a cura di Francesca Martino
In questa rubrica riprendiamo in sintesi, ma fedelmente, opinioni, commenti ed editoriali apparsi sulla stampa araba, che valutiamo siano di un certo interesse per il lettore italiano.
La pubblicazione non significa affatto la condivisione delle idee espresse.
Libertà per Patrick Zaki. Le autorità si accontenteranno di averlo ‘’messo in riga’’?
Reed Matar – Daraj(7/12/2021)
Il 7 febbraio 2020, Patrick George Zaki – all’epoca studente del master Women’s and Gender Studies dell’Università di Bologna grazie a una borsa di studio dell’Unione europea – decide di far visita alla sua famiglia in Egitto, ma viene fermato non appena mette piede in aeroporto. Interrogato sulla natura del suo lavoro e delle sue attività di ricerca e sottoposto a torture e scosse elettriche, secondo quanto riportato dal suo avvocato, viene incarcerato preventivamente per 15 giorni, protrattisi poi per quasi due anni. L’accusa è di ‘’diffusione di informazioni false dentro e fuori [il paese] che turbano la pace sociale e seminano il caos, nonché incitamento a manifestare senza il permesso delle autorità, allo scopo di indebolire e minare il prestigio dello Stato oltre che turbare la quiete e la sicurezza pubblica, istigazione al rovesciamento del governo, promozione di principi e idee volti a modificare i fondamenti della Costituzione, gestione e utilizzo di account Facebook per sovvertire l’ordine pubblico, compromettere la sicurezza nazionale e incitare a compiere atti terroristici e violenza’’.
Tra l’altro, gli viene rimproverata la pubblicazione di un articolo sul sito d’informazione panarabo Daraj in cui denuncia episodi di discriminazione e violenza a danno della minoranza copta, intitolato ‘’Espulsioni, crimini e restrizioni: diario di una settimana nella vita dei copti d’Egitto!’’. (testo in lingua araba)
Patrick è cresciuto a Mansura, a 130 km dal Cairo, e ha terminato le scuole superiori mentre l’Egitto viveva un cambiamento storico con lo scoppio della rivoluzione; tra manifestazioni, discussioni nei caffè e incontri con i ‘’socialisti rivoluzionari’’, si è laureato in farmacia ma poi ha preso un’altra direzione entrando a far parte dell’ONG Egyptian Initiative for Personal Rights. ‘’La voce di Patrick si faceva sentire su tutte le questioni relative al suo paese, la sua pagina Facebook era un osservatorio di violazioni politiche, sociali e sanitarie; lui aspirava a costruire una società più bella e più giusta’’ afferma la giornalista egiziana Reed Matar. La sua attività su Facebook e su altri social disturbava le autorità egiziane che si sono ritenute in dovere di ‘’mettere in riga quel ragazzo impertinente’’.
Dopo quasi due anni di detenzione preventiva, Patrick Zaki, il cui viso ‘’non è più quello di un bambino, ma è invecchiato in carcere’’ ‒ a detta di un amico che ha riportato una dichiarazione del suo avvocato ‒ è stato ufficialmente rilasciato in attesa della prossima udienza fissata a febbraio 2022.
Cosa aspettarsi dal summit per la democrazia?
Bint al-Ard* – Elnashra (6/12/2020
*Pseudonimo di Buthaina Shaaban, ex consigliera del presidente siriano.
Il summit per la democrazia tenutosi a Washington il 9 e 10 dicembre è, secondo l’articolo riportato dal portale libanese Elnashra, ‘’l’attuazione della promessa fatta dal presidente Biden durante la campagna elettorale di ridare agli Stati Uniti un ruolo di primo piano nelle relazioni con i loro alleati mondiali’’. Ciò significa riconoscere implicitamente la perdita di influenza degli USA in un mondo in cui il multipolarismo è ormai un dato di fatto. Tra i 110 paesi invitati, non sorprende l’assenza di Cina e Russia, mentre la partecipazione dell’entità sionista [Israele] è ‘’un duro colpo alla definizione di democrazia’’ visto e considerato il ‘’regime di apartheid [istituito] contro la popolazione araba originaria’’. Escluso anche tutto il mondo arabo eccetto l’Iraq, per autoconvincersi che ‘’l’invasione del 2003 e tutte le tragedie inflitte al popolo iracheno abbiano prodotto democrazia’’.
Dal crollo dell’Unione sovietica e l’emergenza dell’unipolarismo americano, l’Occidente ha cercato di dimostrare che la sua versione di democrazia liberale sia l’unica riconosciuta a livello mondiale e che il criterio per stabilire chi è democratico e chi no sia una sua prerogativa esclusiva. E proprio qui sta l’errore fondamentale.
Negli ultimi anni, paesi come Cina e Russia si sono dimostrati più efficaci: nella gestione della crisi sanitaria, nella lotta al terrorismo, nel miglioramento delle condizioni economiche dei propri abitanti nonché delle relazioni commerciali interregionali (e.g. l’iniziativa cinese della Nuova via della seta).
Al contrario, ‘’gli Stati Uniti hanno adottato il metodo di imporre sanzioni a chi non è d’accordo con loro […] e cercano di autoproclamarsi agente esclusivo delle Nazioni Unite nonché arbitro internazionale’’, addirittura scavalcandole, come è successo nel caso dell’Iraq e della Libia.
‘’L’obiettivo americano è imporre la propria ideologia imperialista e arrogarsi il diritto di stabilire quali paesi sono accettati e quali no con il pretesto della democrazia e dei diritti umani’’. Questo scaturisce dalla paura del modello cinese e del multipolarismo.
Tuttavia, ‘’è solo una questione di tempo prima che gli abitanti della Terra si schierino dalla parte dei valori che garantiscono la pace e la sicurezza dei propri paesi, la loro dignità e il diritto a una vita libera, lontano da occupazione, dominazione, tirannia e tutela. […] Il mondo va verso il multipolarismo e il summit per la democrazia non potrà fermare la ruota della storia né tantomeno rallentarla’’.