Noi nella redazione di Anbamed abbiamo un’ipotesi: è tutta colpa del traduttore automaatico. Il giornalista scrive la parola araba e il programma gli risponde. E sulla base di quel risultato, il giornalista che ignora la lingua araba ricama il suo pezzo basato sul nulla, perché l’Intelligenza artificiale è ignorante e chi non ha uno spirito critico e valori professionali ed etici potrebbe fare danni ingenti.
Faz3a si pronuncia Faz’a e significa mobilitazione in soccorso di qualcuno. Ma la radice della parola ha anche altri significati: Faza’ infatti significa paura, orrore ed è il primo risultato che l’ignorante traduttore fornisce. Un giornalista vero non si mette ad inventare falsità per costruire una propaganda interessata. Un professionista serio non si accontenta di una sola fonte, ma va alla ricerca della verità da trasmettere ai lettori e ascoltato. Purtroppo in questo mondo ci sono anche i cialtroni. Non ci voleva tanta fatica per conoscere la campagna Faz3a. Vedi per esempio: https://www.instagram.com/faz3a_ita/reel/C_V2vUqiddZ/ oppure: https://www.assopacepalestina.org/category/campagne/ oppure ancora: https://www.paxchristi.it/?p=27187
Faz3a, la campagna di sostegno non violento alle popolazioni della Palestina per difenderle dalle incursioni dei coloni ebrei isrraeliani che li vogliono cacciare con la forza delle armi, è stata oggetto di un articolo ostile da una giornalista de “Il Giornale”. Gli attivisti hanno scritto questa lettera di rispossta.
All’attenzione del Direttore Editoriale Vittorio Feltri,
All’attenzione della Redazione de Il Giornale,
All’attenzione della Dott.ssa Francesca Galici,
Abbiamo letto con profondo sconcerto l’articolo a firma della Dottoressa Francesca Galici, pubblicato in data 5 settembre, che presenta la campagna Faz3a in una prospettiva completamente distorta e con intenti chiaramente propagandistici. Con rammarico rileviamo che questa tendenza sembra ormai consolidata presso alcuni organi di stampa nel nostro Paese. L’articolo de Il Giornale fornisce una visione gravemente fuorviante della campagna Faz3a, descrivendola come una “milizia” volta alla “riconquista delle terre”. È necessario chiarire che Faz3a è una campagna internazionale che opera con mezzi non violenti per proteggere i villaggi palestinesi nella Cisgiordania, territorio occupato illegalmente secondo il diritto internazionale, come affermato in numerose risoluzioni delle Nazioni Unite (tra cui le risoluzioni 242, 338, 2334) e nelle più recenti dichiarazioni della Corte Internazionale di Giustizia (AIA).
Contrariamente a quanto riportato, Faz3a non ha alcuna “finalità aggressiva” o di “riconquista territoriale”. Piuttosto, la vera e sistematica conquista territoriale viene portata avanti dai governi israeliani attraverso politiche di insediamento e annessioni illegali, che hanno trasformando la Cisgiordania in un mosaico di enclavi palestinesi circondate da insediamenti illegali israeliani. Questo processo di annessione e frammentazione del territorio palestinese oltre ad essere una chiara violazione del diritto umanitario, rappresenta anche un chiaro rifiuto a qualsiasi possibilità di soluzione politica nella Palestina storica.
La missione della campagna Faz3a è quella di proteggere i diritti delle popolazioni palestinesi sotto occupazione, attraverso azioni di monitoraggio, interposizione non violenta e documentazione delle violazioni dei diritti umani. Queste pratiche hanno origini lontane e profonde nella storia della Palestina occupata. Fin dagli anni ’70, i movimenti popolari, composti da contadini, donne, e giovani, hanno scelto di usare metodi non violenti per opporsi alle politiche oppressive, come la confisca delle terre, la costruzione di insediamenti illegali e la realizzazione del muro di separazione. Queste tecniche includono manifestazioni, boicottaggi, presidi e l’interposizione non violenta. Nel corso degli anni, questa tradizione si è rafforzata con la partecipazione di attivisti e organizzazioni internazionali, israeliane e civili di tutto il mondo che, che rispondendo all’appello dei comitati popolari palestinesi, si uniscono agli sforzi per monitorare, documentare e proteggere le comunità vulnerabili dalla violenza coloniale.
Dal 7 ottobre, mentre la Striscia di Gaza è stata ridotta ad un cumulo di macerie, coloni armati si aggirano tra i villaggi palestinesi in Cisgiordania, perpetrando uccisioni, depredazioni e furti. Questi picchi di violenza, già strutturali al sistema di occupazione militare israeliana, sono stati facilitati dalla distribuzione di armi e uniformi da parte di Ben Gvir, il ministro israeliano della Sicurezza Nazionale, il quale ha incoraggiato un clima di impunità tra i coloni. Numerosi articoli redatti da giornalisti palestinesi, internazionali e israeliani, pubblicati su testate come +972, Al Jazeera, Haaretz e Mondoweiss, hanno documentato in dettaglio gli eventi recenti. Inoltre, l’organizzazione israeliana B’Tselem, insieme ad Amnesty International e alla palestinese Al Haq, ha pubblicato vari rapporti che attestano il processo di annessione de facto dei Territori Palestinesi. L’ondata di violenza, non si limita alla West Bank e a Gaza, ma si estende, seppur in forme differenti, anche ai territori israeliani all’interno dei confini del 1948. Qui, il clima di repressione nei confronti dei palestinesi con passaporto israeliano e degli attivisti ebrei israeliani ha raggiunto livelli senza precedenti. Si sono registrati arresti arbitrari e minacce di morte, contribuendo a creare un’atmosfera di paura e intimidazione. Le autorità israeliane hanno intensificato le loro azioni contro chiunque denunci le violazioni dei diritti umani, chieda una soluzione politica, la fine del genocidio a Gaza e dell’occupazione militare, alimentando una cultura sempre più radicata di repressione.
Pertanto, riteniamo che l’articolo in questione pubblicato da Il Giornale offra una visione distorta e propagandistica della campagna Faz3a e delle pratiche di resistenza non violenta in Palestina. Il quotidiano diffonde un racconto parziale e privo di fondamento, contribuendo a sostenere narrazioni politiche di parte che si distaccano dalla realtà. Chiediamo la rimozione immediata di tale articolo e una rettifica pubblica da parte della Vostra Redazione, in quanto le affermazioni della Dottoressa Francesca Galici sono potenzialmente lesive per la dignità dei soggetti coinvolti. In un contesto di genocidio in corso a Gaza e di colonizzazione della Palestina storica, il dovere ontologico dei giornalisti dovrebbe essere quello di rappresentare la verità senza distorsioni per fini diffamatori. La narrazione proposta dalla Dottoressa Francesca Galici si colloca invece in un clima di razzismo sistemico e deumanizzazione, che riteniamo essere inaccettabile.
Cordialmente,
Firmato
Faz3a Italia
Roma, 5 settembre 2024