di Farid Adly

Al-Najdah nasce a Beirut (Libano) nel 1977, subito dopo il massacro di Tal Zaatar, avvenuto il 12 agosto di quell’anno, in seguito all’assedio per 52 giorni del campo profughi, da parte delle milizie fasciste maronite, Falange (Kataeb).

In un giorno, 3000 donne si sono trovate vedove.

Un gruppo di loro ha deciso di non sottostare all’elemosina della politica oppure al tutoraggio dei maschi della famiglia. In molte società arabo-islamiche vige la tradizione di sposare la cognata, in seconde nozze, in caso della morte del fratello, soprattutto se ci sono figli. Un odioso patriarcato.

L’idea che era emersa tra di loro era l’indipendenza economica, creando il proprio lavoro. Un lavoro che possa salvare la custodia dei figli e faccia guadagnare delle entrate economiche sicure.  Così è nata l’Associazione Al-Najdah (Soccorso Sociale) con laboratori per il ricamo, il cucito e corsi di formazione professionale. L’avvio delle attività è stato con la donazione di 1000 dollari da un palestinese che viveva negli USA. Poi si sono creati molti comitati di sostegno, in diverse capitali arabe e internazionali. A Roma un gruppo di cristiani di base, guidato da Don Franzoni, ha costituito un’associazione, tutt’ora operativa, denominata Associazione Soccorso sociale palestinese. I comitati all’estero avevano il compito di vendere i prodotti artigianali delle donne di Al-Najdah e raccogliere fondi e finanziamenti su progetti. 

Ho conosciuto le compagne di Al-Najdah nell’estate del 1977, in un viaggio a Beirut, subito all’inizio dell’organizzazione. Al ritorno a Milano, abbiamo costituito un gruppo informale di sostegno. Altri sono nati a Lecco, Modena e Parma. 

L’iniziativa è cresciuta. È stata formata una cooperativa per organizzare la vendita anche commerciale e non solo militante. È stato aperto un negozio nel centro commerciale della capitale libanese, un altro per iniziativa di donne palestinesi solidali in un paese del Golfo e addirittura uno negli USA. Nel 1981, Al-Najdah aveva organizzato nella cooperativa oltre 1100 donne palestinesi e libanesi, in tutti i campi profughi. A fianco di laboratori di sartoria sono state creati asili nido e scuole materne, per permettere alle lavoratrici di coniugare maternità con il lavoro.

Un contributo importante all’attività culturale era stato profuso da due donne italiane che vivevano a Beirut, una suora laica, Adele Manzi, ed una militante di sinistra, Piera Redaelli.

Anche dal punto di vista organizzativo l’associazione è cresciuta e si è interessata non solo all’aspetto dell’indipendenza economica delle donne, ma anche ad agire nella società per denunciare la violenza sessuale che le donne subiscono all’interno stesso della famiglia. Un lavoro capillare che ha meritato un premio internazionale.

Purtroppo, nel 1982 l’invasione israeliana del Libano, l’occupazione di Beirut, la cacciata dell’OLP e il successivo massacro di Sabra e Shatila hanno cancellato molto di tutto il lavoro svolto.

Essendo Al-Najdah era stata iscritta come un’associazione libanese, diretta da uomini e donne di origine palestinese ma di nazionalità libanese, dal punto di vista giuridico Al-Najdah ha potuto continuare ad operare in Libano, anche se in forma molto più ridotta.

A causa dell’ennesima diaspora, l’esperienza di Al-Najdah si è diffusa anche oltre i confini del Libano. Sono nate sezioni autonome in Siria, in Giordania, in Cisgiordania e a Gaza. Sono ispirate dalla stessa idea, ma ciascuna sezione opera nella massima autonomia organizzativa ed operativa.

L’associazione ACM ha avuto rapporti con Al-Najdah di Beirut dal 2000, anno della sua fondazione, ma dopo l’invasione israeliana di Gaza del 2008-2009, la situazione di emergenza richiedeva di spostare l’attenzione alla martoriata Striscia.

Acm è impegnata in diversi progetti con l’associazione Al-Najdah dal 2009. Sono state organizzate diverse iniziative culturali di solidarietà internazionalista. Un primo progetto è stato Campo Solidarietà (Turismo responsabile, sostenibile e internazionalista), poi con 100 illustrazioni per Gaza, in collaborazione con le illustratrici Giulia Orecchia e Emanuela Bussolati e con il supporto logistico del gallerista Adriano Mei Gentilucci. Vi hanno aderito oltre 150 illustratori e illustratrici di libri per bambini ed ha avuto diverse edizioni in molte città italiane. Con la partecipazione speciale del Premio Nobel Dario Fo e dei vignettisti Staino e Vauro.

La tappa successiva è stata la mostra itinerante con le opere di “Artisti per Gaza”, con la pubblicazione di un catalogo (edizioni ACM). Vi hanno aderito oltre ottanta artisti italiani ed internazionali.

Infine è stata realizzata, in collaborazione con la sorella dell’artista, la giornalista Michela Dazzi e la casa editrice Mesogea (Messina), la mostra “Al di là di sé, le opere di Vincenzo Dazzi per i bambini di Gaza”. Il catalogo contiene gli scritti sul conflitto medio-orientale di valenti scrittori e giornalisti: Gad Lerner, Ettore Mo, Bruno Segre, Paola Caridi, Mimmo Lombezzi, Eric Salerno, Ippolito Mauri, Maurizio Chierici, Wassim Dahmash, Cecilia Zecchinelli, Amira Hass, Lucia Goracci, Imma Vitelli, Viviano Domenici. Un’introduzione critica artistica delle opere di Vincenzo Dazzi scritta da Tommaso Trini. Il volume è stato curato da Michela Dazzi, Anita Magni e Farid Adly.

Con la distruzione di Gaza è stato molto difficile ricostruire i contatti con gli uffici di Al-Najdah. Abbiamo avuto notizie drammatiche di morte di bambini adottati e di sedi distrutte, di progetti sospesi, di sfollamento e disgregazione del tessuto sociale ed organizzativo. Ma come sempre, le nostre amiche di Al-Najdah ci sorprendono con la loro capacità di riannodare legami anche sotto le bombe. La sede di Al-Najdeh è stata riaperta in una tenda e il corso di formazione professionale si tiene in un capannone di listelli di legno coperto da plastica leggera, il tutto montato su una piattaforma di legno.

Sono donne invincibili!

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