme, nel 2024, per punire i familiari di chi compie azioni di resistenza contro l’occupazione.
Iran
“È finito il tempo del mordi e fuggi”, dice un generale iraniano davanti ad una folla giubilante per “la lezione inferta al nemico sionista”. Il regime alimenta un sentimento di nazionalismo all’interno, per mostrare forza politica e ridurre il dissenso, ma il messaggio principale è diretto ai regimi arabi ed ai movimenti alleati nella regione (Hezbollah libanese, Hamas e Jihad islamica palestinesi, Houthi yemeniti e movimenti sciiti iracheni). In effetti la sceneggiata ha funzionato e l’onta è stata lavata, l’onore è salvo, ma verso quale futuro? La polarizzazione dello scontro nella regione non è favorevole agli ayatollah, che anche loro similmente a Netanyahu proseguono l’escalation per mantenersi in sella.
Israele
“Israele risponderà” così rispondono i politici e i militari di Tel Aviv alle domande sul da farsi dopo l’attacco iraniano diretto, che peraltro non ha causato danni seri, ma soltanto un ferito e qualche spavento. Netanyahu intende tenere il mondo ostaggio nelle sue mani, alzando la voce e sfidando soprattutto Biden per avere maggiore sostegno. Soprattutto attende la via libera agli aiuti militari per 17 miliardi di dollari in discussione al Senato USA. Ha incassato il sostegno dei 7 paesi capitalistici e manda un messaggio ai paesi arabi del Golfo per allinearsi, seguendo l’esempio della Giordania. Mentre i più ravveduti tra i commentatori politici consigliano moderazione per non sciupare i risultati ottenuti soprattutto in termini di fine dell’isolamento a causa dei crimini di Gaza, i ministri dell’estrema destra reclamano “una risposta devastante” contro Teheran. La stampa israeliana parla di diverse opzioni di risposta: dall’attacco diretto contro i siti nucleari iraniani, ad un’invasione di terra in Libano e un piano di assassinii mirati di esponenti politici e militari di Teheran. Alcuni analisti arabi sostengono che nel tempo, Netanyahu porterà avanti, anche se non contemporaneamente, tutte e tre queste opzioni.
Palestinesi d’Israele
È uno dei 48 villaggi beduini che lo stato di Israele non riconosce e vorrebbe annientare per creare maggiore spazio vitale (strade e zone di espansione edilizia) alle colonie ebraiche israeliane nel Negev. La mattina di ieri, martedì 16 aprile, le autorità amministrative, accompagnate dalla polizia, hanno provveduto alla demolizione con i bulldozer le tende dei palestinesi, lasciando i circa 700 abitanti all’aperto, senza un tetto sulla testa. L’ultima demolizione, precedente a questa, è avvenuta il 21 marzo 2024, neanche un mese fa, quando erano state rase al suolo le casette di legno, plastica e lastre ondulate di zinco.
Libano
Droni israeliani hanno lanciato un missile contro l’auto di un dirigente militare di Hezbollah, uccidendolo. Mohammed Shahhouri – secondo un comunicato di commiato di Hezbollah – era il responsabile dell’unità missilistica del movimento di resistenza libanese. Una raffica di razzi e missili è stata lanciata contro il Golan siriano occupato e contro le basi dell’esercito israeliano nel nord della Galilea.
Crimini USA in Iraq
Si svolge in Virginia, presso un tribunale federale, un processo per i crimini compiuti dalla CIA e dall’esercito USA ad Abu Ghraib. Sono passati 20 anni da quei giorni terribili, ma finalmente un processo si apre contro la società privata di sicurezza CACI, ingaggiata dall’esercito invasore per il compito di interrogare i catturati. La causa è stata intentata dal Comitato per i diritti costituzionali in nome di 3 cittadini iracheni che hanno subito torture e maltrattamenti. La società ha provato per 20 volte ad ottenere l’archiviazione del procedimento “per non competenza del tribunale”. Secondo HRW, si è arrivati a processo solo perché la CACI è una società privata. Infatti, esiste una legge, del 1946, che garantisce l’incolumità ai soldati per i crimini compiuti durante periodi di guerre.
Sudan
Funzionari del Foreign office hanno trattato in Sudan con esponenti delle milizie Pronto Intervento. Un grave passo che rappresenta un riconoscimento di un organismo militare accusato dalle organizzazioni per i diritti umani di violazioni gravissime, che vanno dalla pulizia etnica allo stupro come arma di guerra. Lo rivela il Guardian sostenendo che l’ultimo incontro sarebbe avvenuto a marzo. Il quotidiano commenta il passo come un decadimento etico che avrà effetti sulla nomea della politica di Londra.
Libia
Dimissioni di Bathily, inviato speciale dell’ONU. In un rapporto al Consiglio di Sicurezza ha detto che la crisi libica non ha sbocchi e la situazione rischia di degenerare in una guerra aperta, a causa della presenza di armi pesanti nella capitale Tripoli e delle mobilitazioni militari attorno a Sirte. “I dirigenti libici attuali pensano soltanto alla loro poltrona e non all’interesse del popolo, e trovano tutte le scuse per rinviare le elezioni che avrebbero potuto mettere fine alla fase transitoria”. Alla conclusione della sua dichiarazione ha presentato le dimissioni.
Notizie dal Mondo
Sono passati due anni, un mese e 23 giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Zelenski dice che l’Ucraina ha finito i missili e non può sventare gli attacchi aerei russi. E poi sarcastico: “Israele ha alleati in cielo e non di carta”. Nessuno gli ha fatto notare di aver svelato un segreto militare.
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