Il sangue dei bambini palestinesi non esiste, neanche sui peluche
di Francesca Fornario, scrittrice e giornalista pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 5.10.24
Caro direttore,
hai notato che quando i corpi dei bambini palestinesi vengono dilaniati dai proiettili non macchiano di rosso i peluche in altre guerre destinati alle prime pagine? Non scorre sangue nelle vene dei morti per le bombe occidentali in Libano, Siria, Libia, Iraq. Non ci guardano dalle foto delle vacanze, non li vediamo spegnere candeline.
Delle vittime israeliane sappiamo tutto. Nomi, sogni spezzati. Quelle palestinesi spariscono: danni collaterali di “incursioni mirate” e “interventi di difesa”, “scudi umani”. C’è chi obietta che non mi indignano gli altri conflitti, che sono putiniana e antisemita. Mio figlio è ucraino, mio marito ebreo, ma è un elemento trascurabile. Piango tutti i morti, denuncio quelli uccisi con le armi occidentali perché mi chiamano in causa. Il mio governo non arma Putin o Boko Haram. Pur solidale col popolo curdo, non chiedo di inviare armi ai curdi né ai palestinesi ma di attivare canali diplomatici. Fermare la guerra con l’invio di armi è un inganno ai danni dei poveri cristi spediti in trincea a massacrarsi per interessi che non li riguardano. Quelli che mi criticano sono però in buona fede. Vedono il fanatismo religioso di Hamas e non quello di Israele che si appropria delle terre altrui per volontà divina perché ha letto i giornali, guardato la tv, studiato a scuola, assumendo il punto di vista delle élite occidentali e finendo per confonderlo con la realtà. Sono i giovani pesci della storiella. Il pesce anziano chiede loro “Com’è oggi l’acqua?” e quelli, basiti: “Cos’è l’acqua?”. Così i tanti, che credono che la storia cominci il giorno dell’attacco nemico, tifano guerra certi di tifare resistenza, invocano il diritto alla difesa dei soli popoli amici dell’Occidente. Sono inconsapevoli di essere immersi in una civiltà che si reputa superiore pur essendo fondata su schiavitù, classismo, colonialismo, sfruttamento, dominio dell’uomo sulla donna. Quella di Putin è un’invasione che lo rende folle e spietato? Quelle degli Stati Uniti sono “interventi” e “missioni” senza traccia di malvagità. Eppure, le guerre dichiarate dagli Usa “al terrore” da quando, per consunzione, non si potevano più dichiararla al Comunismo, hanno provocato oltre 4,5 milioni di morti, stima la Brown University. Veniamo indottrinati su planisferi in cui siamo al centro di un mondo che però è sferico. Studiamo “la scoperta” di continenti che erano già noti a chi li popolava e che abbiamo invaso. Apprendiamo come definire i genocidi – termine riservato allo sterminio degli ebrei nei lager – depurandoli dal dramma. Studiamo le guerre come “conquiste” più che tragedie e l’imperialismo in parallelo all’epica che ne trasforma i crimini in gesta eroiche: giovani invasati armati dai tiranni diventano condottieri belli e forti, devoti cavalieri senza macchia. Ah, la devozione al potere assoluto! Spacciata per coraggio e lealtà, inculcata fin dai primi anni per fiaccare il naturale istinto alla conservazione della specie e alla diserzione. Quello della Russia ai suoi confini è espansionismo; quello degli Stati Uniti ai confini della Russia è un piano di aiuti militari lascito di una dottrina (dal latino docere: istruire) con il nome del solo che ha sganciato l’atomica sui civili senza pentirsene o venire ricordato come un pazzo. Crudeltà e pazzia appartengono all’opposta fazione: a Harry Truman spetta la statua installata al santuario di Capitol Hill appena due anni fa. I grandi giornali sono la prosecuzione del sussidiario delle medie. Chi li scrive e li legge è certo che l’Occidente sia il garante naturale dell’ordine globale; il titolare dell’ufficio che rilascia le licenze di autodeterminazione e diritto alla difesa; il giudice che emette sentenze di resistenza e rivoluzione o condanne di golpe e terrorismo a seconda dello schieramento; il legittimo proprietario della matita che traccia i confini tra Stati prescindendo dalla religione, la cultura, la lingua, i desideri di chi li popola. Scommetto che a scuola era anche bravo.
Francesca Fornario