riprendiamo da AfricaExpress questo articolo del direttore Massimo Albeerizzi, che ringraziamo per la gentile concessione.

Un articolo del quotidiano, attingendo a piene mani dalla narrazione faziosa del Paese mediorientale, mira a bollare come falso e tendenzioso un pezzo che Federica d’Alessio, redattrice di MicroMega, ha pubblicato su Facebook (QUI).

Massimo A. Alberizzi
Nairobi, 29 ottobre 2024

Il 24 ottobre il Foglio ha pubblicato un articolo che, purtroppo, attingendo a piene mani dalla propaganda israeliana, mira a bollare come falso e tendenzioso un pezzo che Federica d’Alessio, redattrice di MicroMega, ha pubblicato sulla sua pagina Facebook.

Violenze 7 ottobre in Israele

In quel suo post la d’Alessio rivolge la sua indignazione al mondo femminista, responsabile a suo dire di un clamoroso doppio standard: continuare a ripetere in modo vittimistico la propaganda sugli stupri riguardo al 7 ottobre e nello stesso tempo ignorare le sofferenze che stanno subendo decine di migliaia di bambini e donne colpiti dalle bombe e anche i tanti uomini vittime di stupro nelle prigioni israeliane.

Diceva Totò

“L’ignoranza è una patologia che colpisce molte persone. I sintomi sono: la cattiveria, la presunzione, l’invidia e la cattiva educazione”, diceva Totò. E a leggere l’articolo pubblicato dal Foglio le persone perbene, quelle che sanno e s’informano da fonti più diverse senza essere facilmente catturate dalla propaganda, ricordando Totò, non possono che scoppiare a ridere a crepapelle.

Nell’articolo del Foglio, non giornale di informazione ma strumento di lotta politica, viene ancora una volta riproposta la narrazione sugli stupri di massa accaduti quel maledetto 7 ottobre 2023, con l’accusa alla d’Alessio di non aver capito il resoconto di quel disumano attacco e di averlo voluto contestare.

Violenze generalizzate

La storia delle violenze generalizzate di quel giorno è stata raccontata con una certa enfasi dal New York Times con un reportage da Israele pubblicato nella sua edizione del 27 dicembre successivo all’orrendo massacro perpetrato da Hamas contro civili (non tutti, però. Sono stati attaccati anche militari israeliani).

Il reportage del Times è stato ripreso da diversi siti sionisti che l’hanno rilanciato urbi et orbi, senza verificarne l’attendibilità.

Informarsi meglio

Se l’autrice dell’articolo del Foglio si fosse informata da altre fonti, non acriticamente sioniste, avrebbe scoperto che quella narrazione è stata contestata pesantemente e puntualmente perché falsa. Noi di Africa ExPress abbiamo pubblicato diversi articoli che analizzano in profondità il reportage del New York Times.

Federica D’Alessio durante un Convegno sulla violenza istituzionale contro madri e bambini, ottobre 2023

Li linkiamo qui sotto – assieme al testo del reportage dei NYT – affinché l’autrice dell’articolo del Foglio, donna d’onore (parafrasiamo Shakespeare) e di cultura giacché professoressa all’Università di Torino, possa prenderne visone, possa informarsi e quindi possa aggiornare la sua posizione sulla questione.

Parafrasando Luigi Einaudi (“Conoscere per deliberare”) noi le suggeriamo “Conoscere per giudicare”, ribaltando l’accusa che lei fa alla d’Alessio: “Se avessi aperto gli occhi avresti capito”.

Il testimone Raz Cohen

Per esempio, la professoressa che firma il pezzo sul Foglio scrive:” Significativa è anche la testimonianza di Raz Cohen e Shoham Gueta, sopravvissuti perché nascosti lungo un tratto di autostrada”.

Dan Gertler

Come Africa ExPress ha scritto, il 7 ottobre Raz Cohen non si trovava in Israele e neppure in Palestina, ma in Congo-K impegnato, ad addestrare militari locali (e mercenari non locali) per difendere le concessioni minerarie del magnate israeliano, amico del premier Netanyahu, Dan Gertler.

Raz Cohen, rientrato in Israele subito dopo l’eccidio, quindi non si può essere nascosto durante l’attacco di Hamas, semplicemente perché, non avendo il dono dell’ubiquità, non c’era. Invece viene paradossalmente citato dal reportage del New York Times come uno dei pochi testimoni oculari. Tutti gli altri raccontano gli stupri per sentito dire.

Opinioni e notizie

Quel reportage del prestigioso quotidiano americano è stato contestato anche da siti statunitensi per il metodo giornalistico con cui è stato scritto, con una certa sciatteria. Inoltre mescola opinioni con notizie, in modo tale da fare apparire le interpretazioni soggettive come informazioni indipendenti.

Un sistema informativo che il mio direttore maestro di giornalismo, Piero Ottone, condannava con forza: “Le notizie devono essere separate dalle opinioni”, mi ha insegnato.

Bellicosa autrice

La bellicosa autrice del pezzo stampato dal Foglio cita anche le testimonianze dei volontari dell’organizzazione ultraortodossa Zaka, che si occupa di identificazione dei cadaveri.

Si scorda però di ricordare che il suo fondatore, Yehuda Meshi-Zahav, fu accusato di violenze sessuali e pedofilia, fu costretto a dimettersi e restituire l’Israel Prize , la più alta onorificenza del Paese.

Yehuda Meshi-Zahav, fondatore di ZAKA, morto per le conseguenze di un tentativo di suicidio il 29.06.2022

Ma non solo. Il quotidiano israeliano Haaretz, nella sua edizione in inglese, poco dopo il vile attacco di Hamas indagando sull’attivismo di Zaka, ha pubblicato un rapporto pesante nel quale sostiene che per ottenere visibilità mediatica e per assicurarsi finanziamenti (ha raccolto ben 13,7 milioni di dollari), l’organizzazione ha diffuso resoconti di atrocità mai avvenute e ha pubblicato foto delicate e descrizioni grafiche nel tentativo di scioccare le persone e indurle a donare.

Accuse di negligenza

L’inchiesta di Haaretz ha accusato Zaka di “negligenza, disinformazione e una campagna di raccolta fondi che ha usato i morti come oggetti di scena”.

Il rapporto del quotidiano israeliano sostiene anche che, mentre centinaia di volontari dello Zaka hanno svolto un lavoro importante in condizioni difficili, l’organizzazione ha agito in modo non professionale sul campo, spesso confondendo i resti di più vittime nello stesso sacco e creando poca o nessuna documentazione.

Bastava internet

Inoltre che credibilità può avere un’organizzazione come Zaka che lavora con il ministero degli Esteri, con l’esercito e con altri dipartimenti del governo israeliano?

L’autrice dell’articolo avrebbe potuto fare delle ricerche per sapere cos’è questa organizzazione: bastava cercare su internet.

Guerra da vicino

Ed ha quindi ragione la d’Alessio quando nel suo post sottolinea e scrive che non ci sono testimonianze dirette.

L’autrice professoressa di Torino, inoltre, non deve mai aver visto una guerra da vicino, perché mostra di non conoscere i comportamenti che miliziani e terroristi tengono durante assalti come quello odioso del 7 ottobre.

Obiettivo della narrazione

Lei crede veramente che durante la concitazione del momento un miliziano in action abbia il tempo (e la voglia) di violentare una donna, tagliarle il seno o seviziarla pesantemente? No, semplicemente prende un fucile e l’ammazza.

Non escludo che qualcuno abbia compiuti atti di violenza sessuale ma dubito fortemente che siano stati commessi stupri generalizzati come sostiene la propaganda israeliana e maliziosamente l’autrice dell’articolo.

Aspetto grave

L’obiettivo di questa narrazione è quello di presentare i palestinesi come animali che non possono quindi avere quel rispetto riservato agli esseri umani.

Ma l’aspetto più grave di quell’articolo è che fomenta un sentimento ripugnante e insopportabile: l’antisemitismo. Quando si pretende di equiparare le critiche alla violenta politica sionista israeliana a quelle di tutti gli ebrei (e quindi identificare l’antisionismo con l’antisemitismo) si commette un errore grossolano che può avere effetti devastanti.

Giustificare il genocidio

La falsa narrazione degli stupri di massa presentata come ben orchestrata e organizzata da Hamas ha l’esatto compito di giustificare il genocidio dei palestinesi.

Ma è proprio la giustificazione impropria e a tutti costi di quel genocidio che sta provocando rigurgiti antisemiti che devono essere combattuti con forza.

Secondo questa interpretazione, chi non condivide il diritto di Israele di difendersi anche sterminando i palestinesi è contro Israele è perciò contro gli ebrei e quindi antisemita. Niente di più falso.

Abbastanza stucchevole 

Ma l’autrice dell’articolo del Foglio già in passato ha dimostrato di condividere il pensiero di chi vuol considerare sinonimi antisionismo e antisemitismo, quando durante un’intervista ha sfacciatamente dichiarato: “Sono sempre stata convinta del fatto che, alla base di tutto l’antisemitismo (definirlo antisionismo mi sembra abbastanza stucchevole) che sta rimettendo radici nel mondo, ci sia una grande ignoranza”.

Abbastanza stucchevole? Cioè la critica a una politica è “abbastanza stucchevole” e viene equiparata a un comportamento razzista? Il ricordo di quanto diceva Totò ci fa rispondere con una sonora risata.

Sono queste affermazioni che provocano i rigurgiti di antisemitismo. Rigurgiti che vanno combattuti con convinzione soprattutto analizzando con animo sereno e scevro da tifoserie calcistiche ciò che accade a Gaza.

I massacri di Gaza

Invece il pezzo del Foglio non dice una parola sui massacri a Gaza, sull’illegale invasione del Libano, sui bombardamenti contro le popolazioni civili. E chi tace solitamente acconsente.

Ed è questo il senso che io ho letto nel pezzo di Federica d’Alessio che voleva semplicemente mettere l’accento sulla narrazione falsa e tendenziosa della propaganda israeliana riguardo alla vicenda degli stupri, senza negare affatto “l’orrore realmente accaduto” il 7 ottobre, come c’è scritto chiaramente nel suo post.

Reazione scomposta

Infatti, quell’articolo ha provocato la reazione scomposta delle comunità sioniste che a loro volta, curiosa coincidenza, hanno sollecitato l’articolo sul Foglio.

Per noi giornalisti è assai difficile in guerra districarsi tra verità e fake news. Le notizie anche quelle provenienti dalla propaganda palestinese, vanno valutate con accuratezza e serenità, non con i toni accesi da curva sud come quelli dell’autrice del Foglio. Il tifo non fa bene alla pace.

Massimo A. Alberizzi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *