di Laura Tussi* (ripreso da Pressenza QUI)
Denunciare la pericolosa situazione mondiale caratterizzata da conflitti crescenti, creare coscienza, valorizzare le azioni positive, dare voce alle nuove generazioni e alla cultura della nonviolenza. È questo l’obiettivo dichiarato della terza marcia mondiale per la pace e la nonviolenza, promossa dall’associazione internazionale Mondo senza guerre e senza violenza. L’edizione 2024 della marcia durerà un anno intero: partirà infatti il 2 ottobre da San Juan, capitale del Costa Rica, e farà tutto il giro del pianeta per rientrare il 5 gennaio di nuovo in Costa Rica, dove è prevista una grande manifestazione finale.
Alessandro Capuzzo è uno dei referenti italiani della marcia, un’idea nata e promossa dall’ampio movimento umanista internazionale che ha le sue basi di riferimento specifiche in Sudamerica. Ma sono diverse le istanze che alimentano questa iniziativa: «La marcia – spiega Alessandro Capuzzo – prende le mosse dal movimento umanista in quanto tale, ma con tutte le sue forme sfaccettate che sono diverse, e partecipano anche persone e associazioni esterne al movimento umanista. Io per esempio non ho mai fatto parte di quel movimento, però sono stato coinvolto nella marcia fin dalla prima edizione e personalmente vivo a Trieste, estremo nord-est della cosiddetta Italia che è meta di tutte e tre le edizioni della marcia».
La marcia ha fra i suoi ideali principali, come dice il nome stesso, la nonviolenza e in questo caso la nonviolenza attiva e il primo atto di tutte le tre edizioni è la contrarietà alle armi nucleari.
Infatti già nella scorsa edizione, la seconda, è stato fatto un buon lavoro di affiancamento di Ican – coalizione internazionale che ha promosso il nuovo trattato di proibizione delle armi nucleari – fin dalla presentazione di Madrid. Questo spunto viene portato avanti anche nella terza edizione, in occasione della quale si sta cominciando a parlare di denuclearizzazione del Golfo di Trieste, ma soprattutto di una nuova edizione con un secondo trattato.
Il trattato per la Nuclear Free Zone del Sudamerica e del centro America è stato ratificato una ventina di anni fa e il team internazionale della terza marcia mondiale per la pace si vorrebbe produrre una seconda edizione del trattato stesso in modo che diventi aderente ai principi del TPAN.
Esatto: andrebbe a integrare il TPAN/TPNW, trattato di proibizione delle armi nucleari, poiché la Nuclear Free Zone è stata concepita ben prima. Un altro argomento già presente nelle edizioni passate della marcia mondiale è l’obiezione di coscienza. In questa terza edizione si cercherà di metterci in collegamento con le organizzazioni e le personalità che si occupano attivamente di obiezione di coscienza nelle sue varie forme.
Com’è strutturata l’organizzazione della marcia?
Poi ci sono diverse altre questioni che fanno parte del manifesto della terza marcia mondiale. Ma sarebbe troppo lungo elencarle tutte. Possiamo dire che la marcia è strutturata in un coordinamento internazionale che sovrintende ed esprime l’équipe che fa questa sorta di giro del mondo, suddiviso a sua volta in segreterie continentali e chat in cui si organizzano le attività.
E poi ci sono le realtà statuali: ogni paese ha un suo coordinamento con una base sufficiente per costruire un percorso credibile all’interno di quel singolo Stato. Non tutti gli Stati possono venir percorsi in tre mesi dalla marcia mondiale, questo è ovvio. Quindi si fa una cernita degli Stati in cui sussiste una base sufficiente per costruire un percorso credibile e attivo. Ancora più in basso ci sono le realtà cittadine locali. Ad esempio a Milano vi è un comitato di accoglienza della marcia che sta organizzando iniziative in preparazione.
Quali saranno i passi che seguiranno questa terza edizione?
Si sta pensando di costruire eventi e iniziative anche dopo il passaggio della marcia mondiale. Prima ovviamente della manifestazione finale del Costa Rica, ma anche a seguire per mantenere in un certo senso viva l’attenzione durante il periodo che intercorre fra una marcia e l’altra.
Con chi si svolge l’iniziativa e in partnership con quali istituzioni?
Io faccio parte dell’équipe internazionale e mi occupo nello specifico dell’area di Alpe Adria e di quella che circonda la mia città, Trieste, e che comprende grosso modo il Triveneto fino a Bologna, ma anche l’Austria, parte della Germania, la Cechia, la Slovenia e la Croazia. Stiamo tentando di vedere se riusciamo a coinvolgere in qualche modo anche la Bosnia. In quest’area cerco di innescare i gangli della marcia mondiale per la pace e la nonviolenza sia nei termini di passaggio sia per il coordinamento delle attività nei singoli paesi e nelle singole località.
In che modo si possono creare legami fra territori così eterogenei?
È la marcia mondiale a portare il discorso della pace al più alto livello possibile, ma soprattutto a creare una coscienza internazionale. E anche a creare connessioni, cioè far sapere qui quello che succede nelle Filippine piuttosto che in Cile o in Messico o altrove ancora e mettere, per quanto possibile, in contatto realtà che non sono tanto distanti o culturalmente troppo diverse tra loro. La marcia passerà per una ventina di città italiane e sono già molte le realtà che si sono organizzate tramite questo comitato nazionale.
Oggi è fondamentale sensibilizzare rispetto all’importanza della pace. Ci sono speranze?
Se riusciamo a sfondare formativamente, il riscontro fra la gente può essere senz’altro positivo. Non so se si riesce a raggiungere uno “zenit” di influenza diretta anche sulle istituzioni, però credo che qualcosa di positivo la marcia lo lascerà senz’altro. A meno che non vada a finire – e questo ci tengo a dirlo – come nel 2019/2020 quando due giorni prima dell’ingresso in Italia del team internazionale della marcia è scoppiata la pandemia e una ventina di città che avevano preparato una marea di iniziative sono rimaste completamente bloccate. È stato un vero trauma.
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