di Fabio Scuto – da Il Fatto Quotidiano del 22 settembre 2024
La prima battaglia è quella sul campo, fatta con armi, caccia, droni. La seconda è quella delle fake news, quelle fabbricate ad arte per dissimulare, coprire e giustificare sempre la quantità spaventosa di vittime civili palestinesi. In questi mesi di guerra abbiamo assistito a una crescita esponenziale della fabbrica di notizie false destinate ad ammorbidire le accuse di crimini di guerra contro Israele.
Due settimane fa Benjamin Netanyahu, fra i motivi per cui non vuole lasciare il corridoio Filadelfia al confine con l’Egitto, ha citato la possibilità che i capi di Hamas potessero fuggire – con gli ostaggi – attraverso qualche tunnel scavato da Hamas verso il Sinai. Il giorno successivo il Jewish Cronicle – giornale pubblicato in Inghilterra – spara la notizia in prima pagina: c’è un piano per far uscire Yahya Sinwar dalla Striscia con gli ostaggi per trasferì in Iran. L’articolo firmato da Elon Perry citava “fonti di intelligence” israeliane e corroborava quanto affermato da Netanyahu il giorno prima. La notizia è stata poi rilanciata e pubblicata dalla maggioranze dei giornali europei (Bbc inclusa) e propalata come verità anche dai giornali italiani che dedicavano titoloni alla faccenda. E naturalmente anche quelli israeliani.
I giornalisti investigativi di Haaretz e Yedioth Ahronoth, non ci sono stati a prendere un “buco” da un giornale pubblicato in Inghilterra. E hanno cominciato a indagare sull’autore dello scoop mondiale. Perry aveva anche pubblicato un inside due settimane prima in cui sosteneva che 20 ostaggi venivano trattenuti sempre vicino al capo di Hamas per poter essere usati come scudi umani in caso di accerchiamento. Passando al setaccio le loro fonti nella comunità dell’intelligence israeliana – sia Haarertz che Yedioth Ahronoth – hanno scritto che nessuno dell’intelligence ebraica aveva mai sentito nulla del genere. Non c’è nessuna traccia di un report con simili informazioni. Un portavoce dei servizi militari ha definito quella di Perry “un’invenzione folle”.
L’autore dei due “scoop” si presentava ovunque online come un ex soldato della brigata Golani e come un giornalista che ha lavorato per i media israeliani per 25 anni. Peccato che – a parte due libri auto pubblicati con questo nome – non c’è traccia in Israele del suo venticinquennale lavoro nel giornalismo. Sulla base di questa “carriera” Perry si dice esperto e docente di questioni mediorientali. Ma non c’è traccia né di suoi studi né di incarichi accademici. Nessuno lo conosce nello Stato ebraico, è un uomo venuto da nulla. Eppure le sue bugie hanno fatto titolo sulla stampa mondiale. Solo la Bbc e la stampa israeliana hanno fatto mea culpa, rivelando dopo attente indagini la falsità dei due scoop del Jewish Chronicle.
I falsi scoop – che però andavano nella direzione che voleva Netanyahu – hanno provocato nel più antico giornale ebraico del mondo un mini-terremoto. C’è stata una pioggia di dimissioni di columnist, tutti gli articoli di Perry sono stati rimossi dal web. Il giornale da quando è passato di proprietà nel 2021 ha cominciato a pubblicare inside e scoop spesso opinabili PER APPROFONDIRE, IN INGLESE. Una linea giornalisticamente discutibile affiancata dal mistero sulla vera proprietà del giornale. Chi è il nuovo padrone del giornale? Mistero. Il suo focus editoriale da tempo non è più sull’integrità giornalistica, ma l’apparente allineamento con una posizione “pro-Israele”. Con “posizione pro-Israele” si intende naturalmente una posizione allineata con Netanyahu e la sua cerchia ristretta. Il giornale l’avrà mica comprato qualche miliardario amico del premier israeliano?