Per ascoltare l’audio di oggi, 05 maggio 2024:
Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo
(testata giornalistica online fondata da Farid Adly.
Direttore responsabile Federico Pedrocchi)
Rassegna anno V/n. 119 (1370)
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Le notizie
Genocidio a Gaza
Nelle ultime 24 ore, l’esercito israeliano ha compiuto 3 stragi con 32 uccisi e 41 feriti. In totale, in 7 mesi di aggressione, i generali di Tel Aviv hanno ucciso 34.654 civili e ferito altri 77.908.
Fosse comuni
Il consiglio di sicurezza dell’ONU svolgerà questa settimana una riunione a porte chiuse sulle fosse comuni scoperte negli ospedali di Gaza, in seguito al ritiro dell’esercito israeliano che li aveva occupati per diverse settimane, uccidendo, arrestando e sfollando civili, malati e personale medico. Le squadre di protezione civile palestinesi hanno travato diverse fosse comuni, ultime delle quali nell’ospedale Nasser di Khan Younis, con oltre 400 corpi, alcuni ammanettati e uccisi con un colpo alla nuca, altri denudati e altri ancora con i cateteri, trattandosi di malati e feriti.
Medici palestinesi
Il dott. Adnan El-Birsh è stato assassinato dagli israeliani in carcere. Ha resistito nell’ospedale Shifà senza uscirne fino a novembre 2023 e poi ha sfollato verso nord dopo l’occupazione e conseguente devastazione di quel complesso ospedaliero. È sfollato verso nord, contrariamente agli ordini degli occupanti, lavorando prima nell’ospedale Kamal Adwan e poi Al-Awuda di Jebalia. Arrestato a dicembre in quest’ultimo ospedale è stato portato nel deserto e poi nel carcere di Ofer, dove è stato torturato, maltrattato e umiliato. A metà aprile è morto ma la notizia è stata diffusa soltanto ieri e il suo corpo è tutt’ora sequestrato dall’esercito israeliano. Il ministero della sanità di Gaza ha chiesto un’indagine della CPI per accertare le circostanze che hanno portato al decesso e di incriminare i responsabili.
Dott. El-Birsh è specializzato in chirurgia ortopedica in diverse università internazionali ed è stato assassinato dagli israeliani all’età di 50 anni.
Cisgiordania e Gerusalemme est
Cinque combattenti di Brigate Qassam sono stati uccisi, a Tulkarem, in scontri armati con l’esercito israeliano di occupazione. Un quinto palestinese civile è rimasto ucciso dalle pallottole dei soldati, in un’operazione militare di rastrellamenti durata 15 ore. L’esercito israeliano ha usato missili aria-terra, lanciati da elicotteri e droni, per distruggere le case dove si erano asserragliati i combattenti palestinesi. L’operazione è stata completata con i bulldozer che hanno raso al suolo gli edifici, seppellendo sotto le macerie le persone che vi si trovavano dentro.
Israele
Manifestazioni contro Netanyahu, ieri, in diverse città israeliane ed in particolare a Tel Aviv e Gerusalemme. L’opposizione e i familiari degli ostaggi chiedono l’adesione ad un accordo per lo scambio di prigionieri con la fine della guerra, secondo la proposta egiziana.
Dal fronte opposto, i ministri del sionismo religioso si oppongono e minacciano di mandare a casa il governo, in caso di conclusione della guerra “prima di realizzare gli obiettivi”. Sia Smotrich che Bin Gvir sono stati molto espliciti nelle loro dichiarazioni, ricattando il premier con la caduta del governo in caso di approvazione della proposta egiziana. Haaretz ha scritto che lo stesso ufficio di Netanyahu rilascia dichiarazioni contro l’accordo, riferite ad un’anonima fonte diplomatica. Il governo israeliano non ha mandato una delegazione alle trattative del Cairo e ha minacciato di invadere Rafah se non si arriva ad un accordo entro una settimana.
Trattative
Al Cairo si è svolto ieri un primo round di trattative indirette tra la delegazione di Hamas e le tre delegazioni di mediazione. Nessun rappresentante del governo israeliano è stato autorizzato a parteciparvi. Mentre Netanyahu continua a minacciare di invadere Rafah se non ci sarà un accordo entro una settimana, Hamas ha confermato la sua nota posizione: “nessuno scambio di prigionieri senza la fine della guerra e il ritiro dell’esercito israeliano da Gaza”.
Fonti del Cairo sono ottimiste e sostengono che dal movimento Hamas sono arrivate disponibilità significative ad arrivare ad un accordo per lo scambio di prigionieri. La proposta egiziana prevede un ritiro graduale dell’esercito di occupazione per permettere il ritorno libero della popolazione del nord di Gaza alle loro case. Dopo le tre fasi dello scambio di prigionieri si prevede implicitamente il ritiro totale dei soldati e la rinuncia ad invadere Rafah, ma non è chiarito esplicitamente per non indiavolare i ministri estremisti del governo israeliano.
Secondo fonti stampa israeliane e USA, Washington avrebbe dato garanzie del ritiro totale dell’esercito israeliano dalla Striscia alla fine dell’accordo, ma giustamente i palestinesi non si fidano e vogliono un accordo chiaro ed esplicito. Un esponente di Hamas ha dichiarato che il movimento è disposto a trasformarsi in un partito politico, senza nessuna milizia armata, in caso della nascita di uno stato palestinese indipendente e sovrano.
Il nuovo antisemitismo contro i palestinesi
Il dottora britannico di origine palestinese, Ghassan Abu Sitta, è stato bloccato all’aeroporto di Parigi e gli è stato vietato l’ingresso in Francia dove doveva tenere un discorso al Senato. Il dott. Abu Sitta ha passato 43 giorni ad operare nell’ospedale Shifà di Gaza ed è testimone oculare del genocidio compiuto dai generali israeliani contro la popolazione civile. Il suo intervento a Parigi sarebbe stato concentrato su questo aspetto di testimonianza diretta, ma i paesi europei complici del genocidio in corso non vogliono che se ne parli. Al dott. Abu Sitta è stato vietato l’ingresso in Germania lo scorso aprile, insieme all’ex ministro greco, Yanis Varoufakis.
Il dott. Abu Sitta ha denunciato il fatto sui social e ha accusato “le autorità europee di temere che si conosca la verità sulla loro complicità nel genocidio a Gaza”. QUI La polizia francese addossa la responsabilità su quella tedesca che avrebbe dichiarato un divieto per un anno nell’area Schengen al dott. Abu Sitta, ma questo non cancella le responsabilità politiche della Francia che si riempie la bocca del diritto di “libertà di parola” e poi vieta ai palestinesi, in quanto palestinesi, di esprimersi. “L’Europa silenzia i testimoni del genocidio a Gaza, mentre Israele li uccide nelle carceri”, ha concluso il dotto Abu Sitta. È il nuovo antisemitismo caro alla Germania che lo sperimenta oggi in una nuova forma: quella contro i palestinesi. Un manifestante di Berlino, dopo la dura repressione della manifestazione pro Palestina, ha innalzato un cartello: “La Germania non è stata denazificata; ieri ha compiuto il genocidio, oggi si mostra complice di genicidio”.
Un deputato della sinistra francese ha dichiarato che “il divieto d’ingresso al dott. Abu Sitta è una pagina vergognosa della politica francese”.
Libano
Il fronte libano israeliano è sempre caldo. Nell’ultima settimana sono stati uccisi una decina di civili e tre combattenti di Hezbollah, durante gli intensi bombardamenti israeliani sui villaggi e città del Libano meridionale. Gli attacchi israeliani sono stati la risposta ai missili e razzi libanesi che hanno colpito basi militari e colonie ebraiche nei territori libanesi occupati nel 1967. Hezbollah finora ha limitato la propria azione colpendo soltanto zone riconosciute internazionalmente come libanesi. Questo accorgimento nelle regole d’ingaggio è utile a non mettere in difficoltà il governo libanese di fronte alle pressioni di Francia e USA e soprattutto per non dare adito alla destra maronita di innescare una guerra civile nel paese.
La mediazione del ministro degli esteri francese è fallita e non ha portato a nessun risultato, perché basata sul concetto, non dichiarato, di realizzare gli obiettivi di Israele, cioè il ritiro dei combattenti di Hezbollah a nord del fiume Litany, per garantire a Tel Aviv una fascia di sicurezza smilitarizzata di almeno 6 km nella profondità del territorio libanese.
Solidarietà internazionale
Le proteste studentesche a favore della Palestina e contro il genocidio in corso a Gaza si stanno allargando in molte altre università statunitensi e canadesi e sono approdate in quelle europee, dalla Francia alla GB e Germania. Una repressione senza precedenti in tutti questi paesi che si vantano a grandi paroloni di essere democratici e per la libertà d’espressione. La repressione poliziesca viene coperta dai media e dal ceto politico con una bugia: “si deve impedire ogni forma di antisemitismo”. Una frase vuota perché a queste proteste partecipano e molte volte le guidano studenti di fede ebraica che gridano alto e chiaro: “Non nel mio nome”. La foglia di fico serve a coprire le nefandezze della Casa Bianca e del Pentagono che hanno garantito a Tel Aviv armi, sostegno politico e finanziario senza precedenti. Anche a Parigi, Berlino e Londra, la polizia ha attaccato gli studenti che occupavano le università o manifestavano nelle piazze pubbliche in sostegno della Palestina. A Berlino, la polizia vieta che vengano innalzate le bandiere palestinesi, considerate un sintomo di antisemitismo ed è arrivata ad arrestare un ragazzo che portava in mano un’anguria, perché simbolicamente raffigura i colori della bandiera palestinese (in passato è stata una forma di lotta clandestina dei palestinesi cittadini israeliani, contro il divieto per legge di esporre una bandiera palestinese in un luogo pubblico in Israele).
Arabia Saudita
Manahel al-Otaibi, istruttrice di fitness di 29 anni e attivista per i diritti delle donne, è stata condannata dalle autorità saudite a 11 anni di prigione. Sua colpa è stata quella di pubblicare sui social-media Video che difendevano il diritto delle donne di praticare sport e ginnastica artistica in libertà, secondo la “vision 2030” ufficiale proclamata e propagandata dal regime nel nome dell’ascesa al potere dell’erede al trono, MBS. Amnesty International e l’associazione per i diritti umani saudita QAST (con sede a Londra) hanno contestato questa condanna e nei loro comunicati hanno chiesto che le autorità dell’Arabia Saudita “devono rilasciare immediatamente e incondizionatamente l’attivista. Il suo arresto contraddice direttamente la visione delle autorità sulla riforma e sull’emancipazione delle donne”.
Notizie dal Mondo
Sono passati due anni, due mesi e quattro giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Mosca sostiene di aver distrutto 4 missili USA Atacams, lanciati dall’esercito ucraino sul territorio di Crimea. Il Cremlino vede come minaccia grave gli annunci sul collocamento in territorio polacco di missili Nato con bombe nucleari.
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