di Aya Ashour*
Riprendiamo dal Fatto Quotidiano questa corrispondenza da Gaza di Aya Ashour. (da QUI)
Raid di Israele nel campo rifugiati di Khan Younis: almeno 90 morti. Feriti trasportati su carretti, panico e persone in fuga senza meta
Ieri io e la mia famiglia siamo sopravvissuti al massacro commesso dall’esercito di occupazione israeliano a Mawasi, Khan Younis. Sei razzi sono caduti a soli 400 metri dalla mia tenda, uccidendo più di 200 persone, si dice qui (i numeri ufficiali in serata riportavano: più di 90 vittime, metà dei quali donne e bambini), e ferendone altre 300 in un orribile massacro. Una strage compiuta da Israele in un’area designata come “zona umanitaria sicura” e raccomandata ai civili come “rifugio sicuro” dallo stesso esercito di Tel Aviv. Mawasi, a Khan Younis, è una dei posti più densamente popolati da sfollati, qui centinaia di migliaia di civili vivono in condizioni umanitarie al limite: gravi carenze di acqua, aiuti alimentari non sufficienti, servizi igienici e malattie dilaganti. Nonostante ciò le forze di occupazione hanno scelto di bombardare proprio quest’area, completando il triste scenario con l’ennesimo massacro.
Gli aerei israeliani hanno bombardato le tende di noi sfollati qui a Mawasi, accanendosi anche sul vivace mercato Al-Nas, affollato di persone durante tutto il giorno: Al-Nas serve come riferimento per gli spostamenti verso altre aree della Striscia meridionale. Immaginate che un luogo del genere venga bombardato nelle prime ore del mattino, quando la gente è fuori a fare acquisti di generi alimentari essenziali. E decine di bambini e donne erano in fila in attesa di ricevere cibo dalle cucine che distribuiscono pasti gratuiti nell’area, mentre altri erano in coda per raccogliere acqua dal vicino impianto di desalinizzazione. Israele ha ucciso tutte queste persone mentre stavano solo cercando di garantirsi i loro diritti umani e di sopravvivenza più elementari. Il pretesto è stato il tentativo (pare fallito) di assassinio di leader di Hamas, tra cui il più ricercato da Israele, Mohammed Deif.
I dati sulle vittime diffusi dai canali di informazione palestinesi non sono ancora definitivi. Molti corpi non sono ancora stati recuperati da sotto le macerie e alcuni sono stati scaraventati in luoghi lontani dalla forza delle esplosioni, rendendo difficile la loro localizzazione. Inoltre, si prevede che decine di feriti soccomberanno nelle ore successive a causa del valico di Rafah chiuso da Israele, che impedisce anche il viaggio dei feriti, nonostante la grave mancanza di strutture e forniture mediche nell’area. Un esperto militare israeliano ha rivelato ai media che le bombe utilizzate nell’attacco di Mawasi erano bombe Jdam, di cui Washington aveva precedentemente sospeso l’invio a Israele. Ciò implica che probabilmente assisteremo ad altri massacri facilitati dalla complicità internazionale nelle nostre sofferenze. Il mondo continua a fornire a Israele le armi necessarie per compiere queste stragi di civili, per ucciderci. La Mezzaluna Rossa palestinese a Gaza ha espresso l’estrema difficoltà di fornire aiuti in emergenza alle vittime, ha dichiarato che quanto accaduto a Mawasi dimostra che “Israele non rispetta alcun trattato internazionale o convenzione sui diritti umani”. Hamas ha dichiarato che l’obiettivo israeliano di eliminare membri della stessa organizzazione è fallito, come confermano altri media internazionali e israeliani che smentiscono la morte di Mohammed Deif.
Come può Israele bombardare un luogo del genere senza avere informazioni confermate sulla presenza di membri di Hamas? Israele continua a commettere massacri ogni due giorni mentre siede spudoratamente al tavolo dei negoziati, sfruttando il tempo per perpetuare questo genocidio.
Le presunte aree sicure designate per noi da Israele stanno diventando sempre più pericolose, con risultati catastrofici. Quando Tel Aviv sgancia una quantità così massiccia di bombe in aree piene di tende, dove le tende stesse non forniscono alcuna protezione, le conseguenze sono devastanti. Mi sono recata all’epicentro del bombardamento, a 400 metri dalla mia tenda, subito dopo l’attacco per documentare, ma non sono potuta rimanere molto perché un altro aereo ha attaccato a pochi passi, colpendo un’ambulanza che stava trasportando i feriti, e i droni quadcopter hanno cominciato a sparare nella zona. Le persone correvano in preda al panico, senza posti sicuri dove rifugiarsi. Ho visto persone ferite cercare di allontanarsi, donne con in braccio i loro bambini correvano via, altri afferravano tutto ciò che potevano trasportare e fuggivano, mentre altri ancora urlavano di scappare. Le ambulanze continuavano ad andare e venire, cercando di recuperare i feriti. Le vittime sono state così tante che alcuni hanno dovuto trasportare i feriti su carri trainati da animali, le ambulanze non bastano qui.
Sono tornata poi nella mia tenda per scrivere queste parole ed è difficile esprimere questi pensieri con le parole. Immaginate come deve sentirsi chi ha vissuto in prima persona l’orrore della scena. La violenza continua, la mancanza di luoghi sicuri e la costante minaccia alle nostre vite creano un’esistenza insopportabile per la gente di qui. Ogni giorno ci svegliamo senza sapere se sopravviveremo al prossimo attacco, se avremo cibo e acqua o cure e medicine. Il mondo deve comprendere la profondità della nostra sofferenza e l’urgente necessità di una pace giusta e duratura.
- Aya Ashour è un’avvocata palestinese che vive a Gaza. 22 anni, è laureata in Diritto internazionale. A Gaza si occupava di diritti delle donne. Dall’inizio dell’aggressione israeliana sulla Striscia, cerca di sopravvivere e ha iniziato a pubblicare sul “Fatto Quotidiano” un diario dalla guerra. Ha collaborato con l’UNRWA per il supporto psicologico alle persone sfollate.