Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo
21 maggio 2021
Rassegna n. 324
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Per ascoltare l’audio della rassegna di oggi:
Nella rubrica Approfondimenti, pubblichiamo:
- un documento di ebree e ebrei italiane/i in sostegno a giovani che si sono espressi coraggiosamente contro la guerra in corso;
- la lettera di Maurizio Acerbo, segretario di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, al Fronte Polisario in occasione del 48 anniversario di fondazione.
Il 31 maggio sarà assegnato, ad uno di voi, il quadro dell’artista e poeta Giovanni Torres La Torre. (per avere ulteriori info sull’artista, clicca qui)
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I titoli
Palestina Occupata: È tregua! Festeggiamenti palestinesi e silenzio di Netanyahu.
Algeria: Aggredite 9 maestre nel sud al confine con il Mali.
Iran: Sette generali si candidano alle presidenziali.
Siria: Voto all’estero per le presidenziali dal risultato scontato.
Marocco-Spagna: Ministra degli esteri di Madrid accusa Rabat di ricatto per l’entrata dei migranti a Ceuta.
Le notizie
Palestina Occupata
È tregua bilaterale concordata. La mediazione egiziana e l’opera di dissuasione dell’amministrazione Biden alla fine hanno piegato l’arroganza di Netanyahu. Alle ore 02, dopo mezzanotte, ora locale, è entrata in vigore la tregua e le armi sono cessate. Fino all’ultimo ci sono stati scambi di bombardamenti e lancio di razzi. La trattativa indiretta tra il governo israeliano e Hamas è stata condotta con pazienza dal governo del Cairo, che ha mandato ieri due delegazioni, una a Tel Aviv e una a Gaza, per monitorare il rispetto della tregua. L’annuncio è stato dato per primo da Abu Obeida, portavoce delle Brigate Qassam, l’ala militare di Hamas, il quale ha detto che cesseranno i lanci di razzi da Gaza a condizione che la controparte rispetti gli impegni e non tocchi i luoghi sacri di Gerusalemme Est. A Tel Aviv, alla conclusione del Gabinetto ristretto del governo. è stato emesso un comunicato nel quale si annuncia il voto unanime dei ministri alla proposta egiziana di una “tregua incondizionata”. Netanyahu, contrariamente alle sue abitudini nei giorni scorsi, non si è palesato davanti alle telecamere. Il presidente Biden ha parlato in una breve conferenza stampa sottolineando il ruolo di Washington nel raggiungimento del risultato che “mette fine alle sofferenze delle popolazioni israeliana e palestinese”.
Subito dopo l’entrata in vigore della tregua migliaia di palestinesi sono scesi nelle piazze e nelle strade, a Gaza, a Gerusalemme, in Cisgiordania e nelle città israeliane, per festeggiare la fine dell’incubo. Oggi, venerdì, dopo la preghiera collettiva di mezzogiorno saranno svolte altre manifestazioni in particolar modo all’uscita dalla Moschea di Al-Aqsa. Il ministero della salute palestinese ha informato che il numero delle vittime dei bombardamenti israeliani sulla striscia è stato di 232 morti, tra i quali 65 bambini. In Israele le vittime sono state 13 più due lavoratori stranieri.
In Israele non mancano le critiche a Netanyahu, anche tra i suoi alleati e esponenti del suo partito. Agli occhi della destra estrema l’aver accettato la tregua, senza porre condizioni a Hamas, è una sconfitta. Voci critiche anche sulla stampa. La nascita di un governo di unità nazionale, prospettata nei primi giorni del conflitto, sembra svanire, ma nel clima di retorica nazionalista non ci sono altre alleanze alternative, lasciando così la porta aperta alle quinte elezioni anticipate.
Algeria
Nove maestre in una scuola del sud algerino sono state vittime di violenza inaudita. Nella cittadina di Burji Badji Mokhtar, al confine con Mali, 4 uomini armati con coltelli hanno assaltato la casa dove erano ospitate le insegnanti, accanendosi contro di loro. Dopo aver rubato cellulari, computer e tutti i preziosi sono fuggiti. Forti reazioni di condanna da parte del sindacato e nei social contro questa vile violenza. Il ministro dell’Educazione ha assicurato che il governo segue da vicino la vicenda e promesso che i responsabili saranno garantiti alla giustizia. Due persone sono state arrestate e sono state riconosciute dalle vittime.
Iran
Sette generali hanno presentato le loro candidature per le prossime elezioni presidenziali. Tra di loro l’ex comandante delle guardie rivoluzionarie Ridayi e l’ex ministro della difesa Dahqani. Diversi politici, in particolare tra i candidati, hanno espresso la loro preoccupazione per la degenerazione del sistema politico della Repubblica Islamica in caso di assunzione diretta del potere da parte dei militari. L’analista politico, Ahmed Zayyed Abady, ha affermato che “in Iran i militari condizionano l’azione del governo e non si può andare avanti in caso di un loro diniego. La loro entrata diretta nella gestione della cosa pubblica non cambierà di molto le cose”.
Siria
Per i siriani all’estero sono state aperte ieri le ambasciate per esprimere il voto nelle presidenziali. A Beirut, Amman, Kuwait e Baghdad sono state registrate le affluenze più organizzate. Pullman con le gigantografie di Bashar Assad hanno trasportato gli elettori fino ai seggi. In altre capitali, come Ankara e Berlino, i governi hanno vietato lo svolgimento delle votazioni. In Siria le elezioni si terranno il prossimo giovedì. I candidati sono tre, il presidente in carica ed altri due sconosciuti. Il risultato è scontato: la vittoria di Bashar Assad. Nelle ultime elezioni del 2014, aveva vinto con l’88% dei voti espressi. L’opposizione ha invitato all’astensione, considerando la consultazione illegittima.
Marocco-Spagna
Si complica ulteriormente la crisi diplomatica tra Spagna e Marocco. Madrid parla chiaramente di ricatto da parte di Rabat con l’uso strumentale della disperazione della povera gente. Due terzi dei migranti giunti nelle enclave di Ceuta e Melilla sono stati restituiti al Marocco, secondo l’accordo bilaterale. Nelle enclave spagnole è giunto l’esercito per presidiare il territorio e aggiungere ulteriori barriere di filo spinato.
Sulla questione saharawi, la ministra degli esteri spagnola, Arancha González Laya, ha sottolineato: “La Spagna non ha cambiato posizione. Siamo con la legalità internazionale. La presenza di Ghali è soltanto per questioni umanitarie”. Il Sahara Occidentale – ex colonia spagnola – è occupato per l’80% dal Marocco, mentre il Fronte Polisario rivendica il diritto all’autodeterminazione e dal 1991 ha siglato con il goveno di Rabat, sotto l’egida dell’ONU, un accordo di pace che prevede un referendum. Dopo trent’anni la questione sahrawi è ancora irrisolta e lo scorso anno si sono avuti scontri militari per il controllo di un valico commerciale del quale si era impossessato il Marocco.
Approfondimenti:
Un gruppo di ebree e ebrei italiani si schiera per la fine della guerra e in appoggio all’iniziativa #NotInOurName lanciata da molti giovani: