Intervista a Melon Rapoport (+972 magazine – giornale digitale israeliano) di Riccardo Antoniucci – Il Fatto Quotidiano 11.10. 2024

“Non so che facciamo in Libano, a Gaza cancelliamo i palestinesi”

“L’enclave rasa al suolo per eliminarne l’identità. Bibi agli Stati Uniti fa comodo”

“Non ho ancora capito bene cosa stia facendo Israele in Libano. L’operazione al momento è più limitata di quella in corso a Gaza, ma anche qui gli obiettivi non sembrano raggiunti. E i missili contro Israele sono aumentati”. Meron Rapoport atterrava a Roma mentre le agenzie battevano le prime notizie sugli incidenti che hanno coinvolto il contingente Unifil al confine tra il Libano e lo Stato ebraico. Ma è bastato poco al redattore di Local Call ed editorialista di +972 Magazine per farsi un’idea: “Ancora una volta, gli obiettivi ufficiali di Netanyahu non sono quelli reali”.

L’Onu sostiene che in Libano Tel Aviv stia applicando lo stesso modello di offensiva di Gaza, lei è d’accordo?

Al momento l’offensiva sembra più limitata e non ho ancora visto praticare quello che è il vero obiettivo della guerra a Gaza. Come ha dimostrato questo anno di guerra, il governo non ha perseguito né l’obiettivo del ritorno degli ostaggi, né la sconfitta di Hamas. Quello che sta facendo è cercare di spezzare la volontà dei palestinesi, scoraggiare ogni possibilità che possano tornare nelle loro terre. E lo fa costruendo un simbolo evidente: Gaza City rasa al suolo, trasformata in un deserto. Non per forza per occuparla, come vorrebbe l’estrema destra alleata del Likud, ma per poter cancellare l’identità del popolo palestinese, a Gaza come in Cisgiordania. Assoggettare i palestinesi dentro uno Stato dove hanno meno diritti, cancellare per sempre l’idea dei due Stati (che Netanyahu non ha mai voluto).

E al prezzo delle sofferenze della popolazione…

E anche al prezzo di rinunciare al ritorno degli ostaggi e alla sconfitta di Hamas. Anzi, per Netanyahu fin quando ci sarà Hamas non ci saranno negoziati e la guerra potrà andare avanti.

Quindi Netanyahu vuole creare uno stato di guerra permanente?

Più che altro ha bisogno di dimostrare agli Stati Uniti e all’Occidente di essere l’unico in grado di combattere in Medio Oriente contro l’Iran e i suoi alleati. Dimostrare di essere gli unici in grado di cambiare le regole e gli assetti regionali quando e come vogliono. E ha bisogno, sul fronte interno, di ricostituire l’immagine di Israele dopo l’enorme falla di sicurezza del 7 ottobre: la prima volta nella storia che Israele ha perso territorio, anche se solo per alcune ore. La società israeliana è davvero più depressa e più insicura. La ricetta di Netanyahu e della destra per rispondere a tutto questo è mostrare un Paese forte e senza limiti.

Ma la società israeliana come vede i palestinesi?

Non li vede. L’uso della forza militare è nel dna degli israeliani. La novità, però, è che finora la forza militare era sempre stata accompagnata da una strategia politica, che in questo caso manca totalmente. Netanyahu ha stretto due alleanze: la prima è con l’estrema destra che, si sa, ha obiettivi messianici e vuole cancellare i palestinesi. L’altra è con i militari, che sono molto più pragmatici e sarebbero anche pronti al compromesso, ma di fronte alla totale mancanza di strategia politica da parte della leadership non fanno altro che proporre quello che sanno fare: la guerra, la deterrenza attraverso la forza bruta. Non sottovalutiamo poi il fatto che anche le Idf hanno bisogno di riscattare la loro immagine di difensori del popolo israeliano. E deve anche giustificare i 15 miliardi di euro all’anno che riceve.

Gli alleati occidentali, gli Usa in primis, accettano questa proiezione di potenza israeliana?

Molti ricordano il 1982 quando Reagan impose a Begin di finire la guerra in Libano. Oggi non è più così: innanzitutto, Washington si sta rendendo conto che non è più così facile dare ordini a Israele. In secondo luogo, io credo che cinicamente gli Usa si stiano dicendo che tutto sommato conviene che Netanyahu faccia la guerra ai proxy iraniani e magari anche all’Iran. Sarebbe una proxy war, come in Ucraina: se perdono, potranno sempre dire agli israeliani che sono fatti loro.

Potete ascoltare un intervento di Meron …. a questo link: https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/10/12/cosi-israele-ha-utilizzato-lia-per-stilare-una-lista-di-morte-e-colpire-nei-raid-a-gaza-il-racconto-del-cronista-israeliano-rapoport/7728220/

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