Rubrica a cura di Margaret Petrarca

“Echi dalla stampa araba” riprende liberamente articoli dai media arabi, per dare ai nostri lettori itaiani un’idea del dibattito che si svolge nel mondo arabo sulle questioni che scottano. La redazione non fa nessun tipo di censura e seleziona articoli di vari orientamenti politici e culturali. Buona lettura!

Giorni di ordinaria follia a Beirut

di Fifi Abou Dib

Foto di Freepik

Da: L’Orient Le Jour (Libano)

Data di pubblicazione: 24 ottobre 2024

Link: https://www.lorientlejour.com/article/1432663/jours-ordinaires-a-beyrouth.html

Come state vivendo a Beirut? Vi pensiamo, siamo preoccupati. Sarebbe meglio se vi trasferiste. Cosa dovrei rispondere? Che giorno è oggi? Quando è iniziato tutto questo? Ieri? Il mese scorso? Mille anni fa? Beirut è la mano che si muove a tentoni al risveglio alla ricerca dello smartphone per leggere il bilancio delle ultime devastazioni. Avere appena il tempo di aprire gli occhi e già rimproverarsi di essersi addormentati, anche se tardi, anche se a strappi, e di aver abbassato la guardia quando la notte avrebbe potuto portarsi via tutto. Sono stati gli F-16, che si sentono quasi sghignazzare mentre infrangono la barriera del suono senza motivo, se non per divertimento, se non per dimostrare quanto sono potenti e capaci di portare di terrore. È stato l’MK, tanto familiare da essere stato ribattezzato “Em Kamel”, che squarcia l’aria dalle prime ore del mattino. Nell’insopportabile ronzio di questo drone, continuare a sbrigare le proprie faccende e ad andare avanti con la propria vita cercando di isolare il rumore che trapana il cervello e fa digrignare i denti – senza dimenticare di sorridere al perenne obiettivo. Le cupe notifiche di evacuazione diffuse su X dal portavoce arabofono dell’esercito israeliano, Avichay Adraee, seminano il panico. Sono accompagnate da mappe con sezioni evidenziate in rosso, in risalto su fotografie aeree di quartieri grigiastri dove vive ancora qualche sfortunato che non sa dove andare. Ogni apparizione di quest’uomo sorridente, quasi garbato, che ti promette che nessuno ce l’ha con te, purché tu non sia un “terrorista” e che ti consiglia di allontanarti di “500 metri, nell’interesse della tua vita”, rappresenta spesso una brutale rinuncia a tutto quello che si ha di familiare. Poi, attraversando le rovine e l’oscurità, vedi dove si attardano anziani, disabili, bambini e neonati, una folta schiera di poveri disgraziati diretta verso una piazza o un portico lontani dove passare la notte in attesa di una mano caritatevole.

Com’è Beirut? È rumori cavernosi, fiamme voraci, fumi infernali che indicano in un attimo morti atroci, ferite insanabili, speranze inghiottite a due passi da te. Beirut, in questo momento, per coloro che hanno il privilegio di essere risparmiati dalla lotteria della morte, è la balconata barocca di un’opera in cui l’orrore fa a gara con l’assurdo. Il giorno dopo un bombardamento, nella polvere grigia del cemento sbriciolato, camminando su un tappeto di vetro, scostando sbarre storte e sfidando i fumi tossici, si vedono uomini e donne che cercano disperati i loro cani e gatti. “Sissi, Sissi…” grida un uomo con voce spezzata. Chiede scusa alla sua piccola amica: “Non sono riuscito a portarti, ci ho provato, non ci sono riuscito.” Un cauto miagolio vibra nel silenzio. Sissi è nascosta sotto un blocco di cemento, il suo bel pelo incrostato di detriti. Tutta la tenerezza del mondo nelle braccia che la stringono e il rivolo fangoso delle lacrime sulle orecchie della gatta ancora tremante. Arrivano altri soccorritori che rivolgono le gabbie piene dall’alto dei muri, dalle crepe delle finestre e da quello che rimane delle aperture delle scale appiattite. L’emozione indescrivibile di trovare vita e di salvare vite in questa follia omicida.

E poi Beirut è soprattutto confusione. Come si può restare lucidi? Chi ce l’ha giustamente con Hezbollah per la sua sconsiderata pretesa di sostenere Gaza – e il suo costante bluff sulla sua forza e preparazione – non può neanche rassegnarsi a una vittoria israeliana che toglierebbe al Paese gran parte del suo territorio. Le città e i borghi che oggi accolgono gli sfollati si interrogano sulla durata di queste sistemazioni in teoria provvisorie. Il bombardamento di Ayto, al nord, e il missile ninja sganciato contro una coppia in piena autostrada, a Haret Sakher, ci ricordano che i membri di Hezbollah ricercati da Israele si trovano in tutto il Paese. Hezbollah si è servito del suo stesso popolo a favore dell’Iran e si sta trascinando dietro l’intera fragile struttura libanese. Israele non guarda in faccia a nessuno, ma sarebbe bastato non pestargli la coda. Eppure, guerra o pace, il Libano dovrà resistere. Affermarsi come Stato di diritto è la sola ancora di salvezza, ma per molti è tutto da reimparare.

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https://www.lorientlejour.com/article/1432663/jours-ordinaires-a-beyrouth.html

Traduzione dal francese di Margaret Petrarca

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