Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo
22 novembre 2021
Rassegna anno II/n. 145
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I titoli
Sudan: Accordo per il ritorno del governo civile guidato da Hamdouk.
Palestina Occupata: Due palestinesi armati uccidono un colono e feriscono 4 soldati israeliani a Gerusalemme Est. L’attentato è stato rivendicato da Hamas.
Etiopia: Il TPLF ha occupato altre tre località sulla lunga marcia verso Addis Abeba.
Libia: Anche il premier Dbeiba si candida alle presidenziali.
Libano: Iniziano i preparativi per le elezioni di marzo 2022.
Le notizie
Sudan
Un accordo politico è stato raggiunto tra il premier Hamdouk e il generale Burhan, per la fine del colpo di Stato e la ripresa dell’attività del governo civile. Il documento firmato prevede 14 punti tra i quali: liberazione di tutti gli arrestati; inchiesta sugli assassinii dei manifestanti; ritorno all’accordo del 2019 di coabitazione e all’accordo di pace di Juba. Un importante compromesso che salva il paese da una deriva autoritaria e risparmia vite innocenti, come i 41 manifestanti uccisi dalle pallottole della polizia. Ma questa intesa non è piaciuta ad una parte delle forze progressiste che respingono ogni accordo con i golpisti e rivendicano il ritorno dei militari nelle caserme. Anche nel pomeriggio di ieri, dopo la pubblicazione del testo, migliaia di manifestanti sono scesi nelle piazze per protestare contro il capo dei golpisti, il generale Burhan. La polizia ha sparato ed ha ucciso un giovane.
Palestina Occupata
Due palestinesi armati di mitra hanno attaccato un gruppo di coloni e soldati israeliani nella città vecchia di Gerusalemme est occupata. Un colono è rimasto ucciso e 4 soldati feriti. Uno dei due assalitori è stato ucciso dai soldati mentre l’altro si è dato alla fuga nelle strette vie della città vecchia. L’esercito di occupazione ha compiuto subito dei rastrellamenti in diversi quartieri palestinesi ed ha arrestato il fratello di uno degli attaccanti. Il movimento Hamas ha rivendicato l’azione ed ha messo in guardia il governo israeliano dal proseguire nella politica di occupazione delle terre e di espulsione dei palestinesi.
Etiopia
Il Fronte Popolare del Tigray ed i suoi alleati hanno conquistato tre località della provincia di Amhara e stanno attaccando la città strategica di Mille, che controlla le vie di comunicazioni tra Addis Abeba e Gibuti. Le forze governative hanno bombardato con droni il capoluogo del Tigray. Il premier Abiy Ahmed ha rivolto un discorso televisivo per alzare il morale alle truppe, sostenendo che con l’unità il popolo vincerà come fu ad Adua, la battaglia contro il colonialismo italiano del 1896. Proseguono anche i tentativi di mediazione da parte dell’inviato africano e di quello statunitense. Oggi si incontreranno con il premier per delineare le condizioni per un avvio del negoziato politico e scongiurare lo smembramento etnico del paese.
Libia
Il premier Dbeiba si è candidato alle elezioni presidenziali del 24 dicembre. La scorsa settimana aveva preparato la documentazione richiesta per la trasparenza sul patrimonio personale e familiare, ma non era certa la possibilità del passo politico perché la legge elettorale chiede le dimissioni da ogni incarico pubblico tre mesi prima della data delle elezioni. La sua candidatura rimane quindi in bilico e potrebbe essere rifiutata dalla Commissione per le elezioni. Il numero totale dei candidati fino a ieri sera era di 62. Alla mezzanotte di oggi scade il termine per le candidature e potrebbero arrivarne altre. Il numero dei candidati al Parlamento ha superato 1500, segno di una forte volontà di partecipazione per portare il paese fuori dalla follia della guerra. Molti analisti in Italia scrivono che queste elezioni non le vuole nessuno, sposando le tesi degli islamisti e delle loro milizie, che non intendono ricorrere al voto senza essere certi di vincerle. Il loro obiettivo è quello di escludere tutti coloro che la pensano diversamente dal loro pensiero assolutista. Per rispondere alle tesi degli analisti, basterebbe citare un dato: si sono iscritti nelgli elenchi elettorali 3 milioni di cittadini, oltre l’80% degli aventi diritto.
Libano
Il ministero degli esteri ha comunicato che 245 mila migranti libanesi all’estero si sono registrati negli elenchi elettorali. È un numero alto rispetto alle tornate passate, dove non superavano i centomila iscritti, ma ancora esiguo rispetto ai milioni di cittadini libanesi migranti nel mondo, che hanno mantenuto la doppia cittadinanza. Il dato è importante per la minor influenza dei fattori confessionali nelle scelte degli elettori all’estero. Il voto di marzo potrebbe introdurre modifiche sostanziali nel panorama politico, che ha segnato un grave fallimento nel far fronte alle sfide economiche, sociali e di sicurezza. L’attuale governo è praticamente “non esistente in vita”, da un mese il premier Miqati non convoca una riunione del Consiglio, a causa del boicottaggio dei ministri sciiti che pretendono la rimozione del giudice per le indagini sulla strage del porto.